31 marzo 2016

Critichi la ragazza che si è fatta sterilizzare? Sarebbe da premiare.

In questi giorni ho letto l'articolo di Huffingtonpost su Holly Brockwell, giornalista inglese trentenne che dopo una battaglia legale durata 6 anni è riuscita ad ottenere da parte del servizio sanitario nazionale la sterilizzazione chirurgica, e l'articolo di Wired intitolato "Sono Mamma e difendo il diritto a sterilizzarsi delle donne".

Ho condiviso il primo dei due articoli su Facebook commentandolo così:

Tutti a dirle: ma sei sicura? La stessa domanda andrebbe però fatta anche e soprattutto a chi decide di fare figli.

Ne è nato un dibattito abbastanza lungo da potersi trasformare in articolo... ed eccoci qua.

Un commentatore, FB-Friend di un mio amico, ha risposto chiedendo perché la collettività dovrebbe pagare "per una sua scelta personale peraltro discutibilissima".

Questa la mia risposta:

Ai fini della legittimità di spendere soldi pubblici per questo intervento sarebbe rilevante il fatto che questa scelta sia proprio sbagliata, e non semplicemente discutibile o discutibilissima, visto che si può discutere praticamente su tutto. Scendendo nel merito: discutibile o no, per una questione del genere mi pare indiscutibile che l'ultima parola ce l'abbia la diretta interessata (che sicuramente ne ha già discusso abbastanza con gli altri e con sé stessa).
Quanto all'aspetto economico, la collettività in realtà ci guadagna. Spendere per un'operazione chirurgica è un piccolo investimento che viene ripagato negli anni successivi. Infatti quando si è superato una certa quantità di individui (ed è stato fatto ampiamente), ogni individuo rappresenta per la collettività un costo. Fra i tanti esempi che si potrebbero fare a riguardo, il più facile da capire è quello della disoccupazione, probema risolvibile solo in piccola parte con una buona politica (ma i politici non possono invitare a fare meno figli, perché non è politicamente corretto): se esiste un importante tasso di disoccupazione significa che esiste un numero importante di persone che non guadagnano, quindi non pagano tasse, quindi hanno diritto ai vari servizi esentasse come assistenza sanitaria, istruzione, spese legali in caso di torti subiti o commessi, etc., che la collettività pagherà al posto loro. E questo per un'intera vita. Altro che costo di un'operazione chirurgica.
Discorso poco romantico quello dei quattrini... io non lo volevo fare, ma sei tu che l'hai proposto. Se la matematica non è un'opinione, ecco la risposta alla tua domanda sul perché deve pagare la collettività. Deve pagare la collettività perché questa ragazza INVITA A NOZZE la collettività, assicurando alla collettività una spesa minore, non maggiore.
Colgo l'occasione per essere, a questo punto, ancor meno romantico (del resto un intervento chirurgico, con tutto quel sangue, quanto è romantico? Eppure può salvare una romanticissima vita... così come un intervento amministrativo può essere zero romantico e salvare il nostro bellissimo mondo)... A ragazze come questa dovrebbero essere dati incentivi statali come premio, altro che impedimenti. E pedate nel culo ai romanticissimi disoccupati che fanno 3 figli e zero calcoli.

Un altro utente ha commentato sulla veridicità del fatto che ogni individuo sia davvero un costo per la società, e ne è nato un dialogo di cui riporto i punti essenziali:

- Ogni individuo per la collettività è un guadagno; anche un disoccupato, che per quanto non guadagni contribuisce al gettito fiscale quando acquista un qualunque prodotto o servizio (IVA, accise...). In un sistema come il nostro, dove più che essere concittadini siamo consumatori, una persona in più è un consumatore in più... Solo i morti non consumano. La bassa natalità degli ultimi 30 anni ha avuto dei costi enormi: abbiamo perduto circa 6 milioni di italiani, il che ha creato necessità di immigrazione, con in costi notevoli sul piano sociale e educativo (e con l'enorme deflusso di denaro all'estero per le rimesse alle famiglie in patria che gli immigrati fanno sempre); inoltre pensa a quanto mercato interno ci siamo giocati: 6 milioni di carrozzine in meno da fabbricare, 6-12 milioni di passeggini, almeno 20 x 6.000.000 di paia di scarpe in meno... (fino a 17-17 anni si cresce e le scarpe si cambiano ogni anno) e così via per tutto il resto. Quanti posti di lavoro in meno, quante tasse in meno? Quei 6 milioni non sarebbero stati un costo: i servizi che lo stato dà hanno un enorme costo fisso che è in parte indipendente dal numero di persone che lo sfruttano

