Credo sia sbagliato limitare le possibilità di cura della salute ai soli metodi che fanno parte dell'Evidence Based Medicine (EMB), cioè di cui è stata validata l'efficacia scientificamente con forte evidenza. Ritengo infatti che anche l'esperienza del professionista della salute e del paziente siano importanti per decidere se un metodo funziona; com'è noto, in certi casi decretare la validità scientifica di un metodo è assai arduo ad esempio a causa della varietà delle caratteristiche dei pazienti e della dipendenza dell'efficacia a seconda dell'operatore.
Questo non impedisce di avere chiaro cosa è scienza e cosa non lo è.
In questo articolo spiegherò alcuni importanti aspetti della medicina scientifica, che spesso con una stortura linguistica dispregiativa viene detta "medicina ufficiale" dai fautori di quella o quell'altra medicina alternativa, che più chiaramente potrebbe esser chiamata "medicina non scientifica" (locuzione che io non uso per dare una connotazione dispregiativa, ma giusto per onestà).
Discutendo della cosiddetta "medicina ufficiale" (o anche "medicina allopatica", termine usato spesso dagli omeopati), saltano fuori varie domande ed esclamazioni, tipo quelle qui di seguito, a cui proverò a dare una risposta.
Nota: quando al punto 7 parlerò di fasi (fase 6, fase 1-3) mi riferisco alle fasi della sperimentazione di un farmaco; se non le conosci puoi leggere la pagina che le spiega sul sito dell'Agenzia Italiana del Farmaco:
Come nasce un farmaco.
1) Chi lo decide cosa è scientifico e cosa no?
Lo decide il fatto che sia stato applicato oppure no il metodo scientifico, che in ogni disciplina ha dei precisi criteri che consentono di stabilire l'evidenza di una correlazione causa-effetto.
In medicina un metodo di cura è considerato scientificamente valido se ciò emerge con forte evidenza dai risultati di ricerche condotte su un campione di popolazione sufficientemente omogeneo, con una corretta analisi statistica dei risultati, e con altri criteri utili ad evitare i bias, e cioè errori di interpretazione dei dati che facilmente un inesperto potrebbe commettere.
2) Ma se una cosa funziona... funziona! Che bisogno c'è di tante ricerche?
Il bisogno di tante ricerche è il bisogno di capire se funziona con una percentuale abbastanza alta di persone (e non con una su venti, ad esempio, di cui è più facile essere impressionati tralasciando gli altri 19 casi), e di capire se funziona per le due caratteristiche oppure come placebo.
3) Ma se anche fosse un placebo che importa? Basta che funzioni!
Nessuno demonizza i placebo, che spesso ha senso utilizzare. I placebo vengono somministrati in alcuni casi, ad esempio nelle case di riposo o negli ospedali. Accade nei casi in cui si sospetta che un dolore sia dovuto all'atteggiamento del paziente di un paziente che sta vivendo una fase psicologica particolarmente difficile. Probabilmente più spesso si dovrebbe iniziare una terapia con un placebo, per capire se davvero c'è bisogno di un principio attivo per migliorare un dolore, e non solo nei suddetti ambiti.
Detto questo, se si discute della validità di uno specifico metodo di cura, si discute della sua validità insita nelle sue caratteristiche, altrimenti tanto vale cambiare argomento e discutere genericamente del modo migliore di presentare un placebo al paziente per avere su di lui la maggior efficacia psicologica possibile.
Fra operatori della salute e aziende occorre chiarezza per questioni di tempo, di soldi e di sapere quello che si sta facendo: non è giusto che tu mi persuada a studiare complicate procedure di un certo metodo di cura se in realtà tutto quello che alla fine avrò imparato e i tre giorni e 500 euro che avrò speso per il tuo corso sono sostituibili spendendo zero euro, inventandomi una cosa a caso e sapendo quello che faccio invece di illudermi sul meccanismo di guarigione.
E dal punto di vista del paziente, pur essendo etica (in alcuni casi) la somministrazione del placebo, il prezzo dovrebbe essere esclusivamente commisurato alla sua produzione, che è molto economica, e all'efficacia psicologica derivante dal prezzo non irrisorio, ma senza esagerare.
Tornando ai metodi di cura che funzionano per le loro caratteristiche e non come placebo, questi esistono perché spesso il placebo non basta e c'è l'esigenza di qualcosa che funzioni di più, specialmente nelle patologie gravi.
