Ieri sera ho conosciuto un "onnivoro bucolico" di quelli che reputo i più difficili da far passare a un'alimentazione vegana.
Sono quelli cresciuti con i nonni che avevano le stalle dove passavano bellissime serate d'inverno, con le mucche che facevano da termosifoni. Sono quelli che da piccoli bevevano il latte fresco della mucca appena munto dal nonno, ma non vedevano mai i vitellini maschi a cui quel latte era rubato. Sono quelli che aiutavano a portar da mangiare ai maiali ed era un divertimento quel momento per loro, perchè potevano rubacchiare qualche patata o due, non vedevano la sofferenza dell'animale rinchiuso all'ingrasso e al buio. Sono quelli che associano la parola "latte/formaggio/pancetta" all'amore per i loro nonni o parenti che facevano quello di mestiere o alle sagre del loro paese, a momenti di festa...
Ieri sera ho capito che per loro, smettere di mangiare prodotti animali è come tradire le loro radici, il loro passato, i loro antenati... E quindi non c'è nessun ragionamento (salutistico, etico ecc.) che tenga. Non cambieranno (mai) finchè non ammetteranno che quel passato bucolico che è nella loro mente è un'immagine falsificata della realtà...
Per loro l'animale da fattoria non è l'animale vero e proprio, con le sue sofferenze atroci e il suo amore per i cuccioli e la sua voglia di libertà e di vita, ma un'idea bucolica e "romanticizzata" (si dice così?) del loro passato.
E a quella sono legati.
Ammettere le torture e le sofferenze degli animali vorrebbe dire ammettere che i loro amorevoli nonni/nonne erano persone con poca sensibilità o consapevolezza, che vivevano grazie allo sfruttamento altrui e che uccidevano e schiavizzavano senza problemi degli innocenti....
Non un' ammissione da tutti.... purtroppo.