29 ottobre 2024

Come scaricare un MP3 da una pagina Apple Podcast

In questo articolo spiego come scaricare un audio dal sito "Podcasts" di Apple, con link del tipo

https://podcasts.apple.com/it/podcast/003-il-rapimento-di-aldo-moro-una-rete-di-terroristi/id1501956064?i=1000673738762

(questo link di esempio porta a un audio dello storico Alessandro Barbero che parla del rapimento di Aldo Moro)

Il sistema funziona con Firefox, con Chrome e immagino anche con altri browser. Ecco la procedura:

 - Vai alla pagina in cui è presente l'audio da riprodurre, ma non cliccare su PLAY
(se per sbaglio l'hai premuto, chiudi il browser, riaprilo e visita di nuovo la pagina)

- Premi CTRL + Maiusc + I
Si apre in basso (o una nuova finestra) il riquadro detto "Strumenti di sviluppo" (di seguito detto semplicemente "riquadro")

- Clicca sulla scheda "Rete"

- Clicca su PLAY
Compariranno varie righe aggiuntive sul riquadro

- Clicca su una di queste righe a caso

- Premi CTRL + F
Compare la casella di ricerca

- Nella casella di ricerca scrivi MP3
Comparirà la riga che corrisponde al file da scaricare.

- Clicca su tale riga col tasto destro e scegli "Apri in una nuova scheda"
Quest'ultima azione avvierà il download dell'audio.

28 ottobre 2024

La nostalgia tossica e ascientifica della leva militare obbligatoria

In questo post del 23 maggio scorso, lo scrittore comico curatore della pagina Facebook "Dio" ha trattato il ritorno della leva militare obbligatoria, tema che come una fastidiosa eruzione cutanea riemerge ciclicamente nel dibattito pubblico italiano. L'ultima volta grazie al solito Matteo Salvini (che rimase iscritto per anni all'università senza mai finirla, per abbandonarla proprio quando era passato il tempo necessario per far scadere l'obbligo di arruolarsi).

Lo scrittore racconta la sua esperienza di leva, e quello che emerge è un quadro desolante: invece di forgiare giovani disciplinati e responsabili, la caserma si rivela essere un'incubatrice di vizi. Si impara a:

  • bestemmiare
  • fumare
  • bere smodatamente
  • scansare il lavoro senza farsi beccare

Nei commenti al post ho trovato altre testimonianze che parlano di cose che già un po' tutti sappiamo: nonnismo, violenza psicologica, ruberie dalle dispense da parte di militari di alto grado, e un generale abbrutimento del carattere dei giovani, altro che buona formazione.

Niente che ricordi una scuola che migliora la disciplina.

Poi c'è la storia di quel signore che orgogliosamente presiedeva l'associazione degli Alpini, la cui esperienza militare era stata di 5 giorni, dopo i quali era stato congedato.

Al di là delle esperienze personali, ci sono almeno tre motivi per cui il ritorno della leva obbligatoria è un'idea stupida:

- Costi insostenibili: in un'epoca di spending review e tagli al bilancio, chi pagherebbe per mantenere centinaia di migliaia di giovani in caserma per un anno? Solo l'alloggio, il vitto e le uniformi costituirebbero un salasso per le casse dello stato.

- Inutilità pratica: gli eserciti moderni hanno bisogno di professionisti altamente qualificati, non di ragazzi demotivati che contano i giorni che li separano dal congedo. La tecnologia militare è complessa e in continua evoluzione: non basta più imparare a marciare e sparare.

- Ingiustizia dell'obbligo indiscriminato: anche se per qualcuno la vita militare fosse formativa (e non ci sono evidenze scientifiche che lo dimostrino), non ci sarebbe motivo di imporla a tutti. Sarebbe come prescrivere lo stesso farmaco a tutti i cittadini, malati e sani, solo perché "fa bene alla salute".

A proposito di evidenze scientifiche, ho cercato studi sull'efficacia educativa del servizio militare obbligatorio e non ne ho trovati. C'è invece uno studio pubblicato sul Journal of Public Economics ("The Long-Term Effects of Military Conscription on Educational Attainment and Wages") secondo cui la leva obbligatoria ha un impatto negativo sia sul livello di istruzione che sui futuri guadagni dei giovani coinvolti.

Come ha scritto efficacemente il giornalista Luca Sofri sul Post,

La nostalgia per la leva obbligatoria è come la nostalgia per il mal di denti: un ricordo selettivo che cancella il dolore e mantiene solo una vaga sensazione di "esperienza formativa"

L'idea della leva obbligatoria come panacea per i "giovani d'oggi" viene sostenuta solo da chi non conosce strumenti migliori per affrontare le sfide educative del presente. È la versione militarizzata del "ai miei tempi sì che...", un mix tossico di nostalgia acritica e autoritarismo da quattro soldi.
Se vogliamo davvero aiutare i giovani, investiamo nell'educazione, nella cultura, nello sport e quando necessario investiamo in una costruttiva rieducazione.

16 luglio 2024

Email Phishing con oggetto "Copy of: Qual e la tua canzone italiana preferita?"

Stamattina ho ricevuto un'email dalo strano indirizzo enola77lueilwitzyca@hotmail.com, con oggetto "Copy of: Qual e la tua canzone italiana preferita?".

Ops. Il/la mittente si è dimenticato/a di ottimizzarlo, quest'oggetto. Così insospettisce un po' troppo.

Ecco il testo dell'email:

Caro marco, Spero che tu stia vivendo una meravigliosa giornata! Mi chiamo Natalia, e voglio iniziare questa lettera esprimendo la mia gioia nell'averti conosciuto virtualmente. È sempre un'emozione speciale fare nuove conoscenze, e la tua presenza nella mia casella di posta ha portato un sorriso al mio viso. La primavera è finalmente arrivata, e con essa nuove opportunità e speranze. Auguro che questo periodo di rinascita porti gioia e successo nella tua vita. È incredibile come il cambiamento di stagione possa influenzare il nostro spirito e ci spinga a nuove avventure. Desidero condividere con te un po' di me stessa: sono una persona che apprezza la sincerità, la fiducia e l'onestà nelle relazioni. Credo che la chiarezza nei sentimenti sia fondamentale per costruire connessioni significative e durature. Spero che tu condivida queste stesse idee e che possiamo instaurare un dialogo aperto e sincero. Mi piacerebbe conoscere di più su di te, i tuoi sogni, le tue passioni e i progetti che hai per il futuro. Che cosa ti aspetti dalla vita in questa nuova stagione? Per quanto riguarda me, sono una persona appassionata di fotografia, e come gesto speciale vorrei condividere alcune delle mie foto con te. Le immagini possono raccontare storie, e spero che le mie ti ispirino. Infine, vorrei sottolineare quanto mi farebbe piacere se decidessimo di continuare a comunicare regolarmente. Penso che la costruzione di un legame profondo richieda tempo e impegno, ma sono pronta a dedicare entrambi per scoprire cosa il futuro ha in serbo per noi. Ti lascio il mio indirizzo e-mail, così potremo continuare a scambiarci pensieri e speranze: nataliasmart@postatuo.store. Non vedo l'ora di ricevere una tua risposta e imparare di più su di te. Con affetto, Natalia

Vorrebbe che io le scrivessi non all'indirizzo a cui mi ha mandato l'email, ma a un altro, con dominio "postatuo.store". Un'email che inizia con "nataliasmart", che tanto smart non mi pare (va beh, bisogna vedere in confronto a chi, ma insomma...). Ho visitato postatuo.store, e ho trovato questa schermata:

"Questo dominio è stato recentemente registrato con Namecheap".

Tutto qui.