Per questo motivo la ricerca scientifica in campo medico tipicamente consiste nell'attribuire validità a un metodo di cura quando questo risulti maggiormente efficace rispetto alla sua non applicazione e rispetto al placebo. Il ricercatore, effettuati i test coi vari gruppi di pazienti, trascrive i risultati e le conclusioni e le invia a una rivista scientifica. I revisori della rivista scientifica hanno il compito di analizzare gli studi inviati, decidere se sono stati condotti in maniera corretta e, in base questo, decidere la loro eventuale pubblicazione. Esistono anche riviste che pubblicano qualunque cosa, anche gli studi di bassissima qualità (le cosiddette
riviste predatorie, che si fanno pagare dagli autori per pubblicare, e che non hanno alcuna attendibilità). Fortunatamente chi è addentro al mondo della ricerca scientifica
sa quali sono e se ne tiene alla larga (accade talvolta che le riviste vengano testate con l'invio di articoli
pieni di errori metodologici, per vedere se questi vengono bocciati o
accettati; un interessante
esperimento fu condotto nel 2013 dal biologo e
giornalista John Bohannon, con risultati sconfortanti, non solo per quanto riguarda le riviste Open Access). I revisori delle riviste più prestigiose, invece, operano una selezione molto severa prima di decidere per la pubblicazione di uno studio.
4) Ma che valore hanno gli studi scientifici? Ogni tanto si sente dire che uno studio è stato smentito da uno studio scientifico successivo!
Infatti non è così semplice. Può darsi che, secondo le conclusioni della ricerca, il metodo di cura preso in esame risulti efficace, ma è importante sapere con quale evidenza lo è. A seconda della qualità dello studio, l'evidenza può essere più o meno alta.
Inoltre un solo studio non basta affinché si possa considerare quel metodo di cura efficace. Per una maggiore sicurezza occorrono più studi, i cui risultati siano concordi (ne parla la dott.ssa Roberta Villa nel suo video "
C'è scritto su Pubmed"). A questo servono gli studi detti "rassegne" e "revisioni sistematiche", i cui autori rileggono di nuovo gli studi pubblicati negli anni nelle varie riviste di buona qualità, effettuano nuove revisioni, selezionano gli studi le cui conclusioni hanno una forte evidenza e, dopo aver messo insieme tutti i dati, elaborano conclusioni certo più affidabili di una singola ricerca (questo dovrebbe chiarire che per dare credito a una tesi non è sufficiente aver trovato un articolo su Pubmed che la afferma: Pubmed non è altro che un indice di tutti gli articoli pubblicati in una grande quantità di riviste scientifiche, ottime e mediocri).
Ecco che chi sceglie di fare il ricercatore in ambito scientifico accetta che, salvo rare eccezioni, il suo lavoro sarà una pur importantissima goccia nell'oceano, e che se quel metodo di cura si rivelerà efficace e verrà messo sul mercato, il proprio nome e cognome si perderà fra quelli del suo gruppo di lavoro, gruppo che a sua volta si perderà nell'elenco dei nomi dei ricercatori degli altri gruppi di lavoro che avranno condotto altri studi scientifici.
Potrà dunque condurre quel mestiere se accetta serenamente che, per la sua importantissima missione, non ci sarà gloria e fama. E sapendo anche che il suo lavoro di mesi potrebbe addirittura rivelarsi inutile perché verrà fermato prima, nel caso in cui non passerà il vaglio dei revisori della rivista scientifica. In questo caso dovrà fare ammenda e proporsi di condurre i propri studi in maniera corretta, imparando dai propri errori.
5) Ma ci sono ricerche falsate su alcuni farmaci che vengono comunque pubblicate da riviste scientifiche il cui staff è colluso con le case farmaceutiche!
Indipendentemente dalla buona fede o dalla malafede di ricercatori e revisori, se uno studio dalle conclusioni fuorvianti viene pubblicato su una rivista scientifica, per fortuna è comunque possibile sbugiardarlo conducendone un altro successivamente.
Vedi su: un'evidenza per essere considerata forte ha bisogno non di un solo studio, ma di più studi, e inoltre necessita l'assenza o la poca presenza di studi dalle conclusioni opposte.
Da notare poi che una casa farmaceutica dovrebbe pensarci due volte prima di operare una truffa nei confronti del mondo scientifico, perché una volta scoperta la sua reputazione ci rimette molto, e con essa anche le sue entrate. Conviene assai di più scoprire, produrre e vendere farmaci che funzionano davvero.
6) Ma se presenti uno studio secondo da cui risulta che un rimedio naturale ed economico funziona meglio di un farmaco nessuna rivista scientifica te lo pubblicherà, perché sono tutte colluse con le case farmaceutiche!