- Più persone significa più clienti se i soldi ci sono, ovvero se la disoccupazione non c'è. Oggi quasi tutti i posti di lavoro sono presi e il mercato è così saturo che fra professionisti e fra le aziende di ogni tipo è in atto una costante guerra dei prezzi. Quindi oggi con buona approssimazione si può dire che mettere al mondo un figlio significa in media mettere al mondo un disoccupato o sotto-occupato (importante considerare i sotto-occupati, che le statistiche spesso ignorano: se guadagni 5 euro l'ora lavorando 6 ore alla settimana allora un'occupazione ce l'hai, quindi non vieni conteggiato in una statistica sulla disoccupazione... furbissimo metodo per falsare le dimensioni reali di questo e altri problemi).
Una persona senza un impiego non ha denaro per pagare i beni e servizi di cui parli. E la soluzione non è "Per dare occupazione alle industrie di scarpe, fate più figli". Questo è accanimento terapeutico nei confronti dei negozi di scarpe. Non ce n'è bisogno? Non ce n'è bisogno. Chiudi, negoziante di scarpe, e smetti di fare figli anche tu. Chi eroga un bene o un servizio risolve un problema. Non è che per fargli un piacere devo creare un problema che poi lui deve risolvere. Altrimenti avrebbe senso auspicare l'aumento dei ladri per salvaguardare l'occupazione dei produttori di antifurto e nelle agenzie di sorveglianza.
Quanto ai costi fissi che lo Stato deve sostenere, sono quello che sono unicamente perché non può permettersi di spendere di più. Ad esempio gli ospedali e i carceri sono pieni.

- Ma anche chi non lavora in un certo senso paga le tasse: se hai una casa ci paghi l'IRPEF, e se non puoi pagarla te la mettono all'asta; se sei un barbone e con 5 euro ottenute mendicando compri da mangiare o un pacchetto di sigarette, circa la metà di quei 5 euro va allo Stato; se mangi alla Caritas il cibo è stato già tassato al momento del suo acquisto; non ha il medico di base e ha diritto all'assistenza sanitaria solo in caso di emergenza. Quindi anche un barbone è un affare per lo Stato.

- Ciò che dici in parte è vero, ma non può essere il punto centrale della questione. Quanto indotto economico portano i disoccupati alle ditte private, rispetto alle risorse che lo Stato deve dare loro per sopravvivere? Dai, non scherziamo. Senza contare che la disoccupazione aumenta (e per alcuni giustifica!) la delinquenza.

- Da un punto di vista matematico e logico hai tutte le ragioni, ma il nostro sistema è malato e produce proprio questi risultati folli. Ad esempio: lo Stato offre lavoro a persone che dovrebbero aiutare i disoccupati a trovare lavoro.... e voilà, la disoccupazione in quanto bisogno produce un mercato e un reddito. Il risultato è che ci sono persone che vivono grazie ai disoccupati. Anche il concetto secondo cui il numero di persone produce reddito è un'idea malata: negli anni 50-60 abbiamo creato una serie di bisogni indotti che ha fatto salire le richieste. Abbiamo indotto il bisogno di avere la macchina, ed è aumentata la richiesta di autovetture e si sono aperte altre fabbriche, si è creato lavoro e gli operai che producevano le macchine e poi se le compravano pure... Ed ecco che negli anni 80-90 la densità di autovetture pro capite in Italia era di gran lunga superiore a quella dell'Inghilterra, che non era certo un Paese più povero di noi. Il tutto a scapito della circolazione ferroviaria...

- Praticamente lo Stato "ri-impasta l'occupazione", fa supercazzole varie, ma se voleva ottenere lo stesso risultato facendo meno danno poteva dare quattrini ai disoccupati senza chiedere nulla in cambio. Brutto da dire, ma è inutile girarci intorno. Non mi servi. Cosa vuoi fare? Vuoi spazzarmi il garage? E' già pulito. Lo vuoi spazzare lo stesso? Guarda, tieni 10 euro, ma togliti di torno, preferisco.

Riassuntino: sì, siamo troppi. Fatevi sterilizzare.
E se volete bimbi (o anche ragazzi) adottate.
Vedi anche l'altro mio articolo su Psicoperformance "Più responsabilità, meno figli".
E anche l'articolo su questo blog "Sarebbe così facile capire perché non dobbiamo fare più figli!"

Beh, per chi ha la fantasiosa paura che la razza umana possa scomparire: non è che, anche se tutti prendessero coscienza del problema della sovrapopolazione, improvvisamente comparirebbe il problema del calo demografico. Il processo sarebbe comunque sfumato, e ci darebbe ovviamente il tempo di ricominciare a fare figli. Mi pare chiaro però che il momento giusto non sia adesso, e neanche fra poco tempo. Anche perché certa gente da quest'orecchio non ci sente. Si fa vanto del coraggio che ha di prendersi la responsabilità di essere genitore dimenticandosi che adesso fare un figlio è un atto di irresponsabilità nei confronti della collettività, a meno di essere economicamente benestanti al punto di poterlo far campare di rendita oppure avere un posto di lavoro da cedergli. Altra eventualità in cui un figlio sia una buona cosa è quella in cui faccia il bene della collettività. Ad esempio convincere molte persone a non figliare.

28 marzo 2016

Difetto di Blogger.com: il comando "annulla" può annullare un articolo

Due verità che avevo ho dato per scontate fino ad oggi:

- Il salvataggio automatico dovrebbe essere qualcosa che aiuta l'utente, anziché fargli perdere tutto.

- Se apro un qualsiasi documento salvato in precedenza, ad es. un DOC, e subito dopo, senza digitare altro, do il comando "annulla", cosa accade? Niente, accade, perché "annulla" significa "annulla l'ultima modifica che ho fatto in questa sessione", ma se non ho apportato alcuna modifica non c'è niente da annullare.

