24 giugno 2017

Sicurezza negli stadi: efficacia inglese e stupidità italiana

tappi di bottiglie sequestrati dalla polizia ai concerti e alla partite
Come concordato con un mio amico (che preferisce non essere citato), pubblico alcune considerazioni da lui scritte nel corso di una discussione sul sequestro di tappi di plastica e più in generale sulla sicurezza nelle manifestazioni agli stadi come concerti e partite di calcio. Ha parlato per esperienza diretta e attingendo a informazioni che ha avuto ai corsi di formazione in collaborazione con la polizia e i giuristi relatori.

"È successo che in inghilterra avevano toccato il fondo del permessivismo e della democrazia, ritrovandosi con partite di calcio che diventavano vere e proprie situazioni di guerrilla urbana, con moltissimi uomini della polizia coinvolti (e pagati) per provare ad arginare le violenze. Oggi invece in Inghilterra non ci sono nemmeno più le pareti divisorie fra tifoserie e la gente sta seduta composta a godersi lo spettacolo per cui ha pagato, senza rompere le palle alle altre persone. Cosa è successo? Partiamo dal presupposto che i contribuenti non sono felici di pagare collettivamente tutta quella polizia per manifestazioni che interessano ad una minoranza di fan o di tifosi. Serviva pertanto una soluzione privata che fosse a carico della manifestazione, non del governo. Ma se persino di fronte alla polizia in divisa questi sono capaci di scatenare violenze e guerrilla, cosa potevano fare privati disarmati per legge? Ecco, hanno trovato la soluzione: un privato può puntare un dito. Hanno istituito dentro gli stadi dei tribunali con un giudice che processa per direttissima e chi rompe le palle viene indicato, le forze dell'ordine vanno a rimuoverlo, egli viene quindi processato (con prove video a carico) per direttissima ed esce dallo stadio sulla camionetta della penitenziaria che lo porta al canile. Cosa ha fatto l'italia, al solito modo suo di non capire, non conoscere e fare tutto a cazzo? Ha detto: bello il modello inglese, funziona e le persone sono contente e tutelate. Facciamolo anche da noi, però senza il tribunale dentro gli stadi se no la gente si sente sotto pressione e brontola. Facciamo che la polizia guarda solo le strade e la pubblica cosa fuori dai concerti-partite e che dentro devono assumere dei privati così diciamo ai cittadini che stanno risparmiando. Privati disarmati, con pochi o punto poteri, che se puntano un dito gli fanno una pernacchia, che stanno lì inutilmente (il tribunale direttissimo è il motivo di TUTTA la pace ottenuta nelle manifestazioni inglesi, non era un dettaglio da scavalcare) con il compito di controllare tutti i tappi a gente che gli sputa in faccia che non essendo polizia non possono perquisire. Brava italia"

Già. Brava Italia. L'Italia che, come in molti altri casi, mette in atto pseudo-soluzioni o mezze-soluzioni di facciata. Tipo quella di cui parlavamo io e Aivia all'inizio della discussione, e cioè il sequestro di tappi, ideato con lo scopo di impedire il lancio di bottiglie contenenti acqua e chiuse, che lanciate possono fare molto male... Provvedimento che di per sé potrebbe sembrare intelligente, se non fosse per il fatto che non vengono fatte perquisizioni per vedere se chi sta entrando ha in tasca tappi di riserva. Provvedimento che quindi non impedisce di fare del male a chi vuole farlo, e che in compenso crea scomodità a chi semplicemente vorrebbe assistere alla manifestazione senza il rischio di rovesciare una bevanda.
Brava Italia. Non solo non ti smarchi dall'antipatia da parte di chi si lamenterebbe per eventi di teppismo (dato che ci sarebbero comunque), ma crei ulteriore antipatia attuando provvedimenti che sembrano e sono solamente stupidi e fastidiosi.

20 giugno 2017

Diffusione di appelli su Facebook: non è vero che "non costa nulla!"

Stamattina ho letto sulla mia bacheca il seguente post:

Buonasera
Potrebbero, almeno tre dei miei amici di Facebook, fare copia e incolla? Linea per la prevenzione della depressione e del suicidio: 800.18.09.50
Qualcuno lo può fare? Non costa nulla!

Questo messaggio mi dà l'occasione per richiamare l'attenzione su una specifica frase che viene ripetuta spesso e che sopporto a fatica:

"non costa nulla"

Non sono contrario in generale alle catene di S. Antonio per una veritiera e intelligente giusta causa. Ma bisogna tener presente che hanno un costo. Non è vero che "non costa nulla":
Moltiplica il tutto per le migliaia di utenti FB che incapperanno nel messaggio e ottieni il numero di ore spese in totale, che si sommano a quelle delle altre catene di S. Antonio.

