23 febbraio 2021

Segnalazione e reclamo al Garante della privacy: gratis, ma... utili?

Nei primi anni 2000 conobbi un gruppo di discussione che parlava di come fare ricorso al garante per la Privacy (allora Stefano Rodotà).
Parlavamo quasi esclusivamente di ricorsi fatti in seguito a spam via email. Funzionava così: bisognava

- Scovare la sede legale del mittente dell'email
- Inviargli una raccomandata con la richiesta di conoscere come aveva avuto l'indirizzo email, quali fossero le modalità di trattamento del dato personale, e altri dati che la legge obbliga in questo caso a fornire
- Aspettare 10-15 giorni: se entro quella data si riceveva una risposta soddisfacente, non si poteva fare nulla
- In caso di mancata risposta o risposta non soddisfacente, ricorso al Garante, che al tempo costava 25 euro
- Il Garante, verificato l'accaduto, stabiliva un rimborso spese forfettario di 500 euro o un compenso minore nel caso riconoscesse delle attenuanti per lo spammer

Il forum ebbe un discreto successo, nel senso che qualche decina di persone si erano messe a studiare come fare ricorso, farsi dare consigli su come ovviare ad alcuni intoppi, e soprattuto a mettere in pratica la cosa, ottenendo spesso il rimborso.

Ma a un certo punto probabilmente il personale dell'ufficio del Garante si stufò di lavorare così tanto per un gruppo di ragazzetti che volevano insegnare l'educazione e la legalità a degli imprenditori, e così decise di metterci i bastoni fra le ruote: alzò il prezzo del ricorso a 250 euro e stabilì l'obbligo di servirsi di un avvocato. In compenso stabilì che il rimborso forfettario in caso di vittoria sarebbe stato di 1000 euro.

Inoltre i ricorsi iniziarono ad avere esiti sempre meno a favore dei ricorrenti, e così in tanti, me compreso, decisero che non avrebbero mai più fatto ricorso al Garante della Privacy, salvo magari i casi in cui lo spammer si rivela un multi-recidivo.

E oggi (cioè vedi data dell'articolo)?

Oggi c'è poco da parlare di tendenze del Garante. Semplicemente non viene riconosciuto nessun rimborso o risarcimento.

Quanto al regolamento su cosa è possibile fare, è riportato alla pagina https://www.garanteprivacy.it/modulistica-e-servizi-online/reclamo

...Dove sono descritte due pratiche: la semplice senalazione e il reclamo, entrambi fattibili anche senza avvocato, e viene giusto nominata la possibilità di rivolgersi a un'altro istituto, e cioò l'autorità giudiziaria (lo si può fare se ad esempio si ritiene che lo spammer sia incorso nel reato di molestie, ma ti avverto: messaggi testuali non vengono considerati molestie).
 
È efficace rivolgersi al Garante? In altre parole, il Garante punisce adeguatamente lo spammer?
 
Io nel 2015 feci una segnalazione; non ebbi la possibilità di conoscere gli eventuali provvedimenti presi dal Garante nei confronti dell'azienda comportatasi illegalmente, però ho ricevuto una risposta del tipo "Grazie, provvederemo".
 
...Il che mi fece sospettare esattamente che a differenza che un tempo, lo scenario di oggi sia più o meno questo:
 
Garante: "Non lo fare più, va bene?"
Spammer: "Prrr"
Garante: "Eddai, su, la vuoi smettere?"
Spammer: "Ma vaffanculo, deficiente!"
Garante "Bah, non cambierà mai. Che posso farci? So ragazzi"
 
Ho chiesto a un avvocato conferma, e non volendosi sbilanciare mi ha risposto "Più o meno".

Clara Ceccarelli non poteva anticipare l'ex-compagno Renato Scapusi?

Clara Ceccarelli, la donna di Genova ammazzata dall'ex compagno Renato Scapusi, si era pagata il funerale, credo, come gesto di protesta postumo, per far capire che certi eventi sono chiaramente annunciati e ciò nonostante le istituzioni fanno poco o nulla per evitarli.

