14 aprile 2023

Perché gli adulti nascondono la sessualità ai bimbi

In una puntata di Melog, programma di Radio 24 dell'ottimo Enrico Nicoletti, un ospite raccontò una cosa che seppe quando abitava a Washington e andava all'università. Passava di fianco a un grande istituto di istruzione per sordomuti. All'epoca si metteva la protesi cocleare per persone nate sorde, e quindi c'erano figli di sordomuti che potevano iniziare ad ascoltare e parlare bene. Chi si opponeva a questo erano i genitori, perché vedevano i figli uscire dalla loro comunità di sordomuti.

Secondo me un meccanismo del tutto analogo è nella testa dei genitori che vogliono tenere lontani i figli dall'argomento sessualità: temono che i figli escano dalla loro comunità di persone che si imbarazzano a parlarne. Tutti, anche i più ignoranti, sanno che la salute psichica di un bambino non viene minimamente messa a repentaglio per la conoscenza della natura propria e degli altri individui.

Forse sono troppo ottimista, ma mi pare che tutti, anche i più ignoranti, sappiano che l'educazione sessuale per un bambino impartita da un genitore o da un insegnante è l'unica alternativa al fatto che questa educazione venga data da persone a caso, con buona probabilità in maniera distorta.

Quindi, a dispetto del comune sottinteso di comodo, il problema non è mai la salute psichica del bimbo. Il problema è l'imbarazzo del genitore.

E l'origine di questo imbarazzo qual è? L'origine di questo imbarazzo sta nel semplice fatto che i figli potrebbero parlare di sessualità in presenza di superbigotti che di conseguenza potrebbero pensare "Che cattivi genitori! Hanno permesso che il loro figlio imparasse cose che potrebbero danneggiare la sua salute psichica!". Come ho detto sopra questi ipotetici superbigotti, persone più ignoranti delle più ignoranti in realtà non esistono più. Ciò nonostante, più o meno inconsciamente, tanti genitori ne temono il giudizio, dunque lo spauracchio è duro a morire. Oppure sono io troppo ottimista, ed esistono persone che dentro di loro penserebbero così. Sta di fatto che in tal caso la loro opinione dovrebbe contare zero anziché dettare il ritmo dell'educazione dei bambini.

11 aprile 2023

Nelle scuole pubbliche non si fanno dire preghiere agli alunni

Pochi giorni fa è stata sospesa un'insegnante per aver fatto recitare la preghiera "Padre nostro" ai suoi alunni.

Significa che il direttore scolastico è anti-cristiano? No. Significa che l'insegnante ha violato la laicità della scuola pubblica (che già viene violata abbastanza dalla presenza del crocifisso, presente in tutte le aule).

Una commentatrice su Facebook ha paragonato l'evento della preghiera ai festeggiamenti di Halloween, non centrando il punto. C'è una differenza fondamentale.

Far dire le preghiere significa dedicare del tempo a far sì che gli alunni parlino con un dio che non necessariamente esiste. Quindi si tratta di un lavoro potenzialmente inutile, per il quale non è plausibile vengano spesi soldi pubblici. Inoltre interferisce nel percorso interiore e spirituale del bambino. Il percorso che aiuta un bambino a migliorare la propria vita potrebbe corrispondere a un avvicinamento o a un consolidamento della fede cattolica, oppure avventista, oppure musulmana, o all'ateismo umanistico. È un percorso su cui la maestra non deve interferire minimamente.

Invece festeggiare Halloween, che ormai è una ricorrenza senza riferimenti religiosi, significa far divertire i bambini, stimolare la loro creatività con le maschere, far vivere loro un momento di cultura folkloristica che è diventata anche italiana.

Riporto di seguito l'ottimo post dell'autore della pagina Facebook "Dio", che con l'occasione racconta ciò che l'ha portato a fare satira religiosa online, oltre a commentare il fatto su menzionato.