31 gennaio 2017

Le parole "furbo" e "furbetto" al posto di "truffatore"

Il linguaggio dice molto sulla mentalità di una persona o di un gruppo di persone. Ad esempio una nazione.

La parola "furbo" è nata con una connotazione simile a "intelligente". In più rispetto a quest'ultima dà un'idea di divertimento derivante dalle trovate, più o meno bizzarre, del soggetto in questione. Nessuna connotazione negativa.

Eppure oggi in varie occasioni si usa la parola "furbo" e "furbetto" per indicare le persone che hanno compiuto atti disonesti.

Ad esempio, per indicare gli impiegati comunali che timbrano il cartellino e poi vanno a fare la spesa anziché a lavorare, si dice "i furbetti del cartellino", quando invece, trattandosi di truffa, si dovrebbe dire "i truffatori del cartellino". Lo so, quando si usano parole come "truffatore", "ladro" o "assassino" si rischiano querele anche se la colpevolezza di quella persona è provata ed evidente. Ma insomma si usino altre parole. Si eviti l'uso di parole a connotazione positiva!

...Perché così come il linguaggio è influenzato dalla mentalità, vale anche il contrario: la mentalità è influenzata dai concetti e dalle connessioni fra concetti che vengono elaborati, e quindi anche dal linguaggio. E se ci si abitua a esprimersi con errori come quelli che ho descritto sopra, si rischia di andare incontro a una mentalità distorta almeno sotto due aspetti:
  • le persone che grazie alla loro intelligenza, più o meno bizzarra, riescono a ottenere dei vantaggi per sé stessi, faranno pensare a qualcosa di disonesto a prescindere
  • le persone disoneste verranno in parte apprezzate per la simpatia suscitata dal loro modo di rubare, truffare, etc.
Eh no. Furbizia e disonestà sono due cose ben distinte. E questi due concetti distinti devono rimanere. Che poi possano essere presenti contemporaneamente è un altro discorso.

Ma se parlate di un truffatore, per favore, non chiamatelo furbetto. È un ingiusto complimento per lui e un ingiusto insulto nei confronti di quei furbi che non fanno nulla di male.

30 gennaio 2017

Semplificazione e approfondimento

da una conversazioncina su Facebook iniziata da Marco Cavicchioli... a cui ho preso parte io e un altro Marco ancora...

Marco Cavicchioli:

(Avvertenza: post difficile)
È vero: il mondo è talmente complesso che bisogna per forza semplificarlo per poterlo comprendere.
Ma attenzione: un eccesso di semplificazione genera un egual livello di incomprensione! Quindi è assolutamente necessario sia che, da un lato, si proceda con la semplificazione, sia che, dall'altro, si eviti di semplificare troppo.
Pertanto non solo chi vuol spiegare deve per forza semplificare, ma è anche necessario che chi vuol davvero comprendere faccia la sua parte! In altre parole LO SFORZO DEVE ESSERE RECIPROCO. Non è affatto sufficiente che chi spiega semplifichi per rendersi comprensibile, proprio perché oltre una certa soglia di semplificazione semplicemente non si può andare.
Ovvero: senza semplificazione non si può comprendere, ma nemmeno senza uno sforzo per comprendere! Sono assolutamente necessarie entrambe le cose.
Quindi se le masse non comprendono, il problema potrebbe essere sia la mancanza di semplificazione da parte di chi spiega, sia uno scarso sforzo di comprensione da parte di chi dovrebbe (o vorrebbe) comprendere...
E comunque ci deve essere la VOLONTÀ di comprendere, perchè senza quella non c'è alcuna possibilità che ciò avvenga!

Marco Ci.:

Non concordo sulla semplificazione, per quanto condotta con rigore didattico e nobili finalita'.
Al massimo si puo' essere "esperti", o comunque dotati di capacita' valutative su due tre temi.
Generalmente cio' di cui ci si occupa nella vita e qualche altra cosa che per studio scolastico o interesse abbiamo avuto modo di approfondire.
Faccio un esempio su me stesso, considerandomi non proprio un coglione analfabeta (qualcuno potrebbe obiettare, ma lascio stare le critiche dettate da antipatia!).
Bene, se leggo l' analisi di qualche vero esperto a favore della Tav divento automaticamente favorevole, perche vengono esposti dati e argomenti in modo professionale e convincente.
Se il giorno successivo leggo un parere contrario altrettanto autorevole, divento automaticamente contrario.
Lo stesso vale per i temi dell' energia o ambiente su cui si confrontano esperti ottimisti e catastrofisti.
Non avendo alcuna preparazione in materia e strumenti per confrontare o mettere in discussione la validita' delle tesi posso essere facilmente influenzato.
Sono altresì convinto che conoscere qualcosa a livello di Bignami sia piu' dannoso che non conoscerla affatto.
Il Bignami ti assicura che puoi padroneggiare Hegel o uno studio di funzione in tre paginette, fino a quando non fai un frontale con il compito in classe!
Questo e' anche il difetto dei politici, tutti: sfogliarsi un Power Point sul cellulare magari ti permette di fare un figurone da Vespa, ma ti porta poi a commettere danni enormi quando devi prendere decisioni.

Io, in risposta a Marco Ci.:

Non concordo.
Se un argomento non è oggetto di disputa, allora conoscerlo a livello semplificato non può fare che bene rispetto a non conoscerlo per nulla.
Se invece l'argomento è oggetto di disputa, è possibile individuare il nodo che li mette in contrapposizione e semplificarlo.
Ne consegue che se i sostenitori di entrambe le tesi contrapposte sono in buona fede, l'ascoltatore non acculturato in materia (ma un minimo intelligente e volenteroso) magari non si ritiene in grado di prendere posizione, ma almeno capisce i motivi della contrapposizione. Se invece uno dei due è in malafede, fa di fronte agli ascoltatori volenterosi la figura di disonesto che merita.

27 gennaio 2017

Evviva Facebook, prezioso rilevatore di scemi

E riecco un altro post che mostra un bambino con una malformazione e augura anni di sfortuna a chi non condivide e non scrive "Amen". Ha circa 28mila commenti e 513 condivisioni.

Che faccio? Mi arrabbio per l'esistenza di certa gente? E dopo la mia segnalazione mi arrabbio per la risposta "Nessuna violazione" datami dallo staff di Facebook, leggi mandria di cingalesi pagati 3 euro l'ora e che conosce sì e no 8 parole di italiano?

No. Perché ci ho pensato un po', e ho concluso che non c'è nulla di cui arrabbiarsi, e c'è anzi da gioire.

Non più "maledetto Facebook, che mi mette davanti agli occhi avvilenti idiozie".

La considerazione più razionale da fare è EVVIVA FACEBOOK.

...Ed evviva il web