La lingua si evolve. I significati delle parole anche.
Le persone cambiano il modo di parlare, e parlano allo scopo di farsi capire nel linguaggio che odiernamente viene usato da tutti.
Fanno eccezione i giuristi, strani animali che per sentirsi importanti rifiutano di evolversi e di farsi capire dalla gente. Animali a cui non costerebbe nulla scrivere e dire "oppure", ma che purtroppo sono allergici a questa parola e preferiscono usare l'equivoco "ovvero".
Che malattia hanno per non limitarsi a usare "ovvero" come lo usano le persone normali e cioè come sinonimo di "cioè"? Perché si ostinano a usarlo come se significasse "oppure" ?
Ecco la storia.
In un certo senso "ovvero" tutt'oggi significa "oppure"... un "oppure" riferito non a ciò di cui si sta parlando, ma ALLE PAROLE appena usate per indicare ciò di cui si sta parlando. Vale a dire che oggi "ovvero" significa
"oppure si può dire anche".
Esempio:
"Scrivo con un bastoncino di legno all'interno del quale è inserito un'anima di grafite, ovvero un lapis."
In questa frase "ovvero" significa "oppure", in questo senso:
"[...] un bastoncino di legno all'interno del quale è inserito un'anima di grafite, oppure si può dire anche lapis".
Ecco in che senso oggi "ovvero" significa "oppure". In questo senso, e in nessun altro, nella testa delle persone normali. Anche nella testa delle persone ritardate, in verità. Ma non in quella dei giuristi. Non esageriamo.
Stessa cosa accade per la congiunzione "o" usata come disgiuntivo fra due possibili terminologie:
"Oltre alla tibia, nella gamba è presente la fibula o perone".
È ovvio che ciò non significa "è presente la fibula oppure è presente il perone"; significa che quello stesso osso possiamo chiamarlo fibula oppure possiamo chiamarlo perone).
È ovvio che ciò non significa "è presente la fibula oppure è presente il perone"; significa che quello stesso osso possiamo chiamarlo fibula oppure possiamo chiamarlo perone).
È ovvio, e quindi non è necessario decidere se attribuire alla congiunzione "o" il significato disgiuntivo linguistico o attribuirvi il significato disgiuntivo fra due cose.
Questa ovvietà non sussiste per la parola "ovvero". Infatti, come molte persone possono testimoniare, se si continua a usare "ovvero" a volte riferito all'oggetto di cui si
parla e altre votle riferito alla terminologia (sarebbe a dire a volte
con significato di "oppure" e a volte con significato di "cioè"), si
continuano a generare inevitabili equivoci e necessità di chiedere
spiegazioni su cosa l'interlocutore intenda.
È un dato di fatto che la lingua si è evoluta in questa direzione: le persone normali usano "ovvero" nel senso di "o" unicamente per indicare la possibilità di usare un altro termine. Vale a dire lo usano come "cioè". L'altro uso, equivalente a "oppure" in generale, è obsoleto. Gli italiani hanno deciso così. Per evidenti motivi, è stata una decisione importante di cui si dovrebbe tenere conto se è vero che la lingua serve per capire e farsi capire.
Ma si sa, i giuristi non ce la fanno. Ce la fanno i bimbi della scuola primaria, i giuristi no. Dire e scrivere "oppure" è troppo difficile.