Va beh, visto che questo blog per motivi a me ignoti è mal indicizzato da Google, volevo inserire per primo il suddetto testo, così magari le persone che avranno ricevuto lo stesso messaggio e che cercheranno un pezzettino di quell'email sul suddetto motore di ricerca visiteranno questa pagina e il blog salirà leggermente nel ranking.

E in più, naturalmente, fugherò il dubbio che a qualcuno potrà essere venuto in mente: sì, non l'hai ricevuto solo tu, quel messaggio. Non per nulla il suo oggetto (a meno di revisioni successive) iniziava, ripeto, con "Copy of".

23 giugno 2024

Ignavi di merda

La prof. Yasmina Pani, linguista, proprietaria dell'omonimo canale Youtube e co-curatrice del canale Coscienza De-Genere, ha scritto recentemente un post su Facebook che mi ha dato il permesso di incollare qui. Esprime esattamente quello che ho pensato più volte, e le sono quindi grato di averlo scritto, così non l'ho dovuto scrivere io. Buona lettura.

Ultimamente mi capita spesso che, quando prendo posizione contro certe abitudini culturali, certe mentalità, certe convinzioni errate ancora diffuse, gli utenti non solo dei miei social ma in generale obiettino che dovevo aspettarmelo, che tanto funziona così, è normale ecc. Lo dicono per la questione giudizio negativo sulla libertà sessuale; lo vanno dicendo da ieri dopo che quella fogna di Dagospia ha pubblicato una roba indecente su Luiza e lei ne ha parlato su Coscienza DeGenere; lo dicono sulla questione disparità tra uomini e donne; su ciò che non va nella scuola, sugli editori che pubblicano libri scritti col culo, ecc ecc.

Un generalizzato atteggiamento arrendevole che non si limita però a sedersi al lato della strada mentre gli altri fanno le lotte, ma le ostacola anche: chi lotta viene perfino rimproverato perché è ingenuo, perché perde tempo, perché ha perso in partenza.

Io non è che voglia credermi Che Guevara: so benissimo che la parte che faccio è piccolissima e ha un impatto infinitesimale sui grandi problemi del mondo. Ma se tutti avessero sempre ragionato così, non sarebbe mai cambiato niente, le donne sarebbero ancora costrette a stare a casa o a uscire solo se coperte e sotto autorizzazione, gli omosessuali dovrebbero nascondersi, gli uomini non potrebbero cambiare il pannolino al proprio figlio, e così via. Le mie sono di certo lotte molto più modeste rispetto a queste grandi rivoluzioni, di cui sarò eternamente grata. Ma sono quelle che ho scelto e che ritengo che, una volta vinte (perché accadrà senz'altro, almeno per alcune, che io sia ancora viva per vederlo o no), miglioreranno la vita di tutti. E del resto non vedo in che altro modo uno possa sperare di ottenere le cose se non andando a prendersele.

Voglio essere libera di mostrarmi nuda o di fare porno anche se faccio un altro mestiere? Lo faccio, lotto.

Voglio che i padri vengano considerati al pari delle madri in fase di divorzio? Ne parlo, divulgo, lotto.

Voglio che la sessualità di tutti venga resa libera e sia vissuta serenamente e senza giudizio? Io per prima la vivo, e poi divulgo, lotto.

Voglio che il mondo della cultura torni a essere al centro di un'operazione di educazione collettiva invece di essere ispirato dai follower e dai trend? Mi incazzo, divulgo, lotto.

E così via.

Se ci rimetto in salute, se mi viene il nervoso, se devo passare ore a rispondere alla gente, son cazzi miei: l'ho scelto.

Ma mi fa molto più girare i coglioni dover rispondere ai genietti della lampada che mi dicono "eh ma la gente è bigotta, lo sai" o "eh ma i soldi tirano più della cultura, lo sai" che educare gli ignoranti. Perché gli ignoranti hanno la scusa di esserlo, mentre i genietti sanno che ho ragione io, ma sono troppo pigri per sprecarsi anche solo a scrivere un fottuto commento di sostegno e troppo ammaliati da se stessi per scegliere saggiamente di infilarsi un dito in culo al posto di commentare.

Se voi siete arresi e privi di spirito combattivo son cazzi vostri. Tanto le lotte le fanno gli altri al posto vostro, come è sempre avvenuto; abbiate almeno la decenza di mettervi in un angolo e tacere, invece di ostacolare ulteriormente percorsi già faticosi e logoranti.

Ignavi di merda.

26 maggio 2024

"Non è un problema tuo"

Anche oggi con una riflessione ed un blogpost esorcizzo il fastidio provato durante una conversazione.

Se un problema riguarda non direttamente me, ma un'altra persona, è possibile che io, venendone a conoscenza, mi senta coinvolto (magari solo per il fatto che mi dispiace) e di conseguenza quello diventi in qualche misura un problema anche mio.

Di un problema altrui che invece non mi coinvolge sul versante pratico né emotivo si può invece dire che non si tratta di un mio problema.

L'umana empatia, di cui quasi tutti siamo dotati, chi più, chi meno, a volte si manifesta, e cioè è lodevole; a volte si manifesta in modo eccessivo (e allora si dice che tre volte bono vuol dire bischero); a volte giustamente non si manifesta (e allora si dice che il mal voluto non è mai troppo), altre volte ingiustamente non si manifesta (e allora si dice che si è indifferenti, egoisti o addirittura psicopatici o sociopatici).

Non parlerò in questo articolo di casi in cui secondo me è giusto o non giusto che ci facciamo guidare o no dall'empatia. Parlerò piuttosto delle parole e dell'atteggiamento con cui si fanno affermazioni sull'empatia propria e altrui.

Inizio da una frase che mi sta invero antipatica:

"Non è un problema mio".

Tipicamente "Non è un problema mio" significa "Non è un problema mio, ma di una persona la cui sofferenza mi lascia indifferente".

"Significa" nel senso che possiamo dedurre quel significato. Non nel senso che il parlante davvero ammetterebbe che quello è il significato.

Provate infatti, dopo aver sentito dire "Non è un problema mio", a chiedere "Quindi non te ne importa nulla?". Secondo il significato su riportato, la logica risposta dovrebbe essere "No". E invece la risposta sarà la semplice ripetizione della frase già detta.

- Non è un problema mio
- Quindi non te ne importa nulla?
- Non è un problema mio.

No, non gliene importa nulla, ma a quanto pare questa è una posizione così vergognosa che può essere sottintesa ma non pronunciata; al suo posto dev'essere pronunciata solo la codarda ed implicita frase che dovrebbe giustificarla (ricorda il tipico scenario che si ottiene quando si chiede a un politico di destra italiano se è antifascista).

Giustificarla in che modo? Facendo appello al concetto secondo cui un problema lo deve risolvere chi ce l'ha. Un concetto rozzo e grossolano, apparentemente valido solo di primissimo acchito e che necessita di pochi decimi di secondo per essere scardinato, esattamente come "Non ti presto il pennarello perché è mio". Ma l'aspetto psicolinguistico è un animale di poche pretese. Basta che un'espressione sia anche solo lontanissimamente somigliante a qualcosa di meno sbagliato e viene subito scelta, non importa se a un orecchio un minimo attento risulti una palese supercazzola.

E che è, tutta sta lagna per una supercazzola? È pieno di esseri umani che fanno supercazzole per addolcire l'indigeribile senza riuscirci e anzi risultando ancora più antipatici. Embè?

Ma rileggi il titolo. La cosa peggiora quando si arriva a ciò che mi è toccato sentire oggi. La frase in seconda persona, "Non è un problema tuo". Per di più preceduta da un esplicito "Che te ne frega" (sì, in questo caso è stato esplicitato) di cui doveva essere una giustificazione.

Ecco il centro del mio sfogo.

