28 ottobre 2024

La nostalgia tossica e ascientifica della leva militare obbligatoria

In questo post del 23 maggio scorso, lo scrittore comico curatore della pagina Facebook "Dio" ha trattato il ritorno della leva militare obbligatoria, tema che come una fastidiosa eruzione cutanea riemerge ciclicamente nel dibattito pubblico italiano. L'ultima volta grazie al solito Matteo Salvini (che rimase iscritto per anni all'università senza mai finirla, per abbandonarla proprio quando era passato il tempo necessario per far scadere l'obbligo di arruolarsi).

Lo scrittore racconta la sua esperienza di leva, e quello che emerge è un quadro desolante: invece di forgiare giovani disciplinati e responsabili, la caserma si rivela essere un'incubatrice di vizi. Si impara a:

  • bestemmiare
  • fumare
  • bere smodatamente
  • scansare il lavoro senza farsi beccare

Nei commenti al post ho trovato altre testimonianze che parlano di cose che già un po' tutti sappiamo: nonnismo, violenza psicologica, ruberie dalle dispense da parte di militari di alto grado, e un generale abbrutimento del carattere dei giovani, altro che buona formazione.

Niente che ricordi una scuola che migliora la disciplina.

Poi c'è la storia di quel signore che orgogliosamente presiedeva l'associazione degli Alpini, la cui esperienza militare era stata di 5 giorni, dopo i quali era stato congedato.

Al di là delle esperienze personali, ci sono almeno tre motivi per cui il ritorno della leva obbligatoria è un'idea stupida:

- Costi insostenibili: in un'epoca di spending review e tagli al bilancio, chi pagherebbe per mantenere centinaia di migliaia di giovani in caserma per un anno? Solo l'alloggio, il vitto e le uniformi costituirebbero un salasso per le casse dello stato.

- Inutilità pratica: gli eserciti moderni hanno bisogno di professionisti altamente qualificati, non di ragazzi demotivati che contano i giorni che li separano dal congedo. La tecnologia militare è complessa e in continua evoluzione: non basta più imparare a marciare e sparare.

- Ingiustizia dell'obbligo indiscriminato: anche se per qualcuno la vita militare fosse formativa (e non ci sono evidenze scientifiche che lo dimostrino), non ci sarebbe motivo di imporla a tutti. Sarebbe come prescrivere lo stesso farmaco a tutti i cittadini, malati e sani, solo perché "fa bene alla salute".

A proposito di evidenze scientifiche, ho cercato studi sull'efficacia educativa del servizio militare obbligatorio e non ne ho trovati. C'è invece uno studio pubblicato sul Journal of Public Economics ("The Long-Term Effects of Military Conscription on Educational Attainment and Wages") secondo cui la leva obbligatoria ha un impatto negativo sia sul livello di istruzione che sui futuri guadagni dei giovani coinvolti.

Come ha scritto efficacemente il giornalista Luca Sofri sul Post,

La nostalgia per la leva obbligatoria è come la nostalgia per il mal di denti: un ricordo selettivo che cancella il dolore e mantiene solo una vaga sensazione di "esperienza formativa"

L'idea della leva obbligatoria come panacea per i "giovani d'oggi" viene sostenuta solo da chi non conosce strumenti migliori per affrontare le sfide educative del presente. È la versione militarizzata del "ai miei tempi sì che...", un mix tossico di nostalgia acritica e autoritarismo da quattro soldi.
Se vogliamo davvero aiutare i giovani, investiamo nell'educazione, nella cultura, nello sport e quando necessario investiamo in una costruttiva rieducazione.

16 luglio 2024

Email Phishing con oggetto "Copy of: Qual e la tua canzone italiana preferita?"

Stamattina ho ricevuto un'email dalo strano indirizzo enola77lueilwitzyca@hotmail.com, con oggetto "Copy of: Qual e la tua canzone italiana preferita?".

Ops. Il/la mittente si è dimenticato/a di ottimizzarlo, quest'oggetto. Così insospettisce un po' troppo.