È importante ricordare che la diffusione di messaggi per giuste cause non è gratuita e quindi è purtroppo necessario selezionare solo quelle che ci stanno molto a cuore. Ogni giorno ricevo nella mia casella di posta elettronica in media 3 messaggi di mailing list di associazioni che si occupano di buone cause, che chiedono di firmare appelli o donare soldi. Se condividessi su FB tutti questi messaggi anziché condividerne uno ogni tanto, farei un uso improprio di Facebook, che serve principalmente a far sapere agli amici le novità sulla propria vita e non a chieder loro di fare cose. Altrimenti gli amici comincerebbero a scorrere la bacheca senza leggere i miei messaggi, abituati al fatto che si tratta quasi sempre di appelli che non hanno il tempo di firmare o di richieste di denaro che non vogliono dare.

Ecco, dunque, un altro motivo per il quale non è vero che "non costa nulla":

ai costi in termini di tempo dobbiamo aggiungere
  • il costo in termini di "reputazione" di chi diffonde il messaggio, o in altre parole "pazienza" dei lettori
  • il costo in termini di reputazione della piattaforma Facebook, il cui uso intelligente preverrebbe la diffusa idea secondo cui "Facebook serve solo per perder tempo".
Mi raccomando: se non vuoi, alla lunga, ottenere l'effetto opposto rispetto a quelo desiderato, condividi gli appelli e invita alla loro condivisione in modo parsimonioso... e possibilmente con un messaggio intelligente, evitando, ad esempio, di dire "Potrebbero, almeno tre dei miei amici di Facebook" (come fa un tuo amico a sapere se il numero di tre è stato raggiunto o no?).

11 giugno 2017

La parola "Pedofilo" indica una malattia, non un crimine. Ma Matteo Flora e le Iene se ne fregano

il pedofilo è attratto dai bambini; non necessariamente li molesta/violenta
IL "GRANDE EROE" DIFENSORE DELLE REPUTAZIONI SUL WEB

Il 23 maggio scorso ho visto su Facebook un video di una persona che nel suo sito offre un servizio di ripulitura della reputazione sul web: Matteo Flora.

Atteggiandosi a eroe in difesa degli innocenti, in questo video racconta di un barista che era stato diffamato. Non è ancora chiaro (che io sappia) da quale imbecille sia partita la diffamazione; sta di fatto che migliaia di utenti utonti avevano creduto a una balla inventata su di lui e l'avevano diffusa. E cioè avevano diffuso il consiglio di non accettare la sua amicizia per il fatto che si trattava di un pedofilo che inviava foto sconce.

Di nuovo, è emersa la colpevole frettolosità con cui tanta gente inoltra pesanti accuse senza verificarne la plausibilità. Non solo: c'è chi dichiara apertamente di rendersi conto che la notizia potrebbe essere falsa, ma nel dubbio ritiene giusto diffonderla. Cito:

"Allora, questo signore è [nome e cognome], lui dice di no, ma posta un sacco di foto pornografiche, attenzione, possibile pedofilo, se è vero non accettate l'amicizia, se è una bufala lo sapremo. Se è vero che fai ste pocherie, ti vengo a prendere a Parma, o dove sei, non ti vergogni, foto con bambini in scene da... vergognati [foto della persona diffamata]"

Per difendere la reputazione del diffamato, cosa dice nel suo video il suddetto "eroe difensore di reputazioni"?

Dice cose giuste, mi verrebbe da dire banali, e che però a quanto pare per tante persone non lo sono...

...ma dice anche una cosa sbagliatissima, che va nella direzione opposta rispetto alla missione che dice di aver scelto.

Da come parla sembra che la parola "pedofilo" indichi una persona che molesta o violenta sessualmente i bambini, o che diffonde foto di pedopornografia. Indica in generale i pedofili (e anche i sospetti pedofili!) come persone contro cui è normale inveire. Ad esempio, dice:

"...migliaia e migliaia di messaggi dei peggiori; immaginate cosa direste ad un pedofilo o sospetto tale”

Questo tipo di errore è analogo a dire che "omosessuale" significa "molestatore o violentatore delle persone dello stesso sesso".

Per questo motivo ho scritto a Matteo Flora un'email spiegandogli educatamente il suo errore di comunicazione e invitandolo a sostituire il suo video. Sfortunatamente non è stato per nulla produttivo il dialogo che ho tentato di instaurare con lui. Mi ha risposto in maniera provocatoria ed arrogante (ad esempio "Se lo ritieni diffamatorio libero di querelarmi"... ma che c'entra?). Non ha voluto darmi retta e, per questioni - ha detto - di efficacia del messaggio (efficacia in realtà ottenibile anche esprimendosi in maniera corretta), ha voluto mantenere online il suo appello altamente diseducativo nei confronti di tutti i destinatari e offensivo e socialmente penalizzante nei confronti di tutti i pedofili onesti.