Se fai un ragionamento del tipo
"Non deve fregartene nulla perché non è un problema tuo",
questo, in ragione dei due possibili significati sopra individuati, può equivalere a due possibili consigli (che non si escludono fra loro):

1) "Questo specifico problema non ti coinvolge, quindi fregatene"

2) "In generale se un problema non ti riguarda direttamente, fregatene"

Nel primo caso sei presuntuoso, dato che assumi affrettatamente che la cosa non mi coinvolge (neanche emotivamente) e dunque non rappresenta per me un problema; se addirittura ti ho appena detto che mi dispiace (come accaduto nella conversazione di oggi) allora sussiste evidentemente proprio il contrario di ciò che affermi, quindi presuntuoso e testone.

Nel secondo caso vuoi fare di me un sociopatico, quindi sei un criminale.

Insomma, se la frase "non è un problema mio" è da patetici supercazzolari ma almeno ha un qualche motivo di esistere, decisamente più assordante mi suona l'allarme anti-scemo se sento dire "non è un problema tuo", fastidiosa esternazione del tutto inutile se non a parlare in realtà di sé stessi (e parecchio male).

23 maggio 2024

MemoryLane: AI per scrivere autobiografie

MemoryLane è una piattaforma che consente di creare un libro personalizzato che raccolga le memorie e le esperienze di una vita.

Il servizio, almeno adesso (maggio 2024), è solo in inglese e dunque può risultare scomodo per chi non lo padroneggia, ma si può aggirare il problema servendosi di un'intelligenza artificiale con cui tradurre sia i testi che forniamo a MemoryLane, sia i testi che MemoryLane crea.

La raccolta dati (testo ed eventuali foto) viene effettuata interfacciandosi con varie piattaforme online, es. Facebook, Instagram, e Google Photos, nonché con dispositivi di archiviazione (computer e dispositivi mobili). Inoltre è possibile scrivere direttamente le informazioni e le memorie utilizzando un'interfaccia tipo chat che consente di rispondere a domande formulate dai creatori del software.

Sulla base di tutte queste informazioni viene creato un libro: un'intelligenza artificiale crea il testo e decide la disposizione delle foto per un layout ottimale, il tutto rispettando la cronologia degli eventi della vita dell'utente, che ottiene così il racconto della storia della propria vita.

Naturalmente anche l'utente può mettere mano alla realizzazione del libro, aggiungendo o modificando titoli, testi e immagini.

Il libro può essere sia un prodotto digitale, sia cartaceo.

Ci sono inoltre opzioni di personalizzazione aggiuntive, ad esempio la creazione di un libro di memorie adatto a un evento specifico come un matrimonio o un compleanno.

L'intero processo di creazione è relativamente semplice e intuitivo. Mentre pubblico questo articolo il costo del servizio è di 19,90 $ al mese.

21 maggio 2024

Morphing online su 3dthis.com

3DThis è un sito che offre alcuni servizi di animazione e creazione di immagini 3D.

Fra queste ce n'è una che mi pare di gran lunga superiore a tutte le altre quanto a qualità ed utilità, e cioè il morphing.

Il morphing consiste nel creare un passaggio fluido da un'immagine a un'altra. Durante il passaggio avvengono contemporaneamente una dissolvenza e una distorsione, affinché gli elementi che vengono trasformati diano una maggior continuità e plausibilità possibile alla transizione.
Questo vale in particolare per il morphing fra due volti: se durante una qualunque fase intermedia della trasformazione si deve visualizzare un volto credibile, che appare come un misto fra i due, più o meno somigliante all'uno o all'altro a seconda del punto di trasformazione.
Per questo motivo un buon software di morphing consente all'utente di indicare col mouse un punto particolarmente importante dell'immagine A e poi indicare nell'immagine B qual è il suo punto corrispondente, affinché ad esempio l'occhio sinistro di A si trasformi nell'occhio sinistro di B e non nel suo sopracciglio sinistro.

L'utilità che io traggo dai software di morphing è proprio l'ottenimento di un'immagine intermedia fra due foto che rappresentano un volto.

Ad esempio, un'immagine intermedia fra il volto di una persona e il volto della stessa persona, ma ritratto in un'altra foto in cui era molto più giovane, per ottenere una plausibile immagine che lo rappresenta in un'età intermedia.

Altro esempio: do a un'intelligenza artificiale (io uso Krea) una foto di scarsa qualità che rappresenta un volto, e chiedo che sulla base di questa foto, sia creata un'immagine fotorealistica, che rappresenti un volto somigliante all'originale, nella stessa posizione (dunque l'occhio destro è nella stessa posizione dell'occhio destro della foto originale, e stessa cosa per tutti gli altri elementi principali del volto). Ottenuta tale immagine, che ha il pregio di essere di ottima qualità ma il difetto di raffigurare un volto non moltissimo somigliante al personaggio della foto originale, ho bisogno di eseguire un morphing fra le due, per trovare la giusta via di mezzo da salvare in un file.

Ecco come eseguire il morphing sul sito 3Dthis:

- Su https://3dthis.com seleziona "Morphing"

- Carica le immagini nel riquadro destro e sinistro

- Se necessario, col mouse allinea le immagini e clicca su "Done"

- Usa le funzioni di puntamento per indicare i punti importanti nell'immagine A e i corrispondenti di ognuno di essi nell'immagine B

- Col cursore "Frame" se vuoi osserva la transizione e verifica se ci sono altri punti chiave di cui settare la corrispondenza fra immagine A e immagine B; in caso positivo vedi punto precedente

- Imposta "Duration" al massimo, così da ottenere una transizione lenta e fluida

- Clicca "Pubblish"

- Se necessario, loggati o crea un account

- Scegli fra rendere il morphing appena creato pubblico, non indicizzato o privato, dagli un titolo e una categoria e se vuoi una descrizione, poi clicca su "Pubblish now!"

- Clicca sul link appena generato, indicato dalla finestra che appare

Comparirà così la pagina che visualizza un video in cui c'è un continuo passaggio morphing dall'immagine A alla B e viceversa.

Qui puoi cliccare su "TO GIF" per creare gratuitamente una GIF oppure su "VIDEO" per creare un video, a pagamento.

Se vuoi salvare gratuitamente un'immagine intermedia fra A e B puoi creare la GIF e poi lavorarci offline con un software apposito, oppure cliccare al momento giusto sul pulsante col simbolo della pausa (cerchietto con le due lineette verticali) che compare quando passi il puntatore del mouse sull'immagine; a quel punto puoi cliccare sul pulsante accanto (cerchio con le 4 frecce divergenti) per impostare l'immagine a tutto schermo, attendere qualche secondo non muovendo il mouse, affinché scompaiano i suddetti pulsanti e premere sulla tastiera il tasto "Stamp", così copiando negli appunti l'immagine visualizzata sullo schermo e potendola poi incollare in un qualunque software di image editing per poi salvarla.

Solitamente dopo aver "fuso" due immagini in questo modo, la foto risultante non è molto nitida. Per aumentare la nitidezza puoi usare lo strumento "AI Photo Enhancer" a cui puoi accedere dal sito Artguru. oppure dal sito Pica AI.

21 aprile 2024

Visualizzare una password salvata nel browser

Metti che hai dimenticato la password del tuo account per un sito, un social network o un forum, non l'hai annotata in un luogo per te al momento accessibile, non è conosciuta da alcuna persona da te al momento consultabile in merito, e per qualche motivo questa password ti serve, ad esempio perché vuoi effettuare l'accesso usando un computer diverso da quello usato fin ora, o un altro smartphone o semplicemente un altro browser. Metti che nel sito in questione, accanto allo spazio per la password, non c'è la funzione che ti permette di cliccare per visualizzarla in chiaro (solitamente si tratta di un'icona con disegnato un occhio, che diventa barrato dopo il clic, a indicare che cliccando di nuovo la password viene di nuovo nascosta).