Ecco il testo dell'email:

Caro marco, Spero che tu stia vivendo una meravigliosa giornata! Mi chiamo Natalia, e voglio iniziare questa lettera esprimendo la mia gioia nell'averti conosciuto virtualmente. È sempre un'emozione speciale fare nuove conoscenze, e la tua presenza nella mia casella di posta ha portato un sorriso al mio viso. La primavera è finalmente arrivata, e con essa nuove opportunità e speranze. Auguro che questo periodo di rinascita porti gioia e successo nella tua vita. È incredibile come il cambiamento di stagione possa influenzare il nostro spirito e ci spinga a nuove avventure. Desidero condividere con te un po' di me stessa: sono una persona che apprezza la sincerità, la fiducia e l'onestà nelle relazioni. Credo che la chiarezza nei sentimenti sia fondamentale per costruire connessioni significative e durature. Spero che tu condivida queste stesse idee e che possiamo instaurare un dialogo aperto e sincero. Mi piacerebbe conoscere di più su di te, i tuoi sogni, le tue passioni e i progetti che hai per il futuro. Che cosa ti aspetti dalla vita in questa nuova stagione? Per quanto riguarda me, sono una persona appassionata di fotografia, e come gesto speciale vorrei condividere alcune delle mie foto con te. Le immagini possono raccontare storie, e spero che le mie ti ispirino. Infine, vorrei sottolineare quanto mi farebbe piacere se decidessimo di continuare a comunicare regolarmente. Penso che la costruzione di un legame profondo richieda tempo e impegno, ma sono pronta a dedicare entrambi per scoprire cosa il futuro ha in serbo per noi. Ti lascio il mio indirizzo e-mail, così potremo continuare a scambiarci pensieri e speranze: nataliasmart@postatuo.store. Non vedo l'ora di ricevere una tua risposta e imparare di più su di te. Con affetto, Natalia

Vorrebbe che io le scrivessi non all'indirizzo a cui mi ha mandato l'email, ma a un altro, con dominio "postatuo.store". Un'email che inizia con "nataliasmart", che tanto smart non mi pare (va beh, bisogna vedere in confronto a chi, ma insomma...). Ho visitato postatuo.store, e ho trovato questa schermata:

"Questo dominio è stato recentemente registrato con Namecheap".

Tutto qui.

Va beh, visto che questo blog per motivi a me ignoti è mal indicizzato da Google, volevo inserire per primo il suddetto testo, così magari le persone che avranno ricevuto lo stesso messaggio e che cercheranno un pezzettino di quell'email sul suddetto motore di ricerca visiteranno questa pagina e il blog salirà leggermente nel ranking.

E in più, naturalmente, fugherò il dubbio che a qualcuno potrà essere venuto in mente: sì, non l'hai ricevuto solo tu, quel messaggio. Non per nulla il suo oggetto (a meno di revisioni successive) iniziava, ripeto, con "Copy of".

23 giugno 2024

Ignavi di merda

La prof. Yasmina Pani, linguista, proprietaria dell'omonimo canale Youtube e co-curatrice del canale Coscienza De-Genere, ha scritto recentemente un post su Facebook che mi ha dato il permesso di incollare qui. Esprime esattamente quello che ho pensato più volte, e le sono quindi grato di averlo scritto, così non l'ho dovuto scrivere io. Buona lettura.

Ultimamente mi capita spesso che, quando prendo posizione contro certe abitudini culturali, certe mentalità, certe convinzioni errate ancora diffuse, gli utenti non solo dei miei social ma in generale obiettino che dovevo aspettarmelo, che tanto funziona così, è normale ecc. Lo dicono per la questione giudizio negativo sulla libertà sessuale; lo vanno dicendo da ieri dopo che quella fogna di Dagospia ha pubblicato una roba indecente su Luiza e lei ne ha parlato su Coscienza DeGenere; lo dicono sulla questione disparità tra uomini e donne; su ciò che non va nella scuola, sugli editori che pubblicano libri scritti col culo, ecc ecc.

Un generalizzato atteggiamento arrendevole che non si limita però a sedersi al lato della strada mentre gli altri fanno le lotte, ma le ostacola anche: chi lotta viene perfino rimproverato perché è ingenuo, perché perde tempo, perché ha perso in partenza.