Cosa ho detto??? Pedofili onesti???

Ti pare un ossimoro?
Anche dopo quello che ti ho spiegato sopra?
Se sì, vuol dire che anche tu sei caduto nella trappola comunicativa messa in atto da una valanga di persone a dir poco superficiali come il tizio di cui sopra.

Allora te lo spiego meglio.

La pedofilia non è un comportamento, ma una parafilia.

Ne ho parlato anche nella puntata n. 18 di MalaSpeak:



"Parafilia" significa avere un’attrazione anomala. Fra le varie parafilie, la pedofilia si può considerare una patologia, dato che fa vivere male chi ne è affetto, costringendolo ad accettare una condizione di insoddisfazione se non vuole trasformarsi un criminale.

Si definisce "pedofilo" chiunque si senta attratto sessualmente dai bambini, e non solo chi fa sesso coi bambini.

La maggior parte dei pedofili probabilmente frenano il loro impulso perché non vogliono arrecare ai bambini un danno. Ma, per l’atteggiamento di tantissime persone nei confronti di tutti i pedofili (anche quelli innocenti), questi sono spinti a sentirsi in colpa per la loro condizione, a mantenere segreta la loro pulsione e quindi a non chiedere aiuto.

Per evitare questo basterebbe usare le parole adeguate. Essere efficaci nella comunicazione persuasiva è un diritto; non farne un uso dannoso è un dovere.

È così difficile evitare di usare il nome di una malattia per descrivere un crimine? Quando si allude a una persona che abusa sessualmente di bambini, è così difficile dire “molestatore / violentatore di bambini” ?

Ogni volta che usi la parola "pedofilo" per indicare un pedofilo criminale, ti metti allo stesso livello di chi usa la singola parola "albanese" o "rumeno" per indicare gli albanesi e i rumeni che fanno rapine o rubano negli appartamenti.

I criminali vanno condanati; i malati vanno aiutati e non stigmatizzati; se ti spacci per difensore degli innocenti ma poi identifichi l'essere criminale con l'essere malato (e non rettifichi neanche quando ti viene fatto notare), dovresti riflettere su chi sia il vero criminale.

Aggiornamento 9.12.2017: l'autore del video di cui sopra, video nel quale fra l'altro si rivolgeva all'anonimo imbecille che diffamava a mezzo Facebook dicendogli con ostentata sicurezza "ti troveremo"... l'avrà trovato? Sono passati 5 mesi e no, non l'ha trovato, come immaginavo. Lo so perché me l'ha detto proprio oggi il ragazzo vittima di diffamazione, che ho contattato via chat.
Ah, l'esperto di comunicazione che si dà quel tono e parla con piglio di giustiziere e che invece...

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IL SERVIZIO DELLE IENE

Anche le Iene hanno parlato di questo fatto commettendo, pur in maniera più lieve, lo stesso errore. Infatti, parlando di un hacker ingaggiato dalla vittima di diffamazione, la Iena Dino Giarrusso dice:

"Per prima cosa gli chiediamo come faccia ad essere così sicuro che non si tratti davvero di un pedofilo"

...sottintendendo, con quel "davvero" riferito alla diffamazione, che essere un pedofilo è lo stesso che essere una persona come quella descritta nei post diffamanti.

Ho così scritto alla redazione delle Iene il seguente messaggio:

Ciao.
Pochi minuti fa ho visto il vostro servizio andato in onda domenica scorsa sul barista vittima di una bufala su Facebook.
Nel vostro lodevole intento di difendere il ragazzo avete commesso un errore semantico. La iena Dino Giarrusso parlando della conversazione con l'hacker che si occupa di reputazione online, dice
"Per prima cosa gli chiediamo come faccia ad essere così sicuro che non si tratti davvero di un pedofilo"
...sottintendendo, con quel "davvero" riferito alla diffamazione, che essere un pedofilo è lo stesso che essere una persona che si comporta come descritto nei post diffamanti.
In questo modo avete fatto un errore che commettono in molti, e che chi si occupa di comunicazione ha il dovere di scoraggiare. E cioè alimentare l'idea secondo cui la parola "pedofilia" indicherebbe un comportamento, mentre non è così. La pedofilia è una malattia che fa sentire la persona attratta sessualmente dai bambini. Questo non significa che tutti i pedofili reagiscano a questa attrazione commettendo violenze o molestie con mezzi telematici o materialmente. Probabilmente la maggior parte dei pedofili non cede al proprio impulso, sapendo che è meglio rimanere insoddisfatti che arrecare un danno.
Al disagio per questa situazione si aggiunge questo equivoco linguistico che si è trasformato in un equivoco sui fatti. Dunque immagino che la maggior parte dei pedofili, anche quelli che non hanno commesso e non hanno intenzione di commettere alcun reato, non parlino con nessuno di questo loro problema, sentendosi presi di mira potenzialmente da tutti.
In questo caso, per educare la popolazione a non pensare troppo affrettatamente occorre iniziare dal corretto uso delle parole.
Vi invito dunque a rettificare il vostro messaggio e anche a fare un servizio in cui spiegate la differenza fra il concetto di "pedofilo" e il concetto di "violentatore / molestatore di bambini".
Che ne dite?
Grazie anticipatamente per la vostra risposta


