Stamattina ho partecipato per qualche rigo a una discussione su Facebook su animali maltrattati e metodi su come ridurre la sofferenza di un pesce da parte di chi pratica la pesca cosiddetta "sportiva". Una persona è intervenuta specificando di essere contraria alla tortura gratuita.
Scrivo qui una riflessione sul concetto di "gratuito".
In questo caso con questa parola si intende "senza ricavarne un plausibile beneficio". Dunque il significato non è univoco, perché il concetto di "plausibile" è soggettivo.
Chi è a favore della pesca, o della caccia, o dello sfruttamento di animali necessario per produrre il latte pensa "mi sta bene provocare sofferenza a questi animali, e non la considero gratuita poiché dà a me un beneficio che ritengo plausibile, e cioè mi piace il loro sapore".
Chi pesca per sport pensa "mi sta bene provocare sofferenza ai pesci [puoi avere tutte le accortezze che vuoi, ma il pesce non se la gode di sicuro], e non la considero gratuita, perché dà a me un beneficio che ritengo plausibile, e cioè mi diverto a pescare".
Stessa cosa per chi organizza i combattimenti di galli o di cani. Basta togliere "mi piace il loro sapore" o "mi diverto a pescare" e sostituirli con "mi diverte vederli lottare".
Io ritengo non plausibile allevare animali in modo intensivo o pescare o cacciare, perché:
- non è indispensabile per sopravvivere (a meno che per situazioni di emergenza costituisca l'unico modo, ma in questo caso è plausibile anche il cannibalismo)
- non è indispensabile per godere di una sufficiente soddisfazione nel mangiare (è anche una questione di abitudine, e qui si potrebbe aprire un discorso sull'abituare i bambini a un certo tipo di alimentazione)
- il beneficio organolettico derivante dal mangiare animali e il divertimento nel pescare e sparare, qualunque essi siano (Mah!), sono sproporzionati rispetto alla sofferenza degli animali in questione.
Quindi secondo me sia l'allevamento intensivo, sia il consumo di latte e derivati, sia la pesca ai fini alimentari, sia la pesca ai fini di divertimento, sia la caccia (ricordo che se spari a un uccello o a un capriolo non sempre muore sul colpo) sono da considerare, con buona approssimazione, torture gratuite.
Nota: per quanto riguarda gli allevamenti non intensivi ai fini alimentari, ipotizzando una vita e una morte senza sofferenza degli animali, non mi sento spinto a mangiare carne comunque. Dopo che ho preso coscienza di quanto affetto può dare un bovino o un maiale o un agnello o un coniglio, l'idea di mangiarli mi mette esattamente lo stesso ribrezzo che mi metterebbe mangiare un gatto o un cane.
...E a proposito dei nostri amici gatti (carnivori) e cani (prevalentemente carnivori), come sfamarli?
Allevare bovini, maiali e polli per trasformarli in cibo solo dopo la loro morte naturale (o eutanasia quando versano in gravi condizioni di salute)?
Questo farebbe della carne un alimento super-costoso e inoltre non riusciremmo a sfamare tutti i cani e tutti i gatti presenti, ad esempio, in Italia.
Dunque una soluzione è la riduzione del numero di cani e gatti grazie alla loro sterilizzazione, e la raccomandazione di provare a dare ai cani gli appositi mangimi vegani (sì, esiste, e si tratta di alimenti che forniscono tutti i principi nutritivi necessari per il cane).
Per fortuna in futuro a costi analoghi a quelli che oggi ha la normale carne sarà disponibile sul mercato la carne sintetica.