Puoi ricavare la password a patto di avere accesso a un browser di navigazione in cui la password medesima è stata salvata.

Spiego di seguito come fare.

- Accedi al sito col browser in cui la password è salvata

- Esci dall'account se sei loggato

- Clicca per entrare di nuovo nell'account, affinché compaia il form per l'inserimento dei dati di accesso.

Dato che la password è stata salvata nel browser, lo spazio riservato alla password compare riempito da asterischi o pallini. Si tratta di consueti segni che sostituiscono la visualizzazione della password così censurandola, allo scopo di non mostrarla ad eventuali persone che sono lì con te e che guardando lo schermo potrebbero altrimenti venirne a conoscenza pur non autorizzati.

Per fare in modo che questi caratteri non sostituiscano più quelli della password, che così comparirà in chiaro,

- Premi F12. Compare così il pannello degli "strumenti di sviluppo", una schermata all'interno del browser con del codice, che comprende alcune icone fra cui una lente di ingrandimento con accanto uno spazio per la ricerca.

- Nello spazio di ricerca scrivi password ottenendo così l'evidenziazione, nel codice, di una stringa, vicino alla quale vedrai la scritta type="password"

- Fai doppio clic sulla scritta type=”password” ed apparirà il cursore che ti consentirà di modificarla. Sostituisci la parola password con la parola text e premi INVIO.

Nello spazio dedicato alla password scompariranno i pallini/asterischi e comparirà la password in chiaro.

Premi F12 per far scomparire il pannello degli strumenti di sviluppo.

10 aprile 2024

Intelligenze artificiali e il false friend "Consistente" riferito ai personaggi

Personaggio coerente (Bing)

Oggi troviamo online video e articoli sulle intelligenze artificiali dedicate alla grafica in cui compare l'espressione "consistente" riferita a immagini che rappresentano persone.

Un italiano normale a cosa pensa dopo aver letto "PERSONAGGI CONSISTENTI"? Pensa che se tocco uno di questi personaggi mi accorgo che non è molliccio, ma discretamente sodo. E quindi pensa subito dopo: "Boh".

Il mistero si risolve solo se qualcuno gli spiega il fenomeno dei false-friend all'incontrario, di cui ho già parlato nel blogpost pubbliato ieri. Ci sono due categorie di persone che di tanto in tanto pensano in inglese e poi traducono male in italiano, oppure hanno letto o ascoltato tizi che questo fanno e poi ripetono i loro errori. Si tratta di coloro che si occupano di marketing e vendita e coloro che si occupano di informatica.

Nella fattispecie, quando una persona che si occupa di intelligenze artificiali dedicate alla grafica dice erroneamente "personaggio consistente" intende dire ciò che in inglese si intende con "consistent character", dove quel "consistent" significa "coerente", nel senso che tende a mantenere costanti le proprie sembianze anziché cambiarle di continuo come accade nei filmati creati dai primi modelli di intelligenze artificiali, relativamente poco evoluti.

Dunque, premesso che ad esempio in un titolo per una video-guida è sbagliato scrivere "Come ottenere personaggi consistenti", qual è l'espressione migliore da usare?

La cosa che balza all'occhio in tutto questo, a parte la stortura linguistica è che dalla notte dei tempi, proprio come le persone reali, un personaggio di una storia di fantasia non cambia improvvisamente le sue sembianze, tranne i casi in cui una trasformazione del genere è peculiare per quella storia. Dunque normalmente se un personaggio non cambia le sue sembianze non è necessario specificarlo: sarebbe come specificare che non ha quattro braccia e non indossa una parruca con appese delle mollette verdi. Recentemente la necessità di specificare che il personaggio non cambia le sue sembianze si è resa in taluni contesti necessaria perché tutt'un tratto a causa delle intelligenze artificiali un gran numero di persone (pur all'interno di una nicchia) ha avuto a che fare con l'indesiderata mutevolezza delle sembianze dei personaggi creati.

Allora se vuoi trovare le parole giuste devi decidere a chi ti rivolgi.

Se devi parlare di mantenimento delle sembianze in un titolo, che deve essere composto di poche parole, sai già che il titolo perfetto per tutti non esiste. Non per questo dev'essere linguisticamente sbagliato. Sbagliato è peggio di "non immediatamente chiaro". L'espressione "personaggi con sembianze costanti" potrebbe essere abbreviato con "personaggi costanti" se ti rivolgi a persone avvezze alle AI per la grafica, sapendo che loro capirebbero, mentre gli altri potrebbero pensare che questi personaggi studiano o si allenano senza interruzioni che ne pregiudichino il rendimento. Avrebbero torto, e non per colpa tua. Mica hai scritto "nello studio" o "nell'allenamento".

Personaggio mutante (Bing)
Vero è che se ti rivolgi a un 73enne digiuno di informatica dicendogli "Ehi, guarda che bello! Con l'intelligenza artificiale sono riuscito a creare un film con un personaggio che non si trasforma di continuo!" è facile che ti risponda tipo "Bravo, molto affascinante che tu abbia creato un film con l'intelligenza artificiale. Però io da 60 anni guardo film con personaggi che non si trasformano di continuo. Perché, si dovrebbero trasformare?". Se invece ti rivolgi a una persona che ha contezza del problema del cambiamento di sembianze allora, sicuro di essere da lui capito, una cosa accettabile da scrivere secondo me è "personaggi costanti", ma io preferirei "personaggi non mutanti", che mi sta più simpatico e verrebbe sicuramente compreso da un informatico e neanche troppo frainteso da un profano delle AI.

Invece usare il false friend "consistenti" è proprio un errore, e il fatto che sia diffuso dovrebbe essere non una giustificazione come molti credono, ma anzi un ulteriore motivo di impegno da parte nostra a non usarlo per non contribuire al degrado della nostra lingua. Vedi anche il già citato blogpost precedente, "Italo-anglofono mutanti vittime dei false friend".

09 aprile 2024

Italo-anglofono mutanti vittime dei false friend

No, l'argomento di questo articolo non sono le troppe parole inglesi usate dai parlanti e dagli scriventi dello stivale mediterraneo, come leggendo il titolo potrebbe pensare chi non ha presente i false friend (cioè parole straniere molto simili ad altre appartenenti alla propria lingua ma di significato diverso, che perciò si prestano a una traduzione errata).

Parlerò non di prestiti linguistici, non di itanglese, non di traduzioni, ma di discorsi in italiano, fatti da italiani, costruiti con parole italiane. Parole non desuete né di nicchia, bensì di uso comune e di significato noto a tutti, che ciò nonostante vengono usate malamente in seguito a un particolare tipo di contagio anglofono, a mio parere poco discusso e poco affrontato rispetto alla sua importanza, alla sua pericolosità e alla sua penosità (porterò alcuni esempi verso la fine dell'articolo). Un fenomeno che produce errori lessicali apparentemente frutto di perdonabili lacune di persone di lingua madre inglese che scrivono o parlano in italiano senza averlo imparato benissimo, mentre in realtà i loro autori sono bizzarri individui nati e cresciuti nel nostro paese: gli italo-anglofoni mutanti.

Trattasi di persone cresciute senza maturare una grande padronanza della propria lingua, e che poi hanno letto articoli o libri nel ganzissimo idioma dei cosmopoliti, specialmente materiale su marketing e vendita, e di questo povero e ibrido bagaglio di esperienze comunicative sono rimasti inconsapevoli vittime e al contempo inconsapevoli carnefici dell'italiano, quant'è vero che usandolo successivamente per parlare degli stessi argomenti, a tratti lo distorcono, lo scozzano, creando una strana entità gergale come colpita da una pesante dose di radiazioni ionizzanti, un italianoide in cui l'incomprensibile si fa tragicomico quanto più brillante sta gente sembra sentirsi nel produrre il tremendo eloquio.