Le avevo date per scontate fino ad oggi in che senso? C'è qualche programma che si comporta in maniera diversa? Che io sappia no, nessun programma... Ma Blogger, la cara piattaforma online di cui milioni di utenti si servono per i loro blog, me compreso, si comporta in maniera diversa, almeno nel momento in cui sto scrivendo questo articolo.
Se hai un blog Blogger, puoi verificarlo tu stesso eseguendo il seguente esperimento...

- Crea un articolo di prova e, senza pubblicarlo, salva la bozza ed esci.

- Rientra nell'articolo, clicca su un punto a caso del foglio elettronico e, senza prima digitare nulla, premete CTRL + Z dando così il comando "Annulla"

Potresti pensare che, non avendo digitato alcun carattere per modificare il testo e così non essendoci alcuna azione da annullare, tale comando non sortisca alcun effetto. Sbagliato. Il comando sortisce l'assurdo effetto di cancellare l'intero articolo.

A me è capitato di effettuare una digitazione per errore, poi dare il comando CTRL + Z, e ripeterlo più volte rispetto al numero di comandi da annullare. Stesso risultato: scomparsa del testo di tutto l'articolo.

Mi sono detto "Se esco senza salvare evito il danno... devo farlo immediatamente, prima che Blogger esegua il salvataggio automatico!".
Così mi sono affrettato a chiudere la finestra, e subito dopo è apparso il pop-up che mi avvertiva che se fossi uscito non sarebbero state salvate le modifiche, proprio quello che volevo. Ma dopo aver cliccato sul "Esci dalla pagina" mi sono accorto che quel popup diceva una bugia: sono state salvate, le modifiche, e cioè la cancellazione dell'articolo. La bozza è andata persa.

Brutto per una piattaforma di blogging avere dei bug.
Ma ancora più brutto che un pop-up dia un'informazione falsa, che induce in errore.

Solo più tardi mi sono reso conto che, invece di chiudere la finestra sperando in un non-salvataggio, avrei dovuto premere CTRL + Y per il comando "ripristina". Così facendo, le scritte sarebbero ricomparse.
Questo non autorizza a dire che Blogger è, da questio punto di vista, una piattaforma che protegge efficacemente dalla perdita di dati. Infatti un clic per sbaglio può capitare (ad es. un clic sul tasto "salva") e non è accettabile che ci sia un comando che stranamente fa scomparire tutto il testo dell'articolo.

Per questo se come me hai un blog su Blogger.com e vuoi scrivere un articolo in una sola sessione, adotta pure la procedura classica, cioè clicca su "Nuovo post", digita il testo, scegli il layout, il carattere, etc, poi se vuoi aggiungi una o più immagini, e pubblicalo; se invece vuoi lavorarci in un primo tempo, poi salvare e poi riprendere a lavorarci in una successiva sessione, ti consiglio di fare così:

- Durante la prima sessione occupati esclusivamente di scrivere il testo dell'articolo. Meglio se fra le Opzioni (che nella versione web sono sulla destra) è selezionata Premi "Invio" per le interruzioni di riga.

- Prima di concludere la sessione, clicca su "Salva", poi copia tutto il testo e incollalo in un secondo ambiente, ad es. un foglio Microsoft Word del tuo computer o qualsiasi altro programma di videoscrittura (meglio se un programma che esegua il salvataggio automatico), poi salva il lavoro*.

- Per le sessioni successive, se non hai da modificare o aggiungere del testo e ti è rimasto solo da sistemare layout, caratteri, immagini, etc, concludi su Blogger la stesura dell'articolo e pubblicalo; se invece hai ancora da modificare o aggiungere testo, procedi come indicato di seguito.

- Continua a lavorare sul testo nel secondo ambiente

- Una volta che avrai finito il testo salva il documento, poi copiane il testo e incollalo su Blogger sostituendolo alla bozza non aggiornata nell'interfaccia HTML, poi completa eventualmente il lavoro riguardante layout, caratteri, immagini, etc. e pubblica l'articolo.

* Nota: il secondo ambiente di lavoro, anziché un programma di videoscrittura offline, può essere anche un blog di prova (magari non indicizzato sui motori di ricerca); se si tratta di un blog su piattaforma Blogger, il salvataggio deve consistere non nel cliccare "Salva" creando o aggiornando una bozza, ma nella PUBBLICAZIONE. Infatti il brutto difetto di Blogger di cui ho parlato, cioè salvare-aggiornare anche quando non dovrebbe essere fatto e inoltre far comparire un popup fuorviante, è un difetto che non si manifesta quand il post è stato pubblicato. Si manifesta soltanto quando il post è una bozza.

24 marzo 2016

Per i bimbiminkia che fan battutine sul cognome Malatesta

Due cose succedono grazie a Internet:

A)

Si ritrovano persone, animali, cose, canzoni, concetti, bestemmie, etc, che appartenevano ad una sopita memoria. È capitato a tutti di dire: "Ehi, ma che bello strumento che è Internet! Grazie a Facebook sono riuscito a recuperare i contatti con una persona che non vedevo né sentivo da tanti, tantissimi anni!!!". Ma anche "Ehi, da quanto non vedevo questo spot pubblicitario degli anni '80! Dagli anni '80, mi sa". Oppure "Uh! Non mi ricordavo di questo proverbio! Lo diceva il mio bisnonno, già!".