Ma ad oggi, e cioè dopo più di 2 settimane, nessuna risposta è arriva.

Insomma, oltre al problema dei criminali e dei diffamatori bufalari c'è il problema dei diseducatori che con l'intento di risolvere un problema ne creano un altro, e non vogliono saperne di cambiare atteggiamento o di rettificare.
Di conseguenza non hanno tutta quell'autorità a parlare di corretta comunicazione di cui si ergono a paladini.

Aggiornamento 10 dicembre 2017:

Non che le Iene mi abbiano risposto, ma è andato in onda il servizio di Nadia Toffa "La doppia faccia di un pedofilo" (titolo che la maggior parte delle persone è facile fraintenda, credo), che inizia con una trappola tesa a più pedofili in chat e che finisce con un dialogo con uno di questi. Dal dialogo emerge non tanto il mostro crudele quanto la persona con un background assai problematico, che riceve ed accetta il consiglio di andare in terapia da una psicologa per trovare una soluzione. Almeno quello...

10 giugno 2017

Webmaster sedicente amico: non fidarti

C'era una volta un webmaster, webdesigner e webmarketer, che qui chiamerò Nino, che si diceva mio amico.
Avevo accettato e ricambiato questo suo atteggiamento, tanto che nonostante il rapporto di lavoro a dir poco zoppicante che stava andando avanti da un bel po' (e che però non era drasticamente peggiorato come negli ultimi tempi), oltre a procurargli una cliente nel 2014 gli avevo anche fatto pubblicità su questo blog con un articolo (ora rimosso), dove scrivevo:

Vuoi che qualcuno realizzi per te un sito Internet o un blog di qualità e ciò nonostante spendere poco, pochissimo?
Parlando di siti Internet web a un professionista, ma anche a un blogger che scrive per divertimento e che comunque ci tenga a una buona grafica e a una buona funzionalità, spesso viene consigliato Wordpress, e quasi mai Blogger, quest'ultimo considerato una piattaforma di serie B.
Blogger piattaforma di serie B ?
Non se in mano a [azienda di mio allora webmaster] il team di web designer e webmaster presieduto dal mio amico Nino, specializzato nel creare siti con Blogger.
[...]
Dando un'occhiata al portfolio di [nome azienda] potresti stupirti sul fatto che certi siti da loro realizzati siano stati fatti con Blogger. Addirittura con Blogger sono riusciti a fare anche degli e-commerce!
Se sai già come vuoi la tua pagina web, puoi comunicarlo a parole o con un disegno, e [nome azienda] realizzerà un prototipo e poi segue eventuali indicazioni per modifiche successive.
Se non hai un'idea su come dovrebbe essere fatto un sito per essere efficace agli occhi dei naviganti, potrai affidarti direttamente alla creatività dello staff.
I prezzi di realizzazione del sito sono assolutamente concorrenziali, e a proposito di risparmio, lo spazio web è offerto da Google!
Questo comporta come unica spesa annuale quella del dominio. Una spesa minore di 10 euro all'anno anziché una spesa di 30-50 euro all'anno. Fra l'altro, cosa di cui non molti sono a conoscenza, puoi acquistare il dominio da un Registrar diverso da Google.
Potrai ricevere assistenza per tutto quello che riguarda l'acquisto del dominio, il suo allacciamento al sito e ogni altro aspetto tecnico, e sarai messo in condizioni di aggiornare autonomamente e facilmente i tuoi articoli e le tue pagine.
Il team di [nome azienda] si occupa anche di creazioni di Loghi, altri lavori di grafica, web marketing e realizzazione di volantini e brochure, sempre a prezzi supervantaggiosi.
[...]

Avevo ingaggiato Nino per creare alcuni miei siti web e per fare delle modifiche ad altri. La sua voce rassicurante, il suo modo di parlare educato gentile, i prezzi bassi che mi aveva proposto, il fatto che mi fosse stato presentato da una persona fidata avevano fatto sì che io fossi comprensivo nei suoi confronti, che gli perdonassi il ritardo con cui rispondeva alle mie email, che gli perdonassi i bidoni che mi dava a volte quando avremmo dovuto trovarci per una chiamata Skype, e che soprattutto gli perdonassi i lavori non ancora eseguiti o non finiti. Concordati, pagati con fiducia in anticipo, ma rimasti in sospeso.