Sì invece. Come ho detto, esistono riviste scientifiche di pessima qualità che pubblicano di tutto (basta pagare). Se invece stai parlando di riviste scientifiche che selezionano gli articoli in maniera rigorosa, e affermi che questa selezione blocca studi che possano ledere gli interessi di una qualche azienda, portami un esempio. Citami uno studio condotto in maniera corretta, che si è visto rifiutare la pubblicazione. In attesa della tua risposta, ti ricordo che il rifiuto di una pubblicazione è sempre accompagnato da motivazioni, che devono riguardare criteri ben precisi e poco soggetti a interpretazioni.
7) Ma ci sono stati farmaci che sono stati messi in commercio e poi sono stati ritirati perché facevano enormi danni! Come la mettiamo? Anche quelli erano stati validati scientificamente!
Uno
dei problemi della sperimentazione dei farmaci (in particoalre della
fase 6) è che molti effetti collaterali si scoprono a distanza di mesi o
anni; alcuni farmaci e/o piani di cura vengono ritirati dal commercio perché
hanno sortito effetti collaterali non riscontrabili nel breve termine
(fasi 1-3) oppure perché non si sono dimostrati migliori rispetto a
cure più vecchie e testate. Chi non capisce questo frettolosamente deduce una collusione tra
ditte farmaceutiche e ricercatori. Ma non si tratta di collusione, né di
un errore del metodo di ricerca: è fondamentalmente un problema tempistico.
Come
per ogni altra scienza non esatta, chi si occupa di ricerca medica non
ha problemi ad ammettere di esser giunto a conclusioni errate, dunque
rettificare e far migliorare sempre più il bagaglio di conoscenze a
disposizione e a beneficio di tutti.
La
validazione scientifica della bontà di un metodo di cura fornisce
un'affidabilità alta, ma non assoluta. È il prezzo da pagare se vogliamo
che continui a esistere una scienza che migliora e salva vite più di
quanto lo faccia il placebo, e che statisticamente apporta benefici in
quantità molto, molto maggiore rispetto ai danni.
Come in svariati altri ambiti, insomma vale il non dover buttare il bambino con l'acqua sporca. Anche ai migliori calciatori capita ogni tanto di fare qualche errore, che se rimane sporadico non costituisce un motivo di licenziamento. Se non ti va bene questo esempio perché non riguarda la salute delle persone, pensa alle norme di sicurezza sul lavoro, che sono fatte con la realistica speranza di minimizzare i rischi di incidenti. Ripeto: minimizzare i rischi. Questo ci si aspetta. Ridurli a zero è un obiettivo a cui non siamo riusciti ad arrivare, neanche quando queste norme vengono rispettate completamente. Questo non è un buon motivo per mettere al bando qualunque costruzione di ponti, edifici, etc.
8) Ma un essere umano non è una statistica! Se per colpa di un farmaco dannoso muore una persona a cui vuoi bene, vedrai quanto poco te ne importa delle statistiche!
Certamente si tende a dare più importanza agli eventi che ci riguardano da vicino e agli eventi che ci emozionano. Ma per dare giudizi obiettivi e razionali non ci si può basare sull'emozione del momento. Se un mio amico muratore è morto cadendo da una impalcatura per via di standard di sicurezza sul lavoro non rispettati per colpa della ditta edile per cui lavorava, può darsi che il mio istinto del momento mi suggerisca di dare sfogo alla mia rabbia e con una palla da demolizione distruggere l'edificio in questione e l'abitazione del suo datore di lavoro. Il che ovviamente non sarebbe la cosa giusta da fare. Analogamente, quando muore una persona per cause iatrogene accertate certo non è un buon motivo per squalificare il metodo scientifico, che già si sapeva essere imperfetto. Solo che quando la medicina fa accadere qualcosa di brutto, ciò fa molto più rumore rispetto ai molti più casi in cui ha fatto qualcosa di buono.
Riassumendo: una persona non è una statistica, ma in mancanza della sfera magica dobbiamo accontentarci di una scienza inesatta, basata sulla statistica. Perché senza sarebbe molto peggio.
9) Secondo la scienza la chemioterapia funziona perché salva tante vite. E i milioni di persone che hanno fatto la chemioterapia e sono morte lo stesso, non le consideriamo?
Premetto che non c'è motivo di parlare specificamente di chemioterapia (se ne parla di più solo perché è particolarmente fastidiosa e perché spesso non sortisce una guarigione, ma solo un allungamento della vita). Inoltre è superficiale parlare solo di morte o guarigione, senza considerare i dati su aumento di sopravvivenza, probabilità di recidive e qualità di vita.
