In questi giorni ho letto l'articolo di Huffingtonpost su Holly Brockwell, giornalista inglese trentenne che dopo una battaglia legale durata 6 anni è riuscita ad ottenere da parte del servizio sanitario nazionale la sterilizzazione chirurgica, e l'articolo di Wired intitolato "Sono Mamma e difendo il diritto a sterilizzarsi delle donne".
Ho condiviso il primo dei due articoli su Facebook commentandolo così:
Tutti a dirle: ma sei sicura? La stessa domanda andrebbe però fatta anche e soprattutto a chi decide di fare figli.
Ne è nato un dibattito abbastanza lungo da potersi trasformare in articolo... ed eccoci qua.
Un commentatore, FB-Friend di un mio amico, ha risposto chiedendo perché la collettività dovrebbe pagare "per una sua scelta personale peraltro discutibilissima".
Questa la mia risposta:
Ai fini della legittimità di spendere soldi pubblici per questo intervento sarebbe rilevante il fatto che questa scelta sia proprio sbagliata, e non semplicemente discutibile o discutibilissima, visto che si può discutere praticamente su tutto. Scendendo nel merito: discutibile o no, per una questione del genere mi pare indiscutibile che l'ultima parola ce l'abbia la diretta interessata (che sicuramente ne ha già discusso abbastanza con gli altri e con sé stessa).
Quanto all'aspetto economico, la collettività in realtà ci guadagna. Spendere per un'operazione chirurgica è un piccolo investimento che viene ripagato negli anni successivi. Infatti quando si è superato una certa quantità di individui (ed è stato fatto ampiamente), ogni individuo rappresenta per la collettività un costo. Fra i tanti esempi che si potrebbero fare a riguardo, il più facile da capire è quello della disoccupazione, probema risolvibile solo in piccola parte con una buona politica (ma i politici non possono invitare a fare meno figli, perché non è politicamente corretto): se esiste un importante tasso di disoccupazione significa che esiste un numero importante di persone che non guadagnano, quindi non pagano tasse, quindi hanno diritto ai vari servizi esentasse come assistenza sanitaria, istruzione, spese legali in caso di torti subiti o commessi, etc., che la collettività pagherà al posto loro. E questo per un'intera vita. Altro che costo di un'operazione chirurgica.
Discorso poco romantico quello dei quattrini... io non lo volevo fare, ma sei tu che l'hai proposto. Se la matematica non è un'opinione, ecco la risposta alla tua domanda sul perché deve pagare la collettività. Deve pagare la collettività perché questa ragazza INVITA A NOZZE la collettività, assicurando alla collettività una spesa minore, non maggiore.
Colgo l'occasione per essere, a questo punto, ancor meno romantico (del resto un intervento chirurgico, con tutto quel sangue, quanto è romantico? Eppure può salvare una romanticissima vita... così come un intervento amministrativo può essere zero romantico e salvare il nostro bellissimo mondo)... A ragazze come questa dovrebbero essere dati incentivi statali come premio, altro che impedimenti. E pedate nel culo ai romanticissimi disoccupati che fanno 3 figli e zero calcoli.
Un altro utente ha commentato sulla veridicità del fatto che ogni individuo sia davvero un costo per la società, e ne è nato un dialogo di cui riporto i punti essenziali:
- Ogni individuo per la collettività è un guadagno; anche un disoccupato, che per quanto non guadagni contribuisce al gettito fiscale quando acquista un qualunque prodotto o servizio (IVA, accise...). In un sistema come il nostro, dove più che essere concittadini siamo consumatori, una persona in più è un consumatore in più... Solo i morti non consumano. La bassa natalità degli ultimi 30 anni ha avuto dei costi enormi: abbiamo perduto circa 6 milioni di italiani, il che ha creato necessità di immigrazione, con in costi notevoli sul piano sociale e educativo (e con l'enorme deflusso di denaro all'estero per le rimesse alle famiglie in patria che gli immigrati fanno sempre); inoltre pensa a quanto mercato interno ci siamo giocati: 6 milioni di carrozzine in meno da fabbricare, 6-12 milioni di passeggini, almeno 20 x 6.000.000 di paia di scarpe in meno... (fino a 17-17 anni si cresce e le scarpe si cambiano ogni anno) e così via per tutto il resto. Quanti posti di lavoro in meno, quante tasse in meno? Quei 6 milioni non sarebbero stati un costo: i servizi che lo stato dà hanno un enorme costo fisso che è in parte indipendente dal numero di persone che lo sfruttano
- Più persone significa più clienti se i soldi ci sono, ovvero se la disoccupazione non c'è. Oggi quasi tutti i posti di lavoro sono presi e il mercato è così saturo che fra professionisti e fra le aziende di ogni tipo è in atto una costante guerra dei prezzi. Quindi oggi con buona approssimazione si può dire che mettere al mondo un figlio significa in media mettere al mondo un disoccupato o sotto-occupato (importante considerare i sotto-occupati, che le statistiche spesso ignorano: se guadagni 5 euro l'ora lavorando 6 ore alla settimana allora un'occupazione ce l'hai, quindi non vieni conteggiato in una statistica sulla disoccupazione... furbissimo metodo per falsare le dimensioni reali di questo e altri problemi).