Lo scenario più tipico si configura quando l'italo-anglofono mutante tiene un corso o pubblica un video online, piazzando di tanto in tanto un'espressione che pare essere lì a caso, come un bug di un software. Alcuni ascoltatori non subiscono alcun danno che vada oltre una temporanea sensazione di smarrimento o imbarazzo, mentre i più indifesi vengono contagiati, ingrossando le file degli italo-anglofono mutanti di seconda generazione, che non necessariamente conoscono l'inglese e dunque magari si ritrovano a masticare e ri-tramandare le malsanità acquisite senza avere idea del perché.

Tento io di spiegarlo di seguito il perché, riferendomi a ciò che è accaduto e sta ancora accadendo agli italo-anglofoni mutanti di prima generazione.

Quelle storture lessicali (che guarda caso non compaiono nell'eventuale libro se il ragazzo riesce a farselo pubblicare da un editore famoso, perché lì c'è il revisore di bozze) sono a volte causate dalla convinzione che importando e magari italianizzando parole inglesi il messaggio risulti più accattivante o persuasivo (convinzione errata, anzi risulta semmai più pacchiano); altre volte, nei casi più gravi, sono dovute al tentativo di colmare le lacune di un vocabolario della propria lingua madre attingendo ad un inglese ancora meno padroneggiato.

Quando l'italo-anglofono mutante in un discorso cerca di esprimere un concetto usando una parola che non c'entra nulla, se ne accorgono tutti gli italiani che lo ascoltano o leggono (tranne chi pende dalle sue labbra, i deboli su menzionati). Se ne accorgono giovani, anziani, ignoranti, colti. Ma lui no, e questo sembra incredibile. Un italiano normale che trova questo tipo di errore in un testo scritto può pensare, come dicevo, ad una traduzione sbagliata; se invece lo sente in un discorso pronunciato da una persona palesemente italiana, allora può solo immaginare un brutto accadimento (un evento ischemico, un importante trauma cranico, un accumulo di farmaci, una tossicodipendenza).

Il brutto accadimento è stato fortunatamente meno grave e c'entra poco coi suddetti ipotizzabili, uno dei quali però per analogia può aiutare a capire ciò che voglio esprimere: in un momento di solitudine e debolezza potresti essere tentato di affrontare una tua carenza affettiva con una polverina bianca da aspirare col tuo naso, offerta da persone che fingono di volerti bene. È qui importante ricordare che può riempire un vuoto d'affetto solamente l'affetto, non i falsi amici. Così possono riempire un vuoto di vocaboli italiani solamente i vocaboli italiani, non i false friend. Abbi cura del tuo naso, e anche della tua lingua.

Per quanto conosco l'essere umano è difficile essere ottimisti su quello che sta accadendo all'italiano, il cui declino (dirlo mi fa molto male) mi pare lento ma inesorabile, perché pochi se ne occupano. È vero però che quando viene educatamente fatto notare quel tipo di errore di mutazione anglofonoide, di solito chi l'ha commesso si dimostra capace e disposto a correggerlo e a non ripeterlo in futuro. Questo mi dà un piccolo incoraggiamento a fare la mia parte per frenare il disastro, non solo descrivendo il problema, ma anche portando alcuni esempi su cosa dicono e scrivono gli italo-anglofoni mutanti. Così, se sei uno di questi, puoi prenderne coscienza e venirne fuori subito, evitando a partire da oggi una o più aberrazioni che fin ora hai creduto normali. Se invece non lo sei e ti viene in mente qualche altro esempio, scrivilo nello spazio commenti ed io eventualmente aggiornerò il blogpost.

L'italo-angolofono mutante legge in inglese
"Taking a chance" e poi parlando italiano dice
"Prendere una scelta".
No. Le scelte si fanno, non si prendono. Le decisioni si prendono.

L'italo-angolofono mutante legge in inglese
"It's a challenging venture" e poi parlando in italiano dice
"È un'impresa sfidante".
No. Puoi dire che un'impresa è stimolante. Ma non si usa il participio passato di "sfidare" per parlare di un'impresa, un progetto, un obiettivo o simili. Puoi dire "rappresenta una sfida" se proprio vuoi vedercela, ma allora sei tu che sfidi il progetto, non è certo lui a essere sfidante, dato che fino a un minuto fa se ne stava per i fatti suoi (vedi anche "No, quell'obiettivo non è "sfidante". Chi t'ha detto nulla?").

L'italo-angolofono mutante legge in inglese
"I want to be honest with you" e poi parlando in italiano dice
"Voglio essere onesto con te", intendendo che dirà ciò che pensa. Ma allora la parola giusta è "sincero", ed è davvero pazzesco che non venga in mente una parola così comune. E no, non è la stessa cosa. Onesto è chi non ruba, chi non rapina, chi non truffa, etc. Certo, chi truffa dice bugie e quindi non è sincero, così come è vero che per mentire parla, ma non per questo parlare è sinonimo di truffare.

L'italo-angolofono mutante legge in inglese
"Save the date" e poi parlando in italiano dice
"Salva la data".
No. Si salvano i documenti elettronici. Si salvano le principesse dai draghi. Si salvano i compagni di classe andando volontari. Le date non si salvano. Si segnano.

L'italo-angolofono mutante legge in inglese
"Every day I take an omega 3 supplement" e poi parlando in italiano dice
"Ogni giorno prendo un supplemento di omega 3".
No. Col termine "supplemento" si intende qualcosa che si aggiunge a qualcos'altro che appare incompleto parlando tipicamente di un'opera di stampa o del prezzo di un bene o servizio. Il prodotto alimentare costituito da una fonte concentrata di sostanze nutritive e mirato a integrare la comune dieta ha un nome ben preciso e anche ben conosciuto: integratore. Usare al suo posto "supplemento" è come, al posto di "iniezione di insulina", dire "introduzione di insulina", o al posto di "Io vado, ciao" dire "Io mi allontano, ciao", cioè orribilmente inadeguato.

L'italo-angolofono mutante legge in inglese
"At the beginning of the show, I introduced the guest of the evening"
e parlando in italiano dice
"All'inizio dello spettacolo ho introdotto l'ospite della serata".
Ma mentre il sostantivo "introduzione" può essere sinonimo di "presentazione", il verbo "introdurre" ha frai vari significati "inserire", "guidare nell'apprendimento" (se seguito dalla preposizione "a"), e non "presentare", ed è proprio "presentare" la traduzione dell'inglese "introduce".

L'italo-angolofono mutante legge in inglese
"In my work I want to have consistent outcomes" e poi parlando in italiano dice
"Nel mio lavoro voglio avere risultati consistenti".
No. I risultati li vuoi duraturi, non duri alla palpazione. Ma quando mai "consistenti" ha avuto quel significato?

L'italo-anglofono mutante legge in inglese
"He was confident about his ability to ace the exam"
e parlando in italiano dice
"Era confidente sulla sua capacità di superare l'esame".
Ma, forme arcaiche a parte, il significato di "confidente" è "disposto a rivelarti volentieri informazioni intime su di sé".
L'inglese "confident", attribuito a una persona che confida in qualcosa, è da tradurre in italiano con "sicuro" o "fiducioso".

L'italo-anglofono mutante legge in inglese
"Take a deep breath"
e parlando in italiano dice
"Prendi un respiro profondo".
Ma i respiri non si prendono. Si fanno. Si prende aria, si fa un respiro. La traduzione in italiano di quella frase, che non dev'essere letterale, è ovviamente "Fai un respiro profondo".