Io non è che voglia credermi Che Guevara: so benissimo che la parte che faccio è piccolissima e ha un impatto infinitesimale sui grandi problemi del mondo. Ma se tutti avessero sempre ragionato così, non sarebbe mai cambiato niente, le donne sarebbero ancora costrette a stare a casa o a uscire solo se coperte e sotto autorizzazione, gli omosessuali dovrebbero nascondersi, gli uomini non potrebbero cambiare il pannolino al proprio figlio, e così via. Le mie sono di certo lotte molto più modeste rispetto a queste grandi rivoluzioni, di cui sarò eternamente grata. Ma sono quelle che ho scelto e che ritengo che, una volta vinte (perché accadrà senz'altro, almeno per alcune, che io sia ancora viva per vederlo o no), miglioreranno la vita di tutti. E del resto non vedo in che altro modo uno possa sperare di ottenere le cose se non andando a prendersele.

Voglio essere libera di mostrarmi nuda o di fare porno anche se faccio un altro mestiere? Lo faccio, lotto.

Voglio che i padri vengano considerati al pari delle madri in fase di divorzio? Ne parlo, divulgo, lotto.

Voglio che la sessualità di tutti venga resa libera e sia vissuta serenamente e senza giudizio? Io per prima la vivo, e poi divulgo, lotto.

Voglio che il mondo della cultura torni a essere al centro di un'operazione di educazione collettiva invece di essere ispirato dai follower e dai trend? Mi incazzo, divulgo, lotto.

E così via.

Se ci rimetto in salute, se mi viene il nervoso, se devo passare ore a rispondere alla gente, son cazzi miei: l'ho scelto.

Ma mi fa molto più girare i coglioni dover rispondere ai genietti della lampada che mi dicono "eh ma la gente è bigotta, lo sai" o "eh ma i soldi tirano più della cultura, lo sai" che educare gli ignoranti. Perché gli ignoranti hanno la scusa di esserlo, mentre i genietti sanno che ho ragione io, ma sono troppo pigri per sprecarsi anche solo a scrivere un fottuto commento di sostegno e troppo ammaliati da se stessi per scegliere saggiamente di infilarsi un dito in culo al posto di commentare.

Se voi siete arresi e privi di spirito combattivo son cazzi vostri. Tanto le lotte le fanno gli altri al posto vostro, come è sempre avvenuto; abbiate almeno la decenza di mettervi in un angolo e tacere, invece di ostacolare ulteriormente percorsi già faticosi e logoranti.

Ignavi di merda.

26 maggio 2024

"Non è un problema tuo"

Anche oggi con una riflessione ed un blogpost esorcizzo il fastidio provato durante una conversazione.

Se un problema riguarda non direttamente me, ma un'altra persona, è possibile che io, venendone a conoscenza, mi senta coinvolto (magari solo per il fatto che mi dispiace) e di conseguenza quello diventi in qualche misura un problema anche mio.

Di un problema altrui che invece non mi coinvolge sul versante pratico né emotivo si può invece dire che non si tratta di un mio problema.

L'umana empatia, di cui quasi tutti siamo dotati, chi più, chi meno, a volte si manifesta, e cioè è lodevole; a volte si manifesta in modo eccessivo (e allora si dice che tre volte bono vuol dire bischero); a volte giustamente non si manifesta (e allora si dice che il mal voluto non è mai troppo), altre volte ingiustamente non si manifesta (e allora si dice che si è indifferenti, egoisti o addirittura psicopatici o sociopatici).

Non parlerò in questo articolo di casi in cui secondo me è giusto o non giusto che ci facciamo guidare o no dall'empatia. Parlerò piuttosto delle parole e dell'atteggiamento con cui si fanno affermazioni sull'empatia propria e altrui.

Inizio da una frase che mi sta invero antipatica:

"Non è un problema mio".

Tipicamente "Non è un problema mio" significa "Non è un problema mio, ma di una persona la cui sofferenza mi lascia indifferente".

"Significa" nel senso che possiamo dedurre quel significato. Non nel senso che il parlante davvero ammetterebbe che quello è il significato.

Provate infatti, dopo aver sentito dire "Non è un problema mio", a chiedere "Quindi non te ne importa nulla?". Secondo il significato su riportato, la logica risposta dovrebbe essere "No". E invece la risposta sarà la semplice ripetizione della frase già detta.

- Non è un problema mio
- Quindi non te ne importa nulla?
- Non è un problema mio.