Nino mi aveva detto che era oberato dal lavoro per un grosso progetto ed era subissato da richieste di grandi clienti e quindi aveva poco tempo per me... dimenticando che, pur da piccolo cliente, io l'avevo pagato.

Ancora prima mi aveva detto che i ritmi di lavoro che aveva a un certo punto lo stavano soffocando e allora si era imposto di non dedicare il week-end al lavoro, ma "alla vita" (parole sue).

Questa storia è andata avanti zoppicando per anni, con siti fatti bene a metà, richieste di modifiche concordate e mai eseguite, errori riscontrati nella versione da smartphone e mai corretti...
Sì, per anni. Volevo vedere il punto a cui sarebbe stato in grado di spingersi, con le foto che comparivano ogni tanto sul suo diario Facebook e che lo ritraevano in momenti di svago mentre i miei siti rimanevano in attesa di essere finiti/riparati, compreso quello che avevo regalato a mio babbo per Natale.

Dopo l'ennesima email che tardava ad avere una risposta, gli telefonai. Mi disse che era costretto ad abbandonare definitivamente il lavoro sui miei siti, perché proprio non ce l'avrebbe fatta, e mi suggerì di scrivergli un'email nella quale avrei quantificato un rimborso dettagliato per i lavori non fatti.


E così, il 21 novembre 2016, gli scrissi...


Ciao.
Visto che hai deciso di non assistermi più e di parlare di rimborsi, provo a fare una mia valutazione.
1)
Il sito di mio babbo
[...] funziona male, per i motivi che ti ho già spiegato. Non qui non si tratta di modifiche non concordate, ma di sito fatto male.
Per cui parlando di rimborso credo sia giusto un rimborso dell'intero importo di 150 €
2)
Sito [...]
nella versione responsive il form dei contatti non ha mai funzionato come ti avevo chiesto, visto che a differenza delal versione web iscrive a una sola mailing list. Quindi ogni volta che qualcuno si
iscrive da lì devo iscriverlo manualmente all'altra mailing list.
Rimborso: fai tu
3)
[altro sito]
Vedi allegato.
Rimborso: non mi torna il ragionamento che hai fatto, perché come sai meglio di me in giro non ci sono webmaster blogger.com. Quindi a causa del fatto che non hai corretto questi difetti nonostante fosse concordato, questi difetti sono destinati a rimanere e quindi il sito è da buttare via e da rifare. Quindi anche questo rimborso dovrebbe secondo me essere completo, e cioè di 150 + 50 euro = 200 euro che in totale ti detti.
4)
[altro sito]
Mi hai consegnato un sito senza avvertirmi che il backup doveva essere fatto in maniera diversa da come indicato nel suo pannello di controllo. Ho provato a contattarti per sapere come fare per modificarlo e, non ricevendo risposta e avendone l'esigenza, ho provato a farlo io, facendo danno pur seguendo le indicazioni a mia disposizione.
La responsabilità di questo danno è quindi secondo me tua. Non potendo tu intervenire per ristabilire il sito, questo è quindi da cestinare e rifare da zero.
Quindi anche questo rimborso dovrebbe secondo me essere completo, e cioè pari ai 150 euro totali che ti detti.
5)
Patema d'animo per le non-risposte e per le promesse non mantenute e per la perdita di tempo:
Non quantificabile. Fai tu.
Ho fatto questo prospetto e questa quantificazione non perché mi aspetto che tu mi rimborserai per quelle cifre (giusto un presentimento). Semplicemente mi hai chiesto cosa penso, e io sono lieto di dirtelo nel dettaglio.
E siccome non ho voglia di discutere con te, il riassunto di tutto è: fai tu.
mio paypal:
[...]
Mia PostePay:
[...]
Ciao
Marco


Per più di 2 mesi e mezzo, nessuna risposta. Così gli scrissi una nuova email, il 9 febbraio 2017...