L'italo-anglofono mutante legge in inglese il titolo
"The secret of gardening explained" e poi scrive in italiano un articolo che intitola
"I segreti del giardinaggio spiegati".
Ma come fa a suonarti bene sta roba? In italiano "spiegato" alla fine di un titolo fa pietà, anche perché è sottinteso che un titolo costituisca la promessa di una trattazione di quell'argomento; è plausibile solo se seguita da una necessaria specificazione, ad es. "spiegato a un bambino". Se invece il titolo si riferisce a un'opera letteraria e c'è bisogno di indicare che è spiegata, e cioè commentata da un saggista, allora si dice "commentato".

L'italo-anglofono mutante legge in inglese
"Look at this microphone I bought online. It came with a nice case"
e traduce con
"Guarda questo microfono che ho comprato online. Veniva con una bella custodia".
Secondo lui gli accessori vengono. NO. Gli accessori corredano un oggetto. La confezione comprendeva anche quell'oggetto. Certo, è vero che gli accessori "vengono con", nel senso che viaggiano nello stesso pacco, ma l'idea che si vuole esprimere riguarda l'essere inclusi nel prezzo, non il viaggio (altrimenti si userebbero altre parole ancora, ad es. "viene incluso nella stessa spedizione").

L'italo-anglofono mutante legge in inglese
"We must stress this concept well to avoid misunderstandings"
e parlando in italiano dice
"Dobbiamo stressare bene questo concetto per evitare fraintendimenti". Sì, accade veramente, anche se può sembrare incredibile alle persone normali.
...Che sanno bene che la parola italiana "stressare" significa, pensa un po', "provocare stress". L'inglese "stress" si traduce con "accentare" o "evidenziare".

L'italo-anglofono mutante legge in inglese
"Having a negative attitude can prevent you from achieving your goals."
e parlando in italiano dice
"Avere un'attitudine negativa può ostacolarti nel raggiungere i tuoi obiettivi".
Ma in italiano "attitudine" significa "talento", "capacità". Cosa che tu non hai, se non sai che "attitude" si traduce con "atteggiamento".

L'italo-anglofono mutante legge in inglese
"decade" [pronunciato "dékeid"], che significa "decennio".
e parlando italiano dice "decade" [pronunciato "dècade"] credendo che sia sinonimo di decennio, e invece significa "periodo di 10 giorni".

L'italo-anglofono mutante legge in inglese
"This is the definitive video editing software"
e parlando in italiano dice "Questo è il software definitivo per il video editing".
Ma in italiano "definitivo" è il contrario di "provvisorio". Significa "destinato a rimanere così". L'inglese "definitive" si esprime in italiano con "migliore di tutti".

L'italo-anglofono mutante legge in inglese
"He entered without damaging the lock, possibly because he had a copy of the key"
e parlando in italiano dice "È entrato senza danneggiare la serratura, possibilmente perché aveva una copia della chiave".
Ma in italiano "possibilmente" non sta a "possibile" come "verosimilmente" sta a "verosimile". "Possibilmente" significa "se possibile e in quanto auspicabile". Si usa in frasi in cui si auspica qualcosa, tipo "Vieni allo studio oggi, possibilmente entro mezzogiorno".
"Possibly" invece si traduce in italiano con "verosimilmente", o "forse", o "magari".

L'italo-anglofono mutante legge in inglese
"anyway"
e quando parla in italiano dice "in tutti i casi" o "in qualsiasi caso".
Sbaglia, perché se si vuole esprimere quel concetto, come tutti sanno, si dice "in ogni caso" o "comunque".

Purtroppo esiste una parte, per fortuna minoritaria, di italo-anglofono mutanti che quando pur educatamente gli fai notare un abominio di questo tipo ti dà del grammar nazi.

No: grammar nazi è chi ti fa le pulci sulle piccolezze. Ma queste insensate, folli, improponibili varianti dell'italiano non possono essere piccolezze, se inducono a dubitare che l'autore sia di madre lingua italiana. E sminuire inaudite devianze sintattiche introvabili nei quaderni di qualsiasi bambino di 6 anni ne innalza la gravità.

Se pensi che io sia esagerato potresti cambiare idea considerando ciò che anni fa sentii uscire dalla bocca di una ragazza italiana: invece che "agisci" o "passi all'azione", pensando in inglese "take action" questa ragazza disse "prendi azione".

Devo rimanere indifferente? Sono un grammar nazi se denuncio un problema che sta fruttando figuracce a persone convinte vada tutto bene, come avessero sulla schiena l'etichetta "scemo" appiccicata di nascosto da un burlone, persone che semplicemente cerco di aiutare e proteggere da ciò che sta loro succedendo e che potrebbe succedere a chi sta loro intorno? No a entrambe le domande.

Ripeto, si tratta di parole di uso comune, e quindi non c'entra l'essere più o meno colti, giovani o anziani. Non c'entra neanche l'essere gente confinata in un paesino o giramondo. Né è una questione di registro linguistico. Nessun registro linguistico include questo vergognoso e inensato schifo di cui sono mio malgrado testimone.

Se violenti l'italiano e non te ne accorgi, mi sento in dovere di fartelo notare per bene tuo, mio e di chiunque altro. Se poi sei così pigro da voler errare in libertà e anzi sostieni che si tratta della normale trasformazione della lingua, bada che la trasformazione è la tua, la stessa che punì un pigro burattino, con la differenza che lui se ne accorse e lo considerò un problema.

19 marzo 2024

La paura del rifiuto di una donna spiegato allo zio sempliciotto

Niente di granché speciale in questo articolo. Solo un riassuntone di alcuni concetti alla portata di chiunque, a patto che si sia disposti a una piccola riflessione. Un articolo per le persone a cui questa piccola riflessione non viene spontanea. Se fra queste c'è anche chi non ha voglia di leggere tutto quanto, il messaggio super-riassuntivo è il seguente: non tentare di incoraggiare i ragazzi che non se la sentono di approcciare una ragazza. Non sarai tu a convincerlo. Il tuo tentativo di persuasione = molestia.

Spesso un ragazzo non ha il coraggio di mostrare i propri sentimenti a una donna di cui è invaghito, anche quando non c'è motivo di escludere una reciprocità. Lo zio sempliciotto fa notare al ragazzo che proporsi significa avere per lo meno una qualche possibilità di successo, mentre non proporsi significa non averne alcuna. Questa banale e superficiale osservazione non tiene conto di due aspetti quantitativi della posta in gioco:

- quanto il ragazzo crede sia alta la probabilità di successo (spesso poco)
- quanto sarebbe grande il suo disagio in caso di rifiuto (spesso molto)

Il ragazzo sceglie di proporsi oppure no dopo aver messo sui due piatti della bilancia questi due elementi.

A questo proposito credo che il secondo elemento meriti una particolare riflessione. Perché il rifiuto arreca un così grande disagio da indurre un ragazzo a rinunciare da subito? Perché, rispetto al rimanere soli senza aver fatto nulla, rimanere soli dopo averci provato porta un disagio aggiuntivo così importante?

Per più motivi:

- Per non illuderlo che il rifiuto non sia definitivo, lei potrebbe da quel momento in poi adottare un comportamento distaccato
- Essere rifiutati è un'umiliazione. Questo si dice di solito. Ma essendo "umiliazione" un termine troppo astratto, preferisco dirla così: lui, per aver rivelato questi sentimenti poi non ricambiati, teme che lei possa sentirsi in qualche modo superiore e farglielo pesare in futuro
- Altre persone possono venire a sapere che quel ragazzo è stato rifiutato, e questo lo fa apparire meno attraente per il meccanismo di riprova sociale. Magari se accade una sola volta lo screditamento pubblico sussiste poco o nulla, ma già al terzo o quarto rifiuto acquisisce una importanza non indifferente.