No, non gliene importa nulla, ma a quanto pare questa è una posizione così vergognosa che può essere sottintesa ma non pronunciata; al suo posto dev'essere pronunciata solo la codarda ed implicita frase che dovrebbe giustificarla (ricorda il tipico scenario che si ottiene quando si chiede a un politico di destra italiano se è antifascista).

Giustificarla in che modo? Facendo appello al concetto secondo cui un problema lo deve risolvere chi ce l'ha. Un concetto rozzo e grossolano, apparentemente valido solo di primissimo acchito e che necessita di pochi decimi di secondo per essere scardinato, esattamente come "Non ti presto il pennarello perché è mio". Ma l'aspetto psicolinguistico è un animale di poche pretese. Basta che un'espressione sia anche solo lontanissimamente somigliante a qualcosa di meno sbagliato e viene subito scelta, non importa se a un orecchio un minimo attento risulti una palese supercazzola.

E che è, tutta sta lagna per una supercazzola? È pieno di esseri umani che fanno supercazzole per addolcire l'indigeribile senza riuscirci e anzi risultando ancora più antipatici. Embè?

Ma rileggi il titolo. La cosa peggiora quando si arriva a ciò che mi è toccato sentire oggi. La frase in seconda persona, "Non è un problema tuo". Per di più preceduta da un esplicito "Che te ne frega" (sì, in questo caso è stato esplicitato) di cui doveva essere una giustificazione.

Ecco il centro del mio sfogo.

Se fai un ragionamento del tipo
"Non deve fregartene nulla perché non è un problema tuo",
questo, in ragione dei due possibili significati sopra individuati, può equivalere a due possibili consigli (che non si escludono fra loro):

1) "Questo specifico problema non ti coinvolge, quindi fregatene"

2) "In generale se un problema non ti riguarda direttamente, fregatene"

Nel primo caso sei presuntuoso, dato che assumi affrettatamente che la cosa non mi coinvolge (neanche emotivamente) e dunque non rappresenta per me un problema; se addirittura ti ho appena detto che mi dispiace (come accaduto nella conversazione di oggi) allora sussiste evidentemente proprio il contrario di ciò che affermi, quindi presuntuoso e testone.

Nel secondo caso vuoi fare di me un sociopatico, quindi sei un criminale.

Insomma, se la frase "non è un problema mio" è da patetici supercazzolari ma almeno ha un qualche motivo di esistere, decisamente più assordante mi suona l'allarme anti-scemo se sento dire "non è un problema tuo", fastidiosa esternazione del tutto inutile se non a parlare in realtà di sé stessi (e parecchio male).

23 maggio 2024

MemoryLane: AI per scrivere autobiografie

MemoryLane è una piattaforma che consente di creare un libro personalizzato che raccolga le memorie e le esperienze di una vita.

Il servizio, almeno adesso (maggio 2024), è solo in inglese e dunque può risultare scomodo per chi non lo padroneggia, ma si può aggirare il problema servendosi di un'intelligenza artificiale con cui tradurre sia i testi che forniamo a MemoryLane, sia i testi che MemoryLane crea.

La raccolta dati (testo ed eventuali foto) viene effettuata interfacciandosi con varie piattaforme online, es. Facebook, Instagram, e Google Photos, nonché con dispositivi di archiviazione (computer e dispositivi mobili). Inoltre è possibile scrivere direttamente le informazioni e le memorie utilizzando un'interfaccia tipo chat che consente di rispondere a domande formulate dai creatori del software.

Sulla base di tutte queste informazioni viene creato un libro: un'intelligenza artificiale crea il testo e decide la disposizione delle foto per un layout ottimale, il tutto rispettando la cronologia degli eventi della vita dell'utente, che ottiene così il racconto della storia della propria vita.

Naturalmente anche l'utente può mettere mano alla realizzazione del libro, aggiungendo o modificando titoli, testi e immagini.

Il libro può essere sia un prodotto digitale, sia cartaceo.

Ci sono inoltre opzioni di personalizzazione aggiuntive, ad esempio la creazione di un libro di memorie adatto a un evento specifico come un matrimonio o un compleanno.

L'intero processo di creazione è relativamente semplice e intuitivo. Mentre pubblico questo articolo il costo del servizio è di 19,90 $ al mese.