B)

Avviene un gran miscuglio fra persone diversissime: in uno stesso ambiente web (tipicamente un gruppo Facebook o un forum) si trovano a parlare fra loro tipologie di umani che nella vita offline difficilmente avrebbero interagito se non in casi eccezionali: canadesi che interagiscono con egiziani, senesi che interagiscono con grossetani, musicisti che interagiscono con centri assistenza Roland, VIP che interagiscono con persone comuni, poveri che interagiscono con ricchi, cacciatori che interagiscono con vegani, fascisti che interagiscono con persone civili, e soprattutto persone dal comportamento consono all'intervallo fra data di nascita e data corrente che si trovano ad interagire con individui la cui età anagrafica poco o nulla può contro la loro vocazione di bimbiminkia sempre verdi (o sempre marroni, a seconda della similitudine che si preferisce).

Un raro evento che incarna contemporaneamente queste due condizioni mi ha indotto a scrivere questo articolo.

Come nell'atmosfera un vuoto d'aria si fa riempire da qualunque gas abbia intorno creando vento (come a volere in qualche modo esistere, frustrato dall'idea di essere il niente), così in una desolata circonvoluzione cerebrale deputata all'umorismo un vuoto di fantasia si fa riempire della prima cosa che viene in mente a certuni asini umanoidi, risultandone una produzione di parole. Parole di povertà, parole di senilità, male di vivere, un lato B del 45 giri "Allora? 60 minuti!", che già suonavano trite e ritrite quando i nostri nonni prendevano le bacchettate sulle mani dal maestro, e che danno l'idea di esserlo state anche quando furono, chissà quando, dette per la prima volta. Fra queste parole, quelle che compongono la battutina sul cognome Malatesta.

Da un normodotato dagli 11 anni in su sarebbe lecito aspettarsi quel minimo di senso di profondità storica, utile a capire che siccome un cognome solitamente ha qualche secolo, certe battute scontate e insieme antiche possono solo indurre a imbarazzata pietà nei confronti di chi le dice.

Ora io non voglio dire che proprio il 100% dei diversamente humor-dotati rappresentino casi umani senza speranza.

Voglio però dire che qui non si tratta solamente dell'invalidità che rende incapaci di discernere l'allegrezza dalla mestizia. Si tratta anche di essere diversamente acculturati. Ho detto "asino umanoide" non per esprimere una rabbiosa e cieca ingiuria, ma per esprimere un'ipotesi biologica che potrebbe avere un senso. Perché Malatesta è un cognome abbastanza famoso, i motori di ricerca web sono a prova di elettore dell'UDC, e ci vogliono pochi secondi per venire a conoscenza che l'appellativo "Malatesta" esprimeva nient'altro che un pregio: quello di difendersi con caparbietà e coraggio.

Per fortuna quel tipo di convergenza dei citati casi A e B avviene, come detto, alquanto raramente, e per questo ho spesso rimandato la scrittura di questo articolo. Ma oggi di nuovo ho visto su Facebook l'asinità incontrarsi col vuoto di fantasia, e il tutto materizlizzarsi in un ennesimo digitatore un po' stranetto che, senza aver neanche capito cosa volevo dire nel mio messaggio, rispondeva con un battutone sul mio cognome, pofferbacco, orgoglioso di aver scoperto l'acqua calda, ignorando che calda non era, e che solamente gelo investiva le sinapsi dei lettori sani deputate al riso, al sorriso o anche all'incurvare appena gli angoli delle labbra emettendo uno sfiatino dal naso.

Quando così un inconsapevole autolesionista, premendo il tasto "invio" fa scattare da utente virtuale a utonto conclamato la sua categoria di appartenenza, sbeffeggiando sé stesso nel tentativo di sbeffeggiare il prossimo, io davvero non so come aiutarlo. Non sto scherzando: rimango pietrificato e demoralizzato dal mio non saper cosa fare con le buone o con le cattive. Una sensazione che almeno una volta nella vita un po' tutti hanno provato ascoltando un poverino senza speranza. Che ne sarà di lui?

Forse mi aiuterà aver scritto una volta per tutte questo articolo per l'utente diversamente-varie-cose che crede di aver inventato la battutina geniale sul cognome Malatesta, apprezzata dai soli suoi amici immaginari, articolo il cui succo è il seguente: sappi che doppio è il tuo fallo. Non nel senso che, se sei maschio, hai la testa di un certo tipo (non lo escludo, sia chiaro). Ma nel senso che invece di mortificare me, mortifichi la tua persona, e doppiamente: per l'ignoranza della tua tristezza e per la tristezza della tua ignoranza.

21 marzo 2016

Chiedere beneficenza può essere spam

Ogni tanto ricevo telefonate di associazioni di beneficenza che mi chiedono soldi in regalo o in cambio di biglietti per spettacoli teatrali o altro, oppure telefonate di agenzie di spettacolo che se ho capito bene devolvono una cifra fissata a un'associazione di beneficenza che mette in scena uno spettacolo, e come da accordi incassa a seconda dei biglietti che vende, sperando di incassare più di quanto ha "donato".

Giustamente la legge, così come la lingua italiana, inquadrano questo tipo di telefonate come messaggi promozionali (il carattere umanitario non le esclude da questa tipologia).

