29 gennaio 2019

Pensierino sulle recensioni su Google Maps

Le recensioni delle aziende su Google Maps sono affidabili?

Dipende.

Quando si tratta di grandi esercizi commerciali, immagino siano affidabili, nell'insieme. Quando invece si tratta di ditte individuali o piccoli esercizi commerciali, c'è da fare una tara.

Come gli utenti si immaginano, le grandi aziende, ad esempio le catene di supermercati o di fast-food, stanno in piedi grazie fattori che hanno un'efficacia molto più grande rispetto alle recensioni online: stanno in piedi grazie al marketing e all'essere conosciuti dalle persone di una certa zona per la propria storia o per la propria grandezza o per i prezzi bassi. I dirigenti di queste aziende non si sognerebbero mai di querelare una persona perché ha scritto una recensione anche molto negativa, magari diffamatoria: questo potrebbe portare un danno ulteriore e molto più grande, indipendentemente dall'esito della causa, perché molta gente non vede di buon occhio una grande azienda che si mette contro a una singola persona (lo scenario ricorda un gigante che schiaccia piccola creatura, e si tende a fare il tifo per quest'ultima).

Se invece parliamo di piccole attività commerciali c'è da tenere conto di vari fattori, che rendono le recensioni su Google Maps meno affidabili:

- se il numero di recensioni è minore di qualche decina, è abbastanza alta la percentuale di parenti e amici che potrebbero aver scritto una falsa recensione positiva;
- anche se un utente è rimasto insoddisfatto, potrebbe non avere voglia di infliggere un danno, a meno che non sia molto arrabbiato;
- se un utente insoddisfatto ha anche lui la propria piccola azienda su Google Maps (magari è un libero professionista), potrebbe pensare che scrivere una recensione negativa lo esponga al rischio di essere a sua volta recensito negativamente per vendetta;
- un utente insoddisfatto potrebbe non voler raccontare la propria esperienza negativa di cui non ha sufficienti prove per paura di una querela.

E ve lo dice il proprietario di una ditta individuale che ha uno spazio su Google Maps e, al momento, poche recensioni.

Che ne pensi? Scrivimelo nello spazio dedicato ai commenti (però non fare come tanti hanno fatto fin ora: leggi prima il messaggio "IMPORTANTE"!)

28 gennaio 2019

Bufala: dire "esci il cane" è corretto secondo l'Accademia della Crusca

Uscire il cane - Bufala: non è corretto
Vari siti web, alcuni anche famosi, hanno riportato in questi giorni una notizia falsa, su cui molti sono cascati, non avendo letto attentamente (o, come avviene spesso, non avendo letto proprio) l'articolo di Vittorio Coletti pubblicato sul sito dell'Accademia della Crusca l'11 gennaio scorso, a cui i bufalari si riferiscono.

Addirittura il sito italiano dell'Huffington Post titola La rivincita del Sud. Per la Crusca si può dire "esci il cane" o "siedi il bambino".

Al suo interno si legge:

Quante volte avete sentito dire [...] "esci il cane", "entra i panni", o "siedi il bambino" e avete pensato che fosse sbagliato? Da oggi sappiate che non è più così. Almeno nella lingua parlata.

Da oggi un corno.

Non da oggi, ma da sempre ci si può esprimere come si vuole nella lingua parlata (in questo caso è pacifico che per "lingua parlata" si intenda "linguaggio informale usato fra parenti, amici, etc", perché se ad es. il Presidente della Repubblica parla alla nazione ok, anche quella è lingua parlata, ma si tratta di un impeccabile italiano corretto).

Nell'articolo di Vittorio Coletti c'è scritto:

Diciamo insomma che sedere, come altri verbi di moto [fra cui "uscire", che l'autore aveva citato fra gli esempi in precedenza], ammette in usi regionali e popolari sempre più estesi anche l’oggetto diretto e che in questa costruzione ha una sua efficacia e sinteticità espressiva che può indurre a sorvolare sui suoi limiti grammaticali.

Beh, si sapeva. Questo articolo non mi pare portatore di alcuna novità, e la sua lettura mi pare possa essere utile solamente a una persona straniera.

Ha poco senso discutere di ciò che si può dire o che non si può dire nell'ambito di un linguaggio regionale o popolare, citato evidentemente affinché non lo si confonda con l'italiano corretto, quest'ultimo usato dai giornalisti in TV, dai legali nei tribunali, dagli studenti nelle interrogazioni, etc.

Allora grazie tante che si può usare. In contesti in cui l'importante è farsi intendere in qualche modo è sempre stato lecito usare un linguaggio dialettale o popolare. Lecito, ovvio... qualcuno ha pensato che invece usando quei termini si rischiasse una multa o l'arresto?