I motivi menzionati fin qui riguardano un aspetto strategico: il ragazzo vuole evitare che accadano determinate cose nelle relazioni con gli altri.

C'è poi una motivazione che riguarda la propria natura e le proprie risorse: è spiacevole venire a sapere che come siamo fatti non va bene e che le nostre risorse sono poche, e se già lo sappiamo non vogliamo che venga ribadito, perché ogni volta che accade proviamo un grande dolore.
Il ragazzo che viene rifiutato si rende conto di non essere abbastanza bello, o abbastanza divertente, o abbastanza intelligente, o abbastanza ricco, o comunque abbastanza qualcosa. Raccontarsi che è soprattutto lei a perderci (il che magari è vero), e che se lui non piace a una donna potrà piacere ad un'altra (il che è possibilissimo), non smentisce un dato di fatto portato alla dolorosa evidenza: quel ragazzo non possiede i requisiti per piacere a lei, che è molto probabile siano gli stessi necessari a piacere a molte altre donne.

Un'altra motivazione riguarda il brusco ribaltamento dello scenario immaginato: un ragazzo che si propone a una ragazza ha in mente uno scenario in cui loro due sono insieme. È un'inevitabile film in testa che, per quanto maturo, il ragazzo più o meno volontariamente creerà. Può essere un film breve, sbiadito, un film che sa benissimo essere solo un film. Ma c'è, è bello e viene in una qualche misura vissuto. L'eventuale rifiuto distrugge questa gradevole esperienza in un istante, e questo dà una sensazione di tristezza, delusione e sfiducia nella propria capacità di interpretare le possibili future relazioni.

Se un ragazzo è reticente ad approcciarsi a una ragazza per tentare di sedurla, lo zio sempliciotto dovrebbe sapere che, nella testa del "timido" ha luogo uno o più dei meccanismi descritti sopra, e nessuno di essi può essere eliminato da frasi fatte e già sentite.
Brutto dirlo, ma se un ragazzo ha paura di essere rifiutato probabilmente ha ragione a non proporsi, perché una donna a cui un ragazzo piace di solito glielo fa capire inequivocabilmente.
Non ha bisogno di un incoraggiamento. Non ha bisogno che uno zio sempliciotto lo inciti a correre per schiantarsi contro un muro per poi pretendere che si rialzi e corra a testa bassa contro il prossimo, né che gli si spieghi che schiantarsi non fa male.
Il bisogno che ha davvero è quello di migliorare, per quanto possibile, sé stesso, nei gli aspetti in cui è più carente dal punto di vista dell'attrattività. Ad esempio (in ordine sparso) il suo aspetto fisico, il suo odore, la sua salute mentale, la sua comunicazione.

12 marzo 2024

La strana richiesta della MASSIMA CONDIVISIONE

Ogni tanto vedo gente che scrive un post su Facebook e chiede di condividerlo. Se c'è un buon motivo, nulla di male, nulla di anormale.

Anormale mi pare invece scrivere "MASSIMA CONDIVISIONE".

Mi dovrebbero spiegare perché scrivono così.

Massima in che senso? Come faccio a condividerlo al massimo? Lo condivido parecchie volte? Bleah. Stuccherei a chiunque. Del resto tu non l'hai fatto. Hai pubblicato una sola volta scrivendo quella strana cosa in maiuscolo (che no, non è più persuasivo del minuscolo).

Massima nel senso che lo devono condividere tante persone?
In tal caso guarda che io ho il controllo solo sul mio account e sulla mia persona. Non immaginerai che io e il tuo gruppo di FB friend (molti dei quali non conosco) ci riuniamo per accordarci su quanti di noi condivideranno a seconda del fatto che tu chieda una condivisione scarsa, media o massima. Molto più semplicemente, se trovo il tuo post meritevole di essere condiviso lo condivido, altrimenti no. Senza alcuna possibilità di dosare la condivisione, tipo cliccare piano o cliccare pigiando ben bene.

Cos'altro avrai voluto dire con "MASSIMA CONDIVISIONE"?

Boh.

Forse intendi che io devo stampare il tuo post e vada a fare volantinaggio? Dillo chiaramente. Sii specifico. Se no "MASSIMA CONDIVISIONE", scritto così, sembra tipo una formula magica. MASSIMA CONDIVISIONE! ...E KABOOM, un fulmine nel cielo e pioggia di volantini.

Mah.

11 marzo 2024

Gli animali schifosi (da ammazzare?)

Quando diciamo "schifoso", che ce ne rendiamo conto o no, parliamo di estetica: un disegno schifoso è un disegno brutto, una canzone schifosa è una canzone brutta; è schifoso un odore o un sapore quando una roba è sgradevole all'odorato o al gusto; è schifoso un comportamento che non solo risulta scorretto e immorale, ma è anche particolarmente spiacevole secondo chi lo osserva. Tutti aspetti che concernono la non-piacevolezza. Un aspetto estetico.

Fanno eccezione gli animali?

Uhm

Fanno ipocritamente eccezione.

Noi umani chiamiamo spesso "schifosi" alcuni insetti, ragni, topi, o altri cosiddetti "animalacci" che in realtà possono renderci la vista scomoda o rappresentare un vero o presunto pericolo, ma non hanno nulla di schifoso. Cioè non sono davvero brutti. Non è questo il motivo per il quale ci spaventano.

Lo si capisce se si pensa al fatto che proviamo disagio vedendoli in casa nostra, ma già meno all'aperto, e per nulla se li vediamo in un documentario in TV; anzi, in quest'ultimo caso addirittura li vediamo super-zoomati e diciamo che sono affascinanti, il che include l'essere belli da osservare o, più semplicemente, belli.

Vediamo allora quali sono gli animali davvero schifosi, e cioè brutti. Vediamo quali sono i veri animalacci, almeno dal punto di vista visivo.

Già, l'avete capito, è banale: i tacchini. Posso dirlo con tranquillità, perché so che nessun tacchino legge questo blog, e confido nell'intelligenza di chi legge e che immagino non riferirà ai tacchini nulla di quanto ho appena affermato.

Poi c'è un altro animale, che non è sempre schifoso, ma lo è nella maggioranza dei casi, lo è in media, tanto da poter dire che è tutto sommato schifoso con ottima approssimazione: l'umano.

Mediamente l'umano è brutto, infatti è costretto ad andare in giro vestito... per non fare schifo a chi? Ad altri animali? No. Agli individui della sua stessa specie, addirittura.

Fanno eccezione contesti in cui si è abituati ad avere a che che fare con umani nudi, perché l'abitudine ha il potere di mitigare un po' tutto. Dunque tutto quello che dico in questo articolo vale nella maggior parte delle situazioni e non ad esempio per il mestiere di vari operatori sanitari o per chi usa le docce comuni di palestre o piscine. E chiaramente tutto quello che dico non è rivolto a chi probabilmente non lo leggerà, cioè a persone appartenenti a civiltà primitive dove andare in giro nudi è normale.

Dicevo: in media gli esseri umani, al naturale, fanno schifo agli esseri umani.

Non facciamo confusione con il buon costume e la legalità: certo, è maleducato e illegale andare in giro nudi, ma il motivo per il quale proviamo un senso di schifo vedendo una persona nuda per strada non riguarda il malcostume o l'illegalità. Se vediamo un'automobile che passa col rosso, e il cui conducente sta mostrando il dito medio a tutti, pensiamo "Che imbecille", non "Che schifo". Questo perché disprezziamo l'imprudenza, l'irresponsabilità, la non eticità, la stupidità del suo comportamento, non la sua estetica.
Se invece vediamo un tizio o una tizia senza alcun indumento in un luogo pubblico... certo, pensiamo ANCHE che sia una persona malata di mente oppure un imbecille che vuol fare un qualche esperimento sociale o chissà cos'altro, ma la prima cosa che viene in mente è un senso di schifo. Abbiamo una sorta di disagio viscerale, come quando si ha a che fare con un cibo andato a male o a un oggetto maleodorante o si sente un rumore altamente cacofonico.