Visto che da anni sono iscritto al Registro delle Opposizioni, la legge sulla Privacy vieta di chiamarmi a scopo promozionale senza la mia preventiva autorizzazione.

So che di primo acchito quanto sto scrivendo potrebbe sembrare segno di insensibilità, cattiveria, etc, ma non è così.

Oltre al mio impegno a tenere uno stile di vita sostenibile per danneggiare meno possibile l'ambiente, le persone e gli animali, ho un mio budget annuale che dedico alle donazioni in beneficenza. Ce l'hanno tutte le tutte le persone, magari non è deciso con precisione, magari è flessibile, ma ce l'hanno, e questo budget è necessariamente limitato. Questo costringe ogni persona a dire sì ad alcune buone cause e dire no a molte altre, in numero decisamente maggiore, data l'enorme quantità di iniziative per le quali c'è bisogno di soldi.

Per questo motivo le associazioni di beneficenza sono in concorrenza fra loro. Brutto dirlo, ma è un dato di fatto.

La concorrenza deve sussistere con regole uguali per tutti. Se alcune associazioni spendono soldi per fare marketing nel rispetto della legge ed altre fanno marketing illegalmente, queste ultime fanno concorrenza sleale alle prime, e quindi non è certo a loro che devolverei i miei soldi se ancora non avessi scelto.

Venendo poi, più specificamente, ai contatti telefonici, al di là degli aspetti legali non trovo educato fare telefonate a tappeto per chiedere soldi o vendere qualcosa. Nell'immaginario collettivo, se un senza tetto interrompe per strada un tizio per chiedergli due spiccioli si dice che fa "accattonaggio", termine con accezione negativa, è normale considerarlo fastidioso ed opporgli un rifiuto o addirittura ignorarlo del tutto; stranamente non vale la stessa cosa se la nostra vita quotidiana viene interrotta da una telefonata di un'associazione che porta un bel nome, ma di cui non sappiamo nulla a parte quello che ci viene dichiarato lì per lì, associazione che ci chiede soldi per una causa, ignorare la quale pare brutto e crudele. Sarà esagerato parlare di arma psicologica, ma in una qualche misura secondo me lo è: l'efficacia di queste telefonate, infatti, sta anche nel fatto che il ricevente si sente in imbarazzo a dire di no dopo la spiegazione della tragica situazione in cui si trovano le persone da aiutare.

Io ho imparato a non accondiscendere d'impulso con chi mi telefona, così come con chi mi ferma per strada. Voglio deprimermi per i mali del mondo quando ho voglia di farlo (abbastanza spesso), fare beneficenza quando ho voglia di fare beneficenza, e soprattutto scegliere fra le cause che mi stanno più a cuore dopo una selezione risultante da una mia indagine attiva, e non da una telefonata non autorizzata.

E visto che ho provato (brevemente) a spiegarlo a una spammer beneficente-decifiente che mi ha riattaccato in faccia, ho deciso di scrivere questo articolo il cui link invierò a chi mi spammerà nuovamente.

Dopo di che, questa la regola:

da ogni associazione che mi ha contattato illegalmente a cui avrò inviato questo articolo, voglio vedere un segnale di ravvedimento. Cioè, se stai leggendo questo articolo dopo avermi contattato per chiedermi quattrini, ecco cosa voglio dalla tua associazione:
  • voglio che scrivi al mio indirizzo di posta elettronica un messaggio in cui mi assicuri di aver cancellato ogni mio dato da qualsiasi vostro archivio, e che non mi ricontatterete mai più;
  • voglio che nel suddetto messaggio mi prometteti che, come da disposizioni di legge, prima di continuare l'attività di telemarketing, chiederai al Garante della Privacy l'elenco degli iscritti al Registro Pubblico delle Opposizioni, per evitare di chiamare le persone incluse in tale lista che non ti hanno autorizzato a farlo.
Per adesso scriverò qui sotto il nome della tua associazione, affinché i lettori possano capire in che modo vi comportate e di conseguenza prendano una decisione più consapevole sull'opportunità di finanziare voi o un altro ente dal comportamento più corretto.
Lo cancellerò dopo che mi avrai inviato il segnale di ravvedimento nelle modalità su descritte. Dopo di che, se mi spammerete di nuovo o se verrò a sapere di una nuova vostra violazione della legge sulla privacy di una qualsiasi altra persona, il vostro nome verrà inserito di nuovo senza più possibilità di cancellazione.

ELENCO DELLE ASSOCIAZIONI E DELLE AGENZIE CHE MI HANNO SPAMMATO:

Pantheon srl (www.pantheonsrl.it)
Showtime (www.showtime-italia.com )

Liberare spazio su un cell Android che finge di essere pieno

Capita che un cellulare o altro dispositivo con sistema operativo Android, dica di avere la memoria piena, quando invece risulta libera una gran quantità di memoria.

Di seguito descrivo i due motivi per cui si manifesta il problema e le relative soluzioni da attuare.

1)

Nei cellulari Android alcune applicazioni vengono installate in un compartimento della memoria invisibile, che non è lo stesso di dove vengono salvate foto, filmati e file vari, quest'ultimo visibile all'utente; quando la memoria destinata alle applicazioni finisce, Android te lo notifica (la possibilità di sottrarre dello spazio della memoria di stoccaggio dedicandola alle applicazioni c'è solo per alcuni cellulari, che non sono quelli vecchi come ad esempio un Galaxy S2).