2)

Vittorio Coletti ha scritto, nel secondo paragrafo del suo articolo, che è lecita la costruzione transitiva del verbo "sedere". Non afferma niente del genere per le altre diciture, di cui parla solo nel paragrafo precedente. Saper leggere, ragazzi. Saper leggere:

È lecita allora la costruzione transitiva di sedere? Si può rispondere di sì [...] Non vedo il motivo per proibirla e neppure, a dire il vero, per sconsigliarla.

Mi pare la cosa abbia senso, dato che è corretta l'espressione "io mi siedo", dove il "mi" è complemento oggetto. Dunque io siedo me stesso. Se invece di sedere me stesso siedo il bambino, non vedo il problema.

Mi arrabbia il fato che per accaparrarsi visite in più, certi bufalari addirittura si inventano notizie false sulla lingua italiana.

"Uscire" è intransitivo, e viene usato come transitivo solo a livello dialettale/popolare. Quindi farlo passare per italiano corretto era e rimane un errore. Non è italiano per me, non lo è per gli insegnanti di lettere, non lo è per i giornalisti e non lo è per l'Accademia della Crusca.

23 gennaio 2019

Auspico l'introduzione dei reati di raggiro e tentato raggiro

Ieri ho scoperto che in Italia è reato dichiarare il falso in documenti aziendali soggetti a controlli di autorità pubbliche e in certificati medici o forensi o simili... mentre per tutte le altre scritture private dichiarare il falso non è reato.

Non sto parlando di casi in cui si discute sulla autenticità di un documento. Sto parlando di casi in cui è pacifica l'autenticità del documento, il cui contenuto contiene affermazioni dolosamente mendaci.

Secondo me dovrebbe essere reato perseguibile a querela.
E dovrebbe esserlo anche dichiarare verbalmente il falso per indurre una persona ad acquistare un bene o un servizio.

No, non sto parlando di truffe, perché per sussistere il reato di truffa ci dev'essere un danno oggettivo. Io sono per punire anche chi non ha procurato un danno oggettivo, ma ha comunque dichiarato il falso nella scrittura privata.

Potremmo chiamarlo reato di raggiro.

Ecco, vorrei fosse introdotto il reato di raggiro. E naturalmente anche il reato di tentato raggiro.

Tre esempi:

1)

A Tizio viene proposto da parte di una web-agency un contratto che prevede l'ottimizzazione per motori di ricerca allo scopo di far ben posizionare su Google la propria azienda.
Nel contratto c'è scritto che la web-agency ha un qualche rapporto con Google, tipo che è amica di Google, cugina di Google, o addirittura mandataria di Google, e che quindi ha strada facile nel far sì che quell'azienda, avvalendosi di questa web agency, venga ben posizionata. Oppure non c'è scritto nel contratto, ma è stato detto a voce dalla persona che ha proposto il contratto a Tizio.
Ma non è vero: Google e quella web-agency non si sono mai parlate.
Quindi la web-agency ha dichiarato il falso. Io ritengo che, indipendentemente dalla bontà del lavoro eseguito dalla web-agency, la sua condotta dovrebbe essere perseguita penalmente, e dovrebbe essere perseguita penalmente anche la semplice proposta di un contratto del genere, anche se non viene firmato dal cliente.

2)

Una persona musulmana che fa le pulizie viene volontariamente illusa dal datore di lavoro, un ristoratore, che nel suo ristorante non si mangia il maiale, il che viene precisato nel contratto oppure verbalmente. Il musulmano accetta il lavoro, cosa che non farebbe se lì il maiale si mangiasse, perché lui è ancora più intransigente dei suoi confratelli. Poi, dopo un po' di tempo che il musulmano lavora in quel locale, si scopre che lì il maiale viene cucinato, e veniva cucinato anche prima, e il datore di lavoro ovviamente lo sapeva benissimo. Il danno oggettivo non c'è stato, perché lo stipendio pattuito è stato comunque pagato, ma il lavoratore è stato ingannato e così indotto ad accettare l'incarico contro i suoi valori.
La condotta del datore di lavoro dovrebbe, secondo me, essere punita penalmente, e dovrebbe essere punita penalmente anche la sola proposta di lavoro (anche se non accettata) nella quale, verbalmente o per iscritto, il datore di lavoro dichiara il falso.

3)

Un agente di spettacolo propone a un aspirante attore l'iscrizione dietro pagamento di una quota annuale. Per convincerlo a iscriversi gli dice che la propria agenzia ha fatto diventare famosi gli attori X, Y e Z, e però non è vero.
Secondo me questo dovrebbe configurare reato, indipendentemente dal fatto che l'aspirante attore abbia accettato l'offerta oppure no.