01 febbraio 2016

Non ti paga e vuoi scriverlo su Facebook? Fai MOLTA ATTENZIONE

In un articolo del 9 novembre 2015 L'avvocato Stefano Comellini ha pubblicato su Linkedin un post intitolato "Non mi paghi le fatture? E io lo scrivo su Facebook!". Il post parla di una sentenza del Tribunale di Roma che aveva dato torto a un debitore inadempiente in seguito alla sua richiesta di rimozione da Facebook di un presunto post diffamatorio... che diffamatorio non è stato ritenuto, visto che riportava la verità, e cioè il debitore era effettivamente inadempiente.

L'entusiasmo dei creditori che leggono post del genere non dev'essere però troppo affrettato, come si legge in vari commenti nella stessa pagina, i cui concetti fondamentali riassumo di seguito:

- Il contenuto pubblicato deve riportare fatti che siano non solo veri, ma anche dimostrabili. Non è quindi sufficiente agire secondo il concetto "Male non fare paura non avere".

- Il creditore deve aver ragione in maniera inequivocabile. L'autore deve quindi chiedersi se esistono elementi che potrebbero mettere in dubbio il fatto di essere dalla parte della ragione. Come ha osservato un commentatore, se le sentenze vengono più volte ribaltate, figuriamoci quanta cautela dovrebbero avere i privati cittadini nel decidere chi ha ragione e chi ha torto.

- Il contenuto pubblicato deve contenere fatti di interesse pubblico. Se un debitore non ti paga il fatto è di interesse pubblico? In questo caso il tribunale ha deciso che è così (probabilmente ha ritenuto che lo sia, nel senso che altri potenziali creditori saranno utilmente messi in guardia da quel debitore inadempiente), ma non è detto che sia così sempre.

- Il contenuto dev'essere esposto in maniera corretta, cioè non ci devono essere accostamenti suggestivi o espressioni offensive

- In Italia, come ho spiegato nell'articolo No, una sentenza della Cassazione NON ti mette al sicuro, le sentenze non hanno valore legislativo. Quindi un processo del tutto analogo in futuro potrebbe avere una sentenza diversa, emessa da un Giudice che la pensa in maniera diversa.
 
Per questi motivi lo stesso Stefano Comellini in un commento ha scritto

Consiglio di evitare il ricorso ai social network o ai blog per fare "pressione" sui debitori o per "vendicarsi" per mancati pagamenti.

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