Inoltre ci sono applicazioni che non è possibile rimuovere: per far sì che occupino meno spazio possibile devi accontentarti di eliminare i loro aggiornamenti che sono stati scaricati e tenere installate sullo smartphone la loro versione di fabbrica, che sicuramente pesano meno. Ecco come fare:

- Tocca l'icona del menù in basso a sinistra

- Vai su Impostazioni --> Gestione Applicazioni

- Nell'elenco scegli un'applicazione che non ti serve

- Scegli "Cancella dati" e e conferma la scelta con Ok

- Tocca "Disinstalla aggiornamenti" e conferma la scelta con Ok.
Così facendo la versione aggiornata dell'applicazione in questione sarà sostituita con la versione che era presente al momento dell'uscita in commercio del cellulare, una versione che certametne occupa meno spazio. In effetti ancora meglio sarebbe cancellare definitivamente le applicazioni non usate, ma per alcune è impossibile farlo.

- Ripeti l'operazione con le altre applicazioni che non usi

2)

Durante un tentativo di aggiornamento o di installazione di un'applicazione, dà un messaggio tipo

“Spazio di archiviazione disponibile insufficiente”

e sul display in alto vedi il simbolo di un disco che indica la memoria piena; trovi un messaggio sulla memoria piena anche nello spazio dei nuovi messaggi che si vede strisciando dal margine superiore fino al margine inferiore dello schermo.

È un messaggio riferito alla memoria volatile detta RAM, che su certi dispositivi è di dimensioni piccole, al contrario della memoria usata per l'archiviazione. Per risolvere questo problema non c'è bisogno necessariamente di fare il reset di fabbrica.

Di seguito espongo la soluzione che ho trovato e sperimentato con successo, e che ho letto funziona con Galaxy S2, S3, S4, S5, Galaxy Ace, Next, Turbo (e non col Samsung Galaxy Tab),

...e che funziona anche nel caso di un altro messasggio di errore, e cioè

“Codice errore sconosciuto durante l’installazione dell’applicazione: 919″

Due semplici passi:

- Con lo stesso tastierino su schermo usato per digitare numeri telefonici, digita il codice

*#9900#

- Nel menù che compare, seleziona la voce “Delete dumpstate/logcat”. Se non c'è questa voce, cerca la voce "delete dump" (quest'ultima dicitura è riportata ad es. nel Galaxy S3).

A questo punto il cellulare, se veramente è disponibile dello spazio nella memoria di archiviazione, non si rifiuterà di eseguire un aggiornamento o di installare un'applicazione, a meno della presenza di altri problemi.

19 marzo 2016

I rischi che non sanno di correre i mariti aguzzini e simili (MalaSpeak 13)

Questo è il 13° episodio del videoblog MalaSpeak. Un episodio monotematico. Tutto incentrato su un argomento abbastanza noto, ma che noi abbiamo qui affrontato da un altro punto di vista. Buona visione. O, se preferisci, buona lettura delal più o meno trascrizione, sotto al video.

...O, se preferisci, buon ascolto della versione audio: puoi scaricare l'Mp3 cliccando qui.



In alcune delle puntate precedenti abbiamo già parlato di violenza sulle donne, ci siamo rivolti alle donne vessate dai mariti aguzzini consigliando di denunciare subito, senza aspettare e senza sopportare.
Ma non abbiamo ancora parlato di possibili vie d’uscita dallo stato di prigionia familiare extra-istituzionali. Abbiamo solo accennato a situazioni del tipo: la donna denuncia e, in attesa del processo, il marito per vendicarsi la ammazza. Oppure il marito si prende tot anni di galera, e quando esce di galera la ammazza.
Brutto dirlo, ma purtroppo a volte la giustizia non aiuta.

Cosa può fare una donna se teme tutto questo? Ne parliamo in questa puntata monotematica. A che scopo? Per istigare la donna vessata a adottare metodi illegali? No, perché sarebbe istigazione al reato e saremmo perseguibili penalmente. Lo facciamo per avvertire il marito violento. Attento, marito violento, perché tua moglie, esasperata dalle umiliazioni che le infliggi, potrebbe vedere solo una via d’uscita, e cioè ammazzarti (perché una via di mezzo, cioè renderti inoffensivo per un tempo limitato significherebbe esporsi alla tua terribile vendetta).

Tua moglie potrebbe confidare sul fatto che il Giudice capirà i suoi motivi e le dia una pena minima (che comunque è sempre meglio che essere in pratica carcerata e picchiata da te per tutta la vita) o addirittura la dichiarerà innocente.
Ricorda, marito violento, che lei per ammazzarti non ha bisogno di fare anni di allenamento in palestra per diventare più forte di te oppure di acquistare una pistola da un criminale criminello di strada. Le basta uno di quei coltelli che avete in cucina. Oppure, se non ce n’è uno che taglia a sufficienza o che non è appuntito per infilzarti, lo può comprare in un negozio di casalinghi.

