Il telefono fa un suonino. In condizioni normali (ovvero se il telefono non è ammutolito) il proprietario o la proprietaria del telefono sono distratti e spinti a controllare chi è e cosa vuole. E se si tratta di un molestatore / molestatrice, così classificabili per non venire incontro alla richiesta di smetterla di rompere, l'invio di quell'SMS è una molestia.
Giusto?
Non secondo la sentenza della prima sezione penale della Corte di Cassazione del 29 aprile 2005 n. 18449 depositata il 17 maggio 2005, che ha assolto un imputato dall'accusa di molestia previsto dall’articolo 660 Codice Penale, poiché tale forma di comunicazione, realizzata in forma scritta e non orale, non sarebbe apparsa idonea a ledere il bene giuridico della privata tranquillità, tenuto conto che la norma è stata creata nel momento in cui erano concepibili solo messaggi vocali e tenuto conto del fatto che gli SMS erano stati inviati in periodo diurno.
Ma attenzione: quest'orientamento è ribaltato da un'altra sentenza del 2006 e non solo, come si legge nell'articolo di Altalex intitolato "Come l'SMS diventa reato"
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