Nino, potresti dirmi il motivo per il quale non ho ricevuto alcuna risposta all'email che tu mi hai suggerito di mandarti sul rimborso da te ideato?
Ciao
Marco


Sua risposta di 5 giorni dopo:


Ciao Marco,
scusami se rispondo solo adesso,
dirti che sono strato stra-preso è poco, ma chi di noi non lo è...
Si, ho "ideato" io la richiesta di richiesta di rimborso, perché lo ritenevo corretto, ma a mio avviso la tua analisi è quantomeno discutibili per non dire totalmente sbagliata.
Il mio rimborso era da intendersi come «se ho omesso delle modifiche, dall'ultimo lavoro prodotto, fammi sapere», questa si è tramutata in una mail che contiene "cose mostruose", il punto 4 su tutte...
Non continuo perché so che la situazione si trascinerebbe verso una deriva di sicuro poco simpatica.
Uno "scusa" sincero se ti ho creato disagio ma rifiuto la tua richiesta.
Ciao
[firma con la sua iniziale]


Mia risposta del giorno stesso (14 febbraio):


Anche io ho poca voglia di una deriva poco simpatica (anche se il tuo considerare "mostruose" considerazioni che ho argomentato in maniera razionale tanto simpatico non è).
Quindi rifiutando tu la mia richiesta come prevedevo, valuta tu il rimborso da fare e buonanotte.
Ciao
Marco


Nessuna sua risposta. Dopo altri 2 mesi e mezzo, provo a riscrivergli:


Visto che sono passati 2 mesi e mezzo senza che tu mi abbia risposto, mi pare lecito scriverti per chiederti: sei passato dal volermi dare un rimborso al volermi non dare più nulla, neanche un rimborso a piacere tuo, come da me suggerito?
Ciao
Marco


Sua risposta del giorno dopo:


Ciao Marco,
mi spiace seriamente per la brutta piega presa dal nostro rapporto lavorativo e umano.
Si, penso di non volerti riconoscere alcun rimborso (che tu quantificavi in oltre/circa 500€).
Questo senza alcuna cattiveria ma semplicemente, perché così messa, sembra quasi una pretesa (tra l'altro, a mio avviso, ingiustificata ed esosa).
Mi prendo le mie di responsabilità per la "scomparsa" ma è più che giustificata, credimi, da questioni lavorative e di vita che mi hanno distratto dal resto.
Mi riconosco sicuramente la colpa di non aver mai "concettualizzato" nulla con te, ad oggi non ci ritroveremmo a dire "mi devi, ti devo".
Fin quando potuto, penso di aver fatto il massimo per poterti soddisfare, meglio non avrei saputo fare.
Mi scuso per tutto il disagio che ti ho causato.


Mia risposta del giorno stesso:


Ciao Nino.
Mi pare di aver usato la massima gentilezza e di aver semplicemente risposto alla tua domanda di quantificazione, e di aver elencato anche il motivo di ciascuna voce, premettendo fra l'altro che il mio scopo era essere sincero e non avere davvero quella somma, in quanto già immaginavo che me l'avresti rifiutata.
In seconda istanza ti ho lasciato la libertà di rimborsarmi quanto tu credessi giusto. Questo proprio per eliminare qualsiasi tono di conflitto. Non so, secondo te, in quale altro modo mi sarei dovuto comportare per essere più diplomatico.
Non metto in dubbio il fatto che la tua "scomparsa" sia giustificata.
Ma non credi che quando si viene pagati per un lavoro che non si può ultimare si dovrebbe restituire almeno una parte di quanto incassato, se è proprio vero che ti dispiace per questa brutta piega?
Marco


No, Nino non crede, visto che dopo più di un mese non mi ha risposto.
Al posto di lavorare per me come concordato o rimborsarmi per il lavoro non fatto, preferisce semplicemente scusarsi.
E sembra essere convinto che pretendere di essere rimborsato per lavori non fatti sia un atteggiamento che merita il decadimento del diritto al rimborso.


QUINDI


Occhio ai webmaster. Anche se sono stati presentati da persone fidate. Non è il primo, nella mia esperienza che si atteggia ad amico, si fa pagare e poi non esegue i lavori concordati. Ebbene sì, ci sono cascato più di una volta, nella trappola del webmaster sedicente amico.
Ma da adesso in poi si scrive in maniera ordinata quello che dev'esser fatto, dettagliando i costi, si scrive entro quale data ogni lavoro dev'essere consegnato e le penali nel caso in cui il lavoro non venga eseguito nei tempi concordati.

E il pagamento anticipato? È proponibile non farlo?

Mi rendo conto che esistono clienti che non hanno pagato i lavori, e che quindi la colopa può essere dall'altra parte.

Forse la cosa migliore è pagare il 50% del lavoro dopo che metà lavoro è stato finito, poi un altro 30% quando il lavoro è quasi finito, e un rimanente 20% quando è stato completato? Se vuoi scrivimi cosa pensi nei commenti.

04 giugno 2017

Perché odio superficialità e humor onnivori

Scrivo questo articolo dopo una mini-discussione alla fine della quale, pur avendo io evitato di usare qualsivoglia espressione poco gentile, un utente Facebook che mi conosce dal vivo da molti anni mi ha detto

"sei di un'antipatia che non ti appartiene su FB".