Una persona senza un impiego non ha denaro per pagare i beni e servizi di cui parli. E la soluzione non è "Per dare occupazione alle industrie di scarpe, fate più figli". Questo è accanimento terapeutico nei confronti dei negozi di scarpe. Non ce n'è bisogno? Non ce n'è bisogno. Chiudi, negoziante di scarpe, e smetti di fare figli anche tu. Chi eroga un bene o un servizio risolve un problema. Non è che per fargli un piacere devo creare un problema che poi lui deve risolvere. Altrimenti avrebbe senso auspicare l'aumento dei ladri per salvaguardare l'occupazione dei produttori di antifurto e nelle agenzie di sorveglianza.
Quanto ai costi fissi che lo Stato deve sostenere, sono quello che sono unicamente perché non può permettersi di spendere di più. Ad esempio gli ospedali e i carceri sono pieni.
- Ma anche chi non lavora in un certo senso paga le tasse: se hai una casa ci paghi l'IRPEF, e se non puoi pagarla te la mettono all'asta; se sei un barbone e con 5 euro ottenute mendicando compri da mangiare o un pacchetto di sigarette, circa la metà di quei 5 euro va allo Stato; se mangi alla Caritas il cibo è stato già tassato al momento del suo acquisto; non ha il medico di base e ha diritto all'assistenza sanitaria solo in caso di emergenza. Quindi anche un barbone è un affare per lo Stato.
- Ciò che dici in parte è vero, ma non può essere il punto centrale della questione. Quanto indotto economico portano i disoccupati alle ditte private, rispetto alle risorse che lo Stato deve dare loro per sopravvivere? Dai, non scherziamo. Senza contare che la disoccupazione aumenta (e per alcuni giustifica!) la delinquenza.
- Da un punto di vista matematico e logico hai tutte le ragioni, ma il nostro sistema è malato e produce proprio questi risultati folli. Ad esempio: lo Stato offre lavoro a persone che dovrebbero aiutare i disoccupati a trovare lavoro.... e voilà, la disoccupazione in quanto bisogno produce un mercato e un reddito. Il risultato è che ci sono persone che vivono grazie ai disoccupati. Anche il concetto secondo cui il numero di persone produce reddito è un'idea malata: negli anni 50-60 abbiamo creato una serie di bisogni indotti che ha fatto salire le richieste. Abbiamo indotto il bisogno di avere la macchina, ed è aumentata la richiesta di autovetture e si sono aperte altre fabbriche, si è creato lavoro e gli operai che producevano le macchine e poi se le compravano pure... Ed ecco che negli anni 80-90 la densità di autovetture pro capite in Italia era di gran lunga superiore a quella dell'Inghilterra, che non era certo un Paese più povero di noi. Il tutto a scapito della circolazione ferroviaria...
- Praticamente lo Stato "ri-impasta l'occupazione", fa supercazzole varie, ma se voleva ottenere lo stesso risultato facendo meno danno poteva dare quattrini ai disoccupati senza chiedere nulla in cambio. Brutto da dire, ma è inutile girarci intorno. Non mi servi. Cosa vuoi fare? Vuoi spazzarmi il garage? E' già pulito. Lo vuoi spazzare lo stesso? Guarda, tieni 10 euro, ma togliti di torno, preferisco.
Riassuntino: sì, siamo troppi. Fatevi sterilizzare.
E se volete bimbi (o anche ragazzi) adottate.
Vedi anche l'altro mio articolo su Psicoperformance "Più responsabilità, meno figli".
E anche l'articolo su questo blog "Sarebbe così facile capire perché non dobbiamo fare più figli!"
E anche l'articolo su questo blog "Sarebbe così facile capire perché non dobbiamo fare più figli!"
Beh, per chi ha la fantasiosa paura che la razza umana possa scomparire: non è che, anche se tutti prendessero coscienza del problema della sovrapopolazione, improvvisamente comparirebbe il problema del calo demografico. Il processo sarebbe comunque sfumato, e ci darebbe ovviamente il tempo di ricominciare a fare figli. Mi pare chiaro però che il momento giusto non sia adesso, e neanche fra poco tempo. Anche perché certa gente da quest'orecchio non ci sente. Si fa vanto del coraggio che ha di prendersi la responsabilità di essere genitore dimenticandosi che adesso fare un figlio è un atto di irresponsabilità nei confronti della collettività, a meno di essere economicamente benestanti al punto di poterlo far campare di rendita oppure avere un posto di lavoro da cedergli. Altra eventualità in cui un figlio sia una buona cosa è quella in cui faccia il bene della collettività. Ad esempio convincere molte persone a non figliare.