Ma se era convinta che il tizio prima o poi l'avrebbe raggiunta per ammazzarla, e che al tempo stesso le istituzioni non la avrebbero aiutata, forse avrebbe potuto giocare d'anticipo ammazzandolo lei o facendolo ammazzare.

Forse sarebbe andata in carcere (con attenuanti e quindi con una riduzione di pena), ma non è detto.

Avrebbe potuto studiare un piano per non farsi beccare (tipicamente far sparire il cadavere facendolo a pezzi, che poi sarebbero stati bruciati o sotterrati in una buca già preparata).

Oppure essere essere assolta per legittima difesa dichiarando di esser stata aggredita.

Articolo e video correlati:

I rischi che non sanno di correre i mariti aguzzini e simili (MalaSpeak 13)

18 febbraio 2021

Recuperare la password Wi-fi di un PC connesso a Internet (Windows 10)

A differenza dell'Aranzulla la faccio poco lunga, perché in questo caso del SEO non me ne importa nulla (e neanche della rima, che è venuta fuori per puro caso).

Ecco le istruzioni:

- Pannello di controllo (per accedervi cercalo su Cortana)

- Rete e Internet

- Centro connessioni di rete e condivisione

- Modifica impostazioni scheda

- Doppio click sulla scheda di rete wireless

- Proprietà wireless

- Scheda Sicurezza

- Spunta su Mostra caratteri

17 febbraio 2021

"Imprenditore di me stesso"

Se si vuole descrivere il settore in cui un tizio imprende, si dice "imprenditore" e poi si aggiunge un aggettivo, ad es. "imprenditore edile", o "imprenditore tessile", oppure si usa una preposizione articolata derivata da "in", quindi ad esempio "imprenditore nel campo dei cosmetici cancerogeni" o "imprenditore nel settore degli elettromedicali che non servono a un cazzo". Ora che ci penso a volte si usa anche il "di" o preposizioni articolate derivate, ad es. "imprenditore del vino".

Altri usi della formulazione "imprenditore" + "di" + altra parola, che io sappia, servono per indicare la città di nascita dell'imprenditore (es. "imprenditore di Frittole"), oppure il materiale di cui è costituito (es. "imprenditore di merda") oppure ancora il fatto che belle cose gli succedono ("imprenditore di successo"), da non confondersi con quelle buffe o imbarazzanti ("imprenditore, che è successo?").

Per cos'altro si può usare il genitivo? Boh... semplicemente per indicare a quale epoca o a quale mia calzatura o regione anatomica appartenga l'imprenditore, quindi ad es. "imprenditore del futuro" e "imprenditore dei miei stivali".

E quando uno dice di essere "imprenditore di me stesso", di quale tipologia di accezione si tratta?

Di primo acchito verrebbe da dire la prima, e cioè "di me stesso" indica ciò che uno vende o affitta: sé stesso. Il che di primo acchito fa pensare a uno schiavo o a un prostituto.
Ma magari non è uno schiavo né un prostituto, e quindi è necessario un secondo acchito. Magari vuole dire che vende altri servizi, erogati da sé stesso. Quindi vuole tenerli segreti, perché in questo caso dire "sono imprenditore di me stesso" è come dire "vendo delle cose che vendo io" o "erogo dei servizi che erogo io". Non me lo vuoi dire, insomma, che diamine vendi o che diamine fai. Perché anche un imprenditore del vino vende cose che vende lui, ma se gli chiedi cosa fa di mestiere non è che ti risponde che è un imprenditore di sé stesso.

Tale accezione non mi pare granché lontana da quando si usa "di" per indicare l'appartenenza a una persona. Imprenditore che appartiene a sé stesso. È una cosa sua, come ti direbbe una ragazzina timida se le chiedi cos'ha fatto col suo fidanzatino alla seconda uscita (comunque te lo posso dire io: gli ha fat... no, via, non te lo dico, non sarebbe corretto nei suoi confronti... AHEM! Un mugolone). Ma in questo caso non vedo a che serva specificarlo e soprattutto a cosa possa giovare tipo scriverlo sul profilo Facebook: come se un fruttivendolo esponesse un cartello per chiarire che quei cetrioli sono suoi. E che ti devo dire... tieniteli. Gelosone golosone.