Sulla mia antipatia o simpatia non ha gran senso argomentare, visto che ognuno ha i suoi gusti (e anche i suoi modi di interpretare le parole scritte in assenza di tono di voce).
Riguardo al quando e al dove, preciso che non è questione di Facebook. È questione dell'argomento di cui si sta parlando.

Finché si fanno discorsi da bar sul calcio, sulle modelle in TV o su altri argomenti che non rivoluzionano la vita di nessuno, niente di male.

Trovo invece potenzialmente nocivo, e quindi alla lunga credo di poter dire sicuramente nocivo, parlare in modo superficiale di argomenti che, magari poco alla volta, influenzano gli interlocutori sulle scelte di ogni giorno, come mangiare e bere, acquistare quello o quell'altro prodotto, o fare una qualunque altra scelta che ha un impatto importante sul mondo. Vale anche quando l'impatto è silente e suddiviso fra tante persone, e lavora come la goccia che scava la roccia. Con tante altre gocce che nel frattempo fanno la stessa cosa.

Riguardo una considerazione superficiale su un argomento importante potresti pensare "E che sarà mai... faceva tanto per parlare... non c'è da dargli peso".

Ma non è sempre così, secondo me. Spesso quello che viene fuori quando si parla tanto per parlare rivela molto di quello che c'è nella nostra testa, e rivela molto del modo in cui prendiamo decisioni che magari non ci sembrano importanti e che invece lo sono, specialmente se fanno parte della nostra routine.

Ecco perché provo fastidio quando qualcuno lancia accuse contro i vegani in generale (tipicamente con frasi che iniziano con "i vegani..." anziché "ho conosciuto alcuni vegani che..."), o fa battute umoristiche sulla sofferenza degli animali destinati ad essere cibo per gli umani.
Ad esempio l'utente di cui sopra poche ore fa ha scritto in un commento

"Le bugie degli ambientalisti sono un'indecenza, come del resto l'ipocrisia dei vegani".

Il commento finiva lì.

Io, che secondo la più comune accezione di "vegano" probabilmente posso dirmi tale, credo di esser stato ipocrita in passato, quando mangiavo carne sperando che provenisse da allevamenti non intensivi: mi sarebbe bastata qualche ricerca per sapere che nella "civiltà" in cui viviamo non è quasi mai così (e lo sai perché quando la carne proviene da un allevamento non intensivo il venditore se ne vanta urlandotelo nell'orecchio col megafono).
Adesso credo di poter dire che l'ipocrisia non è qualcosa che non appartiene a me. Appartiene alle persone che incentivano una realtà a cui essi stessi si dicono contrari quando hanno davanti agli occhi le relative raccapriccianti immagini, persone che per lavarsi la cosceinza ritengono sufficiente attribuire la totale colpa a qualcun altro quando evidentemente così non è ("eh, gli animali dovrebbero essere trattati meglio, su questo son d'accordissimo"... Ok, ma visto che per adesso non accade tu nel frattempo cosa fai, continui a premiare questa logica di mercato?)

Come risposta a un altro utente c'è stata poi un'integrazione al commento precedente con un'argomentazione che mi pare il triste risultato di un modo malato di pensare, purtroppo molto comune:

"L'ipocrisia sta nel fatto che non dovreste andare in macchina per non stiacciare i pappatacei, non dovreste zappare la terra per non smezzare i ragnoli ed i grillitalpa"

Il modo malato di pensare sta nel sostenere che siccome non si pretende di ottenere risultati perfetti allora, in nome della coerenza, si deve dire "A sto punto chissenefrega di tutto". È lo stesso meccanismo che fa dire "Ho acceso una sigaretta, quindi ho rotto la promessa che avevo fatto a me stesso di non fumare più... tanto vale ricominciare a fumarne un pacchetto intero".

A proposito di piccoli animali, in passato sono stato accusato di incoerenza perché ammazzo le zanzare, come se nello stile di vita vegano fosse proibito difendersi. Si potrebbe parlare di differenze di valori fra vegani, che non la pensano tutti allo stesso modo, o di quale sia la vera definizione di "vegano". Si potrebbe parlare di equilibrio fra difesa e fastidio, come accade fra umani. Si potrebbe parlare dei diritti delle creature che ci somigliano meno come ragni, piante, funghi e anche i sassi.
Ma per prima cosa, se davvero si è onesti intellettualmente e non si chiaccheira tanto per il gusto di criticarci a vicenda, se davvero si discute con l'intento di capire quale sia il prossimo passo da fare per comporarsi in modo migliore fin da oggi, allora cominciamo a parlare dalle creature che ci somigliano di più, e per le quali dunque è ovvio provare più empatia.

