A)
Si ritrovano persone, animali, cose, canzoni, concetti, bestemmie, etc, che appartenevano ad una sopita memoria. È capitato a tutti di dire: "Ehi, ma che bello strumento che è Internet! Grazie a Facebook sono riuscito a recuperare i contatti con una persona che non vedevo né sentivo da tanti, tantissimi anni!!!". Ma anche "Ehi, da quanto non vedevo questo spot pubblicitario degli anni '80! Dagli anni '80, mi sa". Oppure "Uh! Non mi ricordavo di questo proverbio! Lo diceva il mio bisnonno, già!".
B)
Avviene un gran miscuglio fra persone diversissime: in uno stesso ambiente web (tipicamente un gruppo Facebook o un forum) si trovano a parlare fra loro tipologie di umani che nella vita offline difficilmente avrebbero interagito se non in casi eccezionali: canadesi che interagiscono con egiziani, senesi che interagiscono con grossetani, musicisti che interagiscono con centri assistenza Roland, VIP che interagiscono con persone comuni, poveri che interagiscono con ricchi, cacciatori che interagiscono con vegani, fascisti che interagiscono con persone civili, e soprattutto persone dal comportamento consono all'intervallo fra data di nascita e data corrente che si trovano ad interagire con individui la cui età anagrafica poco o nulla può contro la loro vocazione di bimbiminkia sempre verdi (o sempre marroni, a seconda della similitudine che si preferisce).
Un raro evento che incarna contemporaneamente queste due condizioni mi ha indotto a scrivere questo articolo.
Come nell'atmosfera un vuoto d'aria si fa riempire da qualunque gas abbia intorno creando vento (come a volere in qualche modo esistere, frustrato dall'idea di essere il niente), così in una desolata circonvoluzione cerebrale deputata all'umorismo un vuoto di fantasia si fa riempire della prima cosa che viene in mente a certuni asini umanoidi, risultandone una produzione di parole. Parole di povertà, parole di senilità, male di vivere, un lato B del 45 giri "Allora? 60 minuti!", che già suonavano trite e ritrite quando i nostri nonni prendevano le bacchettate sulle mani dal maestro, e che danno l'idea di esserlo state anche quando furono, chissà quando, dette per la prima volta. Fra queste parole, quelle che compongono la battutina sul cognome Malatesta.
Da un normodotato dagli 11 anni in su sarebbe lecito aspettarsi quel minimo di senso di profondità storica, utile a capire che siccome un cognome solitamente ha qualche secolo, certe battute scontate e insieme antiche possono solo indurre a imbarazzata pietà nei confronti di chi le dice.
Da un normodotato dagli 11 anni in su sarebbe lecito aspettarsi quel minimo di senso di profondità storica, utile a capire che siccome un cognome solitamente ha qualche secolo, certe battute scontate e insieme antiche possono solo indurre a imbarazzata pietà nei confronti di chi le dice.
Ora io non voglio dire che proprio il 100% dei diversamente humor-dotati rappresentino casi umani senza speranza.
Voglio però dire che qui non si tratta solamente dell'invalidità che rende incapaci di discernere l'allegrezza dalla mestizia. Si tratta anche di essere diversamente acculturati. Ho detto "asino umanoide" non per esprimere una rabbiosa e cieca ingiuria, ma per esprimere un'ipotesi biologica che potrebbe avere un senso. Perché Malatesta è un cognome abbastanza famoso, i motori di ricerca web sono a prova di elettore dell'UDC, e ci vogliono pochi secondi per venire a conoscenza che l'appellativo "Malatesta" esprimeva nient'altro che un pregio: quello di difendersi con caparbietà e coraggio.
Per fortuna quel tipo di convergenza dei citati casi A e B avviene, come detto, alquanto raramente, e per questo ho spesso rimandato la scrittura di questo articolo. Ma oggi di nuovo ho visto su Facebook l'asinità incontrarsi col vuoto di fantasia, e il tutto materizlizzarsi in un ennesimo digitatore un po' stranetto che, senza aver neanche capito cosa volevo dire nel mio messaggio, rispondeva con un battutone sul mio cognome, pofferbacco, orgoglioso di aver scoperto l'acqua calda, ignorando che calda non era, e che solamente gelo investiva le sinapsi dei lettori sani deputate al riso, al sorriso o anche all'incurvare appena gli angoli delle labbra emettendo uno sfiatino dal naso.
Quando così un inconsapevole autolesionista, premendo il tasto "invio" fa scattare da utente virtuale a utonto conclamato la sua categoria di appartenenza, sbeffeggiando sé stesso nel tentativo di sbeffeggiare il prossimo, io davvero non so come aiutarlo. Non sto scherzando: rimango pietrificato e demoralizzato dal mio non saper cosa fare con le buone o con le cattive. Una sensazione che almeno una volta nella vita un po' tutti hanno provato ascoltando un poverino senza speranza. Che ne sarà di lui?
Forse mi aiuterà aver scritto una volta per tutte questo articolo per l'utente diversamente-varie-cose che crede di aver inventato la battutina geniale sul cognome Malatesta, apprezzata dai soli suoi amici immaginari, articolo il cui succo è il seguente: sappi che doppio è il tuo fallo. Non nel senso che, se sei maschio, hai la testa di un certo tipo (non lo escludo, sia chiaro). Ma nel senso che invece di mortificare me, mortifichi la tua persona, e doppiamente: per l'ignoranza della tua tristezza e per la tristezza della tua ignoranza.
Quando così un inconsapevole autolesionista, premendo il tasto "invio" fa scattare da utente virtuale a utonto conclamato la sua categoria di appartenenza, sbeffeggiando sé stesso nel tentativo di sbeffeggiare il prossimo, io davvero non so come aiutarlo. Non sto scherzando: rimango pietrificato e demoralizzato dal mio non saper cosa fare con le buone o con le cattive. Una sensazione che almeno una volta nella vita un po' tutti hanno provato ascoltando un poverino senza speranza. Che ne sarà di lui?
Forse mi aiuterà aver scritto una volta per tutte questo articolo per l'utente diversamente-varie-cose che crede di aver inventato la battutina geniale sul cognome Malatesta, apprezzata dai soli suoi amici immaginari, articolo il cui succo è il seguente: sappi che doppio è il tuo fallo. Non nel senso che, se sei maschio, hai la testa di un certo tipo (non lo escludo, sia chiaro). Ma nel senso che invece di mortificare me, mortifichi la tua persona, e doppiamente: per l'ignoranza della tua tristezza e per la tristezza della tua ignoranza.
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