Se un problema riguarda non direttamente me, ma un'altra persona, è possibile che io, venendone a conoscenza, mi senta coinvolto (magari solo per il fatto che mi dispiace) e di conseguenza quello diventi in qualche misura un problema anche mio.
Di un problema altrui che invece non mi coinvolge sul versante pratico né emotivo si può invece dire che non si tratta di un mio problema.
L'umana empatia, di cui quasi tutti siamo dotati, chi più, chi meno, a volte si manifesta, e cioè è lodevole; a volte si manifesta in modo eccessivo (e allora si dice che tre volte bono vuol dire bischero); a volte giustamente non si manifesta (e allora si dice che il mal voluto non è mai troppo), altre volte ingiustamente non si manifesta (e allora si dice che si è indifferenti, egoisti o addirittura psicopatici o sociopatici).
Non parlerò in questo articolo di casi in cui secondo me è giusto o non giusto che ci facciamo guidare o no dall'empatia. Parlerò piuttosto delle parole e dell'atteggiamento con cui si fanno affermazioni sull'empatia propria e altrui.
Inizio da una frase che mi sta invero antipatica:
"Non è un problema mio".
Tipicamente "Non è un problema mio" significa "Non è un problema mio, ma di una persona la cui sofferenza mi lascia indifferente".
"Significa" nel senso che possiamo dedurre quel significato. Non nel senso che il parlante davvero ammetterebbe che quello è il significato.
Provate infatti, dopo aver sentito dire "Non è un problema mio", a chiedere "Quindi non te ne importa nulla?". Secondo il significato su riportato, la logica risposta dovrebbe essere "No". E invece la risposta sarà la semplice ripetizione della frase già detta.
- Non è un problema mio
- Quindi non te ne importa nulla?
- Non è un problema mio.
No, non gliene importa nulla, ma a quanto pare questa è una posizione così vergognosa che può essere sottintesa ma non pronunciata; al suo posto dev'essere pronunciata solo la codarda ed implicita frase che dovrebbe giustificarla (ricorda il tipico scenario che si ottiene quando si chiede a un politico di destra italiano se è antifascista).
Giustificarla in che modo? Facendo appello al concetto secondo cui un problema lo deve risolvere chi ce l'ha. Un concetto rozzo e grossolano, apparentemente valido solo di primissimo acchito e che necessita di pochi decimi di secondo per essere scardinato, esattamente come "Non ti presto il pennarello perché è mio". Ma l'aspetto psicolinguistico è un animale di poche pretese. Basta che un'espressione sia anche solo lontanissimamente somigliante a qualcosa di meno sbagliato e viene subito scelta, non importa se a un orecchio un minimo attento risulti una palese supercazzola.
E che è, tutta sta lagna per una supercazzola? È pieno di esseri umani che fanno supercazzole per addolcire l'indigeribile senza riuscirci e anzi risultando ancora più antipatici. Embè?
Ma rileggi il titolo. La cosa peggiora quando si arriva a ciò che mi è toccato sentire oggi. La frase in seconda persona, "Non è un problema tuo". Per di più preceduta da un esplicito "Che te ne frega" (sì, in questo caso è stato esplicitato) di cui doveva essere una giustificazione.
Ecco il centro del mio sfogo.
Se fai un ragionamento del tipo
"Non deve fregartene nulla perché non è un problema tuo",
questo, in ragione dei due possibili significati sopra individuati, può equivalere a due possibili consigli (che non si escludono fra loro):
1) "Questo specifico problema non ti coinvolge, quindi fregatene"
2) "In generale se un problema non ti riguarda direttamente, fregatene"
Nel primo caso sei presuntuoso, dato che assumi affrettatamente che la cosa non mi coinvolge (neanche emotivamente) e dunque non rappresenta per me un problema; se addirittura ti ho appena detto che mi dispiace (come accaduto nella conversazione di oggi) allora sussiste evidentemente proprio il contrario di ciò che affermi, quindi presuntuoso e testone.
Nel secondo caso vuoi fare di me un sociopatico, quindi sei un criminale.
Insomma, se la frase "non è un problema mio" è da patetici supercazzolari ma almeno ha un qualche motivo di esistere, decisamente più assordante mi suona l'allarme anti-scemo se sento dire "non è un problema tuo", fastidiosa esternazione del tutto inutile se non a parlare in realtà di sé stessi (e parecchio male).
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