Dunque, parlando in generale di metodi di cura imperfetti (chemioterapia compresa ma non solo), e in generale di risultati migliorativi (guarigione completa ma non solo), la risposta è sì, i milioni di pazienti che muoiono dopo aver usato un certo metodo di cura vengono ovviamente presi in considerazione. Nel prenderli in considerazione occorre, attenzione, evitare di cadere nell'errore di chi dice "Rispetto a tutti i malati di questa malattia, è alta o bassa la percentuale di chi ha un beneficio grazie a questa cura? Se è bassa, significa che quel metodo è da scartare". Il confronto utile da fare è di un altro tipo: occorre mettere a confronto i pazienti che hanno fatto uso di quel metodo con quelli che non ne hanno fatto uso. In base a questo confronto ci si chiede: quali, fra questi due gruppi, hanno riscontrato più frequentemente miglioramenti? Se "solo" il 15% dei pazienti che hanno usato quel metodo ha ottenuto risultati migliorativi, a fronte di un 4% dei pazienti che non ne hanno fatto uso, allora quel metodo, che non è certo la panacea, è da considerarsi meglio di niente e quindi da usare.
Parlando in particolare di tumori e chemioterapia, lo so che al momento per certi tipi di tumore la chemioterapia ha risultati poco soddisfacenti. Ma quando viene somministrata, e cioè quando c'è ragione di pensare che potrà arrecare più beneficio che danno, di solito fa più beneficio che danno.
Sì. Di solito, non sempre. Perché la medicina, lo ripeto, è una scienza inesatta. Questo non significa che faccia le cose a caso.
Grazie alla dott.ssa Laura Ferrari, specializzanda in oncologia ed ematologia, per la revisione di questo articolo.
Aggiornamento 25 novembre 2018:
Finalmente la scienza ha riconosciuto l'efficacia di X! Ora sì che è scienza!
Spesso, no. Finalmente un bel niente. Non c'è nessuna buona notizia. Solo bugie acchiappapolli. Acchiappa lettori di titoli, acchiappa gente che non ha chiaro il concetto di scienza.
Lo dico in occasione di un blog post che ho letto oggi su Facebook, linkato da una mia amica.
L'articolo aveva un titolo del tipo "La scienza riconosce la validità di [metodica che non specifico qui perché non è importante]".
Avrei potuto pensare "Ehi! È stato pubblicato uno studio scientifico sull'efficacia di quella disciplina!".
Avrei potuto pensarlo se quell'articolo non avesse avuto un indirizzo web e un titolo che si fanno riconoscere come tipici del cazzaroblogghista di turno, agli occhi di chiunque abbia un minimo di esperienza di navigazione e spirito critico.
Ho visitato l'articolo, perché ero curioso di sapere se anche questa volta a pensar male ci s'indovina e indovinate un po'... Ci si è indovinato anche stavolta.
Nell'articolo non viene citato nessun elemento che giustifichi quanto scritto nel titolo, cioè non viene citato nessuno studio scientifico a supporto della metodica menzionata. Viene solamente citato una pagina web del sito di un policlinico universitario; alla di tale articolo c'è scritto che fra i servizi erogati dai professionisti della salute che lavorano in tale policlinico c'è anche quella metodica. Tutto qui.
Possibili obiezioni:
Ma il Treccani definisce "scienza" come
"Insieme delle discipline fondate essenzialmente sull’osservazione,
l’esperienza, il calcolo, o che hanno per oggetto la natura e gli esseri
viventi, e che si avvalgono di linguaggi formalizzati" ! Quindi se la disciplina X viene studiata con macchinari e misurazioni, posso dire che è scientifica!
No. Quel paragrafo iniziale della definizione del Treccani dà una definizione generale sulla scienza. Dice cosa essa è,
senza entrare specificamente nel merito dei requisiti che devono avere
quelle osservazioni, quelle esperienze, quei calcoli affinché di scienza
si possa parlare. Se così non fossse, in base a quella definizione si potrebbe dire di una qualunque disciplina inventata a caso, senza
alcuna dimostrazione di efficacia, fatta con calcoli completamente
fuorvianti e conclusioni incoerenti, che fa parte della scienza.
Ma se la tale disciplina è praticata da un eminente professionista della salute / dal personale sanitario del tale policlinico universitario... allora è scientifica!
Deduzione errata. Fra i concetti fondamentali del metodo scientifico c'è il non principio di autorità. Il fatto che una
disciplina venga praticata da un certo tipo di persone con una certa qualifica non autorizza a dire che sia scientificamente validata la sua efficacia.
Ma io non parlavo di metodo scientifico... parlavo di scienza, in generale!
Senza
metodo scientifico non si può chiamare scienza. Se si è onesti si può
parlare al massimo di disciplina, metodo, osservazione, narrazione,
interesse, arte, etc. La scienza, nell'evo moderno, è una cosa ben
precisa e utilizzare questa parola a sproposito genera confusione e
disinformazione.
Se ti interessa davvero sapere cosa è scienza e cosa non lo è, puoi leggere ad esempio la pagina di Wikipedia dedicata al metodo scientifico.