Lo so, esistono persone belle, che un senso di schifo non susciteranno, ma sono relativamente rare. La maggior parte delle persone ha una o più delle seguenti caratteristiche:

- ha un brutto sedere

- ha un brutto seno

- è sovrappeso

- ha un brutto scheletro

- ha uno o più specifici elementi anatomici del volto (naso, orecchie, mento, occhi) sproporzionati o di forma diversissima rispetto a come dovrebbero essere per rientrare nei canoni di accettabilità estetica

C'è una grande quantità di esseri umani spiacevoli da guardare anche quando sono vestiti, e cioè le persone sovrappeso, le persone che hanno un brutto volto pur essendo giovani e quelle che hanno un brutto volto a causa dell'invecchiamento.

SCHIFOSO = DA AMMAZZARE?

Io non ammazzo un umano per il solo fatto che lo ritengo schifoso. Forse se una persona brutta entrasse nuda in casa mia senza il mio permesso mi verrebbe inizialmente una qualche voglia di ammazzarla e destrutturarla dandole fuoco. Certamente se non la ritenessi pericolosa frenerei il mio istinto omicida per la solidarietà di base che solitamente gli umani hanno per individui della stessa specie.

Se però vedo in casa mia uno scarafaggio, che ovviamente non è né vestito né è stato da me invitato, io non mi faccio problemi ad ammazzarlo. Anzi, se riesco lo ammazzo proprio. Proprio mentre scrivo questo articolo rifletto sul perché io ammazzo gli scarafaggi e non faccio lo stesso con ragni e cimici (che solitamente prendo delicatamente con uno o più cartoncini per buttarli fuori). E rovistando nella mia mente noto che peculiarità dello scarafaggio è avere al tempo stesso le seguenti caratteristiche:

1) è nocivo per motivi igienici

2) è molto brutto e quindi è spiacevole averlo intorno (sì, anche se lo guardo in un documentario penso "che brutto")

3) mi sta antipatico perché si muove molto velocemente (scappa e vuole fare sempre come gli pare, non è che lo si può invitare a salire su un cartoncino e avere il tempo di accompagnarlo all'uscita)

4) nessuno gli ha detto di entrare in casa mia (e se gliel'ha detto comunque non doveva entrare lo stesso, perché è a me che devi chiedere se puoi entrare in casa mia, non a una persona o a un animale a caso)

5) se lo liberassi all'esterno potrebbe entrare nuovamente nella mia abitazione o entrare in una abitazione altrui in qualche modo (ad esempio nello stesso modo usato in precedenza); potrebbe farlo lui o gli individui che genererebbe riproducendosi

Dal quinto motivo si capisce perché, se posso e se non mi richiede troppo impegno, ammazzo anche uno scarafaggio se lo vedo nei dintorni della mia o di una qualunque altra abitazione. Per la verità lo ammazzo anche se lo vedo lontano da un centro abitato. Del resto gli scarafaggi che vivono nei centri abitati ci sono arrivati partendo da luoghi inabitati, loro o le loro generazioni precedenti. Dunque, visto che fra l'altro dal mio punto di vista non apportano al mondo alcun beneficio, ritengo auspicabile la loro estinzione. Non illudendomi di ottenerla, mi limito ad ammazzare scarafaggi quando ne ho occasione, facendo la mia parte per limitarne l'espansione.

Insomma,

se ti comporti da invadente, se mi importuni nel posto che confido essere garanzia di tranquillità, la mia abitazione (che ho acquistato con soldi guadagnati onestamente e faticosamente, e che rappresenta il mio rifugio e luogo di relax dopo una giornata di lavoro) magari posso anche perdonarti. Ti perdono se sei un essere che abbia per lo meno un lato positivo, ad esempio sei bello, oppure inoffensivo, o simpatico, o sei un essere che dimostra di capire di aver sbagliato in quanto dalle mie parti non è aria non perché io sia cattivo, ma perché se dovessi far entrare in casa mia tutti gli animali che lo desiderano diventerebbe un micro-zoo, nel quale fra l'altro dovrei stare attento a come cammino per non ammazzare nessuno. Se invece non hai un solo lato positivo, uno che sia uno, diamine, allora non so proprio per quale motivo dovresti meritare di rimanere in vita.

Ma

se avessi la garanzia che gli scarafaggi stessero e rimanessero in un luogo circoscritto, quindi "noi di qua, voi di là", non andrei certo ad invadere il loro territorio per sterminarli. E se ci fosse una terra di mezzo di coesistenza di umani e scarafaggi, tutto ok. Li considererei brutti, vero, non è che cambiano i gusti estetici in base al comportamento, ma li rispetterei evitando fra l'altro di far loro pesare una bruttezza non derivante da una loro colpa.

Non ritengo plausibile dire "lo ammazzo perché mi fa schifo".

Per ammazzare ritengo necessarie motivazioni aggiuntive, come quelle descritte nell'elenco sopra.

Se non ne sei convinto, ti invito ad immaginare la reazione emotiva che avrebbe la maggior parte della gente della società in cui vivi vedendoti nudo/a. La maggior parte della gente non allenata a vedere persone nude non tenterebbe di procurarti la morte, né te la augurerebbe. Eppure gli faresti schifo. Non perché sei riverso a terra dopo un'ubriacatura e stai giacendo in una pozza di vomito. Non perché sei stato colto da un attacco di diarrea e non hai fatto a tempo a raggiungere il bagno. Lavati pure, improfumati e pettinati quanto ti pare: tu, se non nascondi la maggior parte del tuo corpo con dei vestiti, fondamentalmente non ti si po guardà. Non è una considerazione proveniente da esseri divini o in qualche modo superiori come siamo noi in confronto agli scarafaggi. Fai schifo agli esseri della tua stessa specie, siano essi più belli di te, di pari grado estetico o anche più brutti.

Se hai letto con un sorrisetto di sufficienza pensando che ciò non vale per te in quanto fai parte di una minoranza essendo bello/a, ti invito a considerare la stessa cosa fra qualche decina di anni, o a pensare a una persona anziana a cui vuoi bene.

Questo breve esercizio di immaginazione potrebbe aiutarti a capire che dire "Ammazzo questo animale perché fa schifo" significa darsi la zappa sui piedi, perché l'essere che fa schifo per eccellenza è, purtroppo per noi, l'essere umano.
Per dimostrarlo mi è bastato fermarmi all'aspetto visivo. Non ho neanche avuto bisogno di infierire menzionando quanto ulteriormente aumenta lo schifezzeria dall'essere umano a causa dei vari materiali che il suo corpo emette, per i quali rimando alla canzone "Silos" di Elio e Le Storie Tese.
Né c'è stato bisogno di menzionare l'aspetto gassoso, che vede l'umano responsabile di cattivi odori molto più di altri animali popolarmente definiti schifosi come insetti, ragni, etc.
Ah, e non ho avuto bisogno di ricordare che mangiare carne di tacchino è dai più considerato normale, mentre mangiare carne umana è considerato, guarda un po', schifoso.

Alla luce di tutto ciò forse non dovrebbe stupire il fatto che vedere sull'asfalto dello sterco di cavallo o di cane suscita decisamente meno schifo rispetto a vedere analogo oggetto sapendolo esternato dall'animale più intelligente, ma anche più ipocrita di tutti.