Mucche, maiali, conigli, e tutti gli altri mammiferi, così come gli uccelli, hanno un sistema nervoso simile al nostro (molto più che a quello di piccoli animali, che se sono inoffensivi e non troppo fastidiosi cerco pure di non ammazzare) e quindi di sicuro se imprigionati e praticamente torturati provano qualcosa di molto simile a quello che proveremmo noi in una situazione del genere, compresa la disperazione di una mamma allontanata troppo presto dal figlio e la disperazione del figlio allontanato troppo presto dalla mamma. Anche quando viene rispettata la legge vigente questi animali fanno una vita oribile; figuriamoci quando la legge viene violata, il che accade spessissimo per l'impossibilità di sufficienti controlli.

Di fronte ad alcuni servizi in TV o video su YouTube, guardando come vengono trattati gli animali, tante persone, onnivori compresi, si chiedono come sia possibile una crudeltà del genere.
La risposta non è da cercare chissà dove. Sta semplicemente nell'abitudine. Se inizi ad abituarti a fare qualcosa di crudele, andando avanti ti sembrerà sempre più normale. Se già fin da piccolo il tutto ti è stato presentato come normale, arrivi addirittura a dire che chi è contrario ha qualche rotella fuori posto, o a dire che chi cerca di non premiare mai la logica di mercato che c'è dietro è esagerato.
Del resto la malsana abitudine di trattare gli animali non essiterebbe se non ci fosse la malsana abitudine di essere esattamente i mandanti di tutto questo, e cioè l'abitudine di comprare e mangiare animali, latte e latticini (le uova e il miele sono gli unici prodotti animali che si possono produrre su larga scala senza crudeltà).
Quindi se sei un onnivoro e per una volta pensi a quei luoghi lontani da te e dal tuo frigorifero che sono gli allevamenti intensivi, chiedendoti "Com'è possibile che facciano tutto questo?", puoi trovare la risposta in una domanda che ti riguarda da vicino: "Com'è possibilie che tu accetti di essere il mandante di tutto questo?". Per abitudine.

Insomma, esistono due tremendi aspetti della versione più diffusa dell'onnivorismo:
  • Incentivare la crudeltà che viene perpetrata ogni giorno su creature che hanno sensazioni simili alle nostre
  • Essere abituati a farlo, magari fino al punto di mettere addirittura in cattiva luce chi non lo fa, ed esorcizzare la cosa parlando un tanto al chilo e facendo battute
Battute? E allora? Non si può neanche fare una battuta, adesso? E dai, ma una risata potrei farmela, ogni tanto, no?

No: non ho voglia di ridere su qualcosa di tanto, tanto brutto e doloroso, che sta avvenendo anche nel momento in cui stiamo parlando.
Pensa a un ipotetico dolore di una persona, ad esempio il dolore di un tuo amico che è stato ricoverato dopo esser stato ingiustamente malmenato da un delinquente. Puoi farci una battuta? Magari quando il dolore sarà passato sì. Se lo prendi in giro mentre ancora sta soffrendo è possibile che lui lo accetti e riesca a ridere con te perché magari ha un grande senso dell'umorismo, e in più sa che il dolore passerà fra non molto tempo, tipo 2 settimane o 2 mesi. Ma è anche possibile che non la prenda bene, specialmente se il dolore è forte. In particolare è molto, molto probabile che non sia buona cosa dire una battuta su di lui a una terza persona che gli vuole bene, e dirgliela nello stesso momento in cui lui sta piangendo dal dolore. Anche se questa persona di solito è gentile con te, la sua reazione potrebbe farti affrettatamente dedurre che "in ospedale è di un'antipatia che non gli appartiene". Stessa cosa vale se invece di una battuta spiritosa lanci una infondata illazione su una responsabilità che evidentemente non aveva, tipo "Mah, se l'hanno picchiato qualcosa di sbagliato avrà fatto".

Analogamente, nel caso della tratta degli animali così come la vediamo oggi:
- Non vedo una fine vicina; purtroppo verosimilmente la cosa continuerà ancora per molti anni
- Si tratta di sofferenze molto grandi
- Non sono sofferenze che riguardano direttamente me, ma altre creature, e se potessi chieder loro se è accettabile fare battute sulla loro situazione credo proprio la risposta sarebbe "no"

- Le patetiche argomentazioni onnivore del tipo "le piante soffrono", "camminando ammazzi le formiche" sono evidenti pretesti per non voler cambiare

Ecco cosa mi rende intollerante a battute umoristiche o discorsi superficiali e buttati là senza argomentazioni o con argomentazioni altrettanto stupide, specialmente quando contengono accuse nei confronti miei o in generale nei confronti di chi cerca di comportarsi meglio possibile.