Magari sei un gran fusto atletico e lei è una poverina mingherlina che riusciresti a disarmare?
Potrebbe infilzarti o fracassarti il cranio mentre dormi.
Hai un sonno leggerissimo e adesso che ti ho detto questo ce l’avrai ancora più leggero, e anzi, farai finta di dormire quando sospetterai un suo attacco notturno per poter contrattaccare?
Possibile, se sei in buone condizioni metaboliche e se non ti sei appena addormentato dopo esserti riempito di vino o altri alcolici.

Ma metti che lei abbia mimetizzato dell’appetitoso veleno per topi all’interno del saporitissimo sugo che ha cucinato per te. O che si sia informata su come stordirti procurandosi una potente droga da metterti nella tua acqua o nel tuo vino, o che si sia informata su quali funghi velenosi cucinarti per stenderti.
Metti che mentre accusi un grosso malore, ti dice che sta chiamando il 118, mentre in realtà sta solo facendo finta, e l’ambulanza non arriverà mai.

Stalker
Eh. Adesso che ti abbiamo messo la pulce nell’orecchio l’ambulanza preferirai chiamarla tu, eh?
Non sappiamo se prima che arrivi l’ambulanza il tuo malessere peggiorerà fino a renderti incapace di difenderti da una coltellata da parte di tua moglie, ma fossi in te non rischierei.
Perché vedi, questi che ti abbaimo fatto sono solo degli esempi. E la necessità aguzza l’ingegno. Tua moglie potrebbe progettare la tua eliminazione nei minimi dettagli, e per settimane calcolerà tutti i “se lui fa questo… e se non dovese funzionare quest’altro, eccetera”. Sia dal punto di vista pratico, sia dal punto di vista del rapporto con le istituzioni. Magari deciderà di costituirsi subito per elemosinare la comprensione del giudice, oppure con la sega che avrà comprato pochi giorni prima taglierà il tuo cadavere in tanti pezzetti di pochi centimetri l’uno per poi buttarli nella pattumiera dell’organico, dandoti per misteriosamente scomparso.

Insomma, se hai deciso di fare di tua moglie un giocattolo da usare e maltrattare quando vuoi, sappi che non sei mai al sicuro. Sappi che se lei si rende conto di aver vissuto per tanto tempo come una prigioniera senza averne avuto nessuna colpa, potrebbe decidere di progettare una ribellione, e nel momento in cui la starà progettando non potrai accorgertene: farà tutto nella sua testa. Durante il periodo della pianificazione continuerà ad atteggiarsi a donna sottomessa finché, a preparazione ultimata, arriverà la resa dei conti. Sì, è possibile che questo accada anche se non è accaduto niente del genere per 1 anno, 5 anni o 20 anni.

Adesso che lo sai non ti senti più così al sicuro, vero? Magari hai paura che una donna abbia visto prima di te questa puntata di MalaSpeak e abbia detto “Hei, è vero, potrei ammazzarlo”. E da ora in poi senti la necessirtà di essere in allerta tutto il giorno come un pentito di mafia a cui hanno tolto la scorta. Devi stare attento a quello che mangi, a quello che bevi, a quello che succede mentre dormi… sapendo che non potrai mai stare abbastanza attento da procurarti una protezione completa. Un po’ come una donna maltrattata: deve sempre stare attenta, sapendo che comunque il pericolo di subire violenza è sempre in agguato. Ma tu i motivi per i quali dovresti avere paura li hai solo immaginati per pochi minuti ascoltando le nostre parole, mentre tua moglie li ha vissuti con la sua esperienza reale per un lungo periodo. Quindi non possiamo dire “adesso sai come ci si sente”, ma possiamo dirti che se ti senti un po’ meno al sicuro dopo questa puntata di MalaSpeak, moltiplica questo disagio per centomila, e ti avvicinerai forse un pochino a capire come tua moglie si sente. Non solo come si sente mentre la picchi e la insulti, ma come si sente durante tutto il giorno, mentre vive consapevole di essere una tua vittima. E quindi, violento come sei, capirai facilmente che… hai presente quando prima di picchiarla dici “Adesso ti do una lezione?” Ecco, se deciderà di ammazzarti, potrai essere contento che lei la lezione che le avevi impartito ha dato buoni frutti.

Tutto questo naturalmente vale non solo per il marito violento e la donna sottomessa, ma anche per l’ex-marito o ex-fidanzato stalker e l’ex-moglie o ex-fidanzata perseguitata.
O anche per uno stalker e la donna che ha preso di mira senza aver avuto con lei alcun rapporto di coppia.
Sì, perché anche in questi casi, in cui la donna si è accorta che minacce legali o azioni legali sono inefficaci o addirittura peggiorative della propria situazione, potrebbe fingersi accondiscendente alle tue proposte dopo aver pianificato la pulizia del pianeta dalla spazzatura che tu sei.


18 marzo 2016

Io non capisco gli scioperi. Aiutatemi.

Una cosa non ho mai capito sugli scioperi. Anzi, di più. Sostituisco "su" con due punti. Riformulo. Una cosa non ho mai capito: gli scioperi.

Non voglio, in questo articolo, intavolare una discussione politica sulla giustezza di questo strumento che la legge assicura ai dipendenti di privati e dello Stato. Si tratta proprio di un meccanismo che non riesco a capire.

Si dice che lo sciopero è un modo per comunicare un dissenso al proprio datore di lavoro.
Se io sono un dipendente e voglio comunicare un qualunque concetto al mio datore di lavoro, compreso un dissenso, a ciò dovrebbe essere sufficiente dirglielo nella lingua che entrambi parliamo, e cioè nella fattispecie l'italiano.
Mi pare che lo sciopero non significhi comunicare col proprio datore di lavoro. Anche perché, per legge, prima di scioperare occorre darne notizia e spiegarne il motivo.

Quindi dopo che il datore di lavoro ha letto l'apposito documento e capito la ragione dello sciopero (se non ha capito qualcosa può sempre chiedere delucidazioni con uno qualsiasi degli aspiranti scioperanti), la comunicazione è avvenuta, dunque di quello "sciopero che serve a comunicare il dissenso" non ci dovrebbe essere più bisogno.

Ma viene fatto comunque. E io non capisco perché.

Infatti mi pare che siano due i casi che hanno senso:

1)

Il datore di lavoro dice "Mi state dicendo che avete intenzione di scioperare perché non vi concedo X... pensandoci bene avete ragione, eccovi X", e lo sciopero non si fa;

2)

Il datore di lavoro dice "No, X non posso e/o non voglio concedervelo, è inutile che scioperiate". E una volta che ha dato questa risposta, a che pro scioperare, dato che ha appunto detto che non servirà?

Consideriamo poi gli scioperi durante i quali, invece che starsene a casa, i dipendenti organizzano un corteo con artelli e striscioni. I messaggi scritti su quei cartelli e su quegli striscioni a chi sono rivolti? Al datore di lavoro? Questo avrebbe senso solo nel caso in cui il datore di lavoro avesse problemi di vista e avesse bisogno di scritte più grandi rispetto a quelle riportate sulla lettera di avvertimento dello sciopero. Oppure si potrebbe fare un discorso analogo con i problemi di udito che rendono necessaria una comunicazione con un megafono.
E visto che queste mie considerazioni sono grottesche, e al tempo stesso sono le uniche che mi vengono in mente se voglio forzare il signifciato di sciopero e manifestazione come "comunicazione del dissenso al datore di lavoro", ci dev'essere dell'altro.
 
Cioè con gli striscioni e i megafoni rivolgo un messaggio a te, datore di lavoro, ma in realtà l'obiettivo vero è che di questo messaggio vengano a sapere più persone possibili. Ma neanche questo ha un gran senso, la maggior parte delle volte. Infatti se viene fatta una manifestazione ad esempio da parte di operaie di una industria tessile, alla maggior parte dei passanti o ai telespettatori non gliene importa granché. Sul momento potranno dire "Oh beh, hanno ragione", senza che le vendite da parte di quella ditta calino di un solo euro. In compenso, le uscite diminuiranno, dato che la ditta non dovrà pagare gli stipendi delle persone in sciopero.
Nei casi poi in cui vengano danneggiati gli utenti dei servzi, l'effetto che si vorrebbe ottenere potrebbe essere l'opposto. Tipico esempio sono gli scioperi nell'ambito dei trasporti. Se tu, ferroviere, vuoi comunicare a me, cittadino, quanto è bastardo il tuo datore di lavoro (e io che ci posso fare??), e lo fai danneggiando me e facendomi stare 4 ore in più ad aspettare un treno, la mia solidarietà non l'avrai di certo. non so consigliarti un modo efficace per far valere i tuoi diritti. Però posso dirti che questo di sicuro non va bene, dato che io non c'entro nulla e al tempo stesso sono l'unico che tu danneggi con questa azione oltre a te stesso per via del tuo mancato stipendio. Se tu sei arrabbiato col tuo datore di lavoro e te la rifai con me, io sto col tuo datore di lavoro e spero che ti bastoni ancora più forte. Mi pare normale.
Forse mi sfugge qualcosa. Ma non ci arrivo proprio. Aiutatemi. Spazio ai commenti.

10 marzo 2016

Blogger.com: webmaster e risorse per imparare

sito blogger.com
Per mettere su un blog anche professionale, oltre che l'ottimo Wordpress, si può considerare l'uso di Blogger.com, la piattaforma che Google gentilmente mette a disposizione senza alcuna spesa annuale (tranne, eventualmente, il dominio, che è acquistabile anche altrove).

Chiaramente occorre sapere come personalizzare la grafica e le varie funzioni, oppure trovare un webmaster in grado di farlo e di fornire una buona e pronta assistenza. Dico questo perché personalizzare un blog fatto con Blogger.com è decisamente meno facile che lavorare su Wordpress quando si parla di modifiche che escono un po' dallo standard.

E non sono molti, in effetti, i webmaster che si sono ben formati per trafficare con sufficiente professionalità per la personalizzazione di un blog su Blogger. Una è...

Alex Bonetto, autrice di http://cecrisicecrisi.blogspot.com
 
Se vuoi tu stesso imparare a ottimizzare un blog Blogger, allora puoi servirti di vari risorse gratuite che trovi sul web. Quelle in italiano che conosco sono:

www.ideepercomputeredinternet.com, blog di Ernesto Tirinnanzi

http://cecrisicecrisi.blogspot.com di Alex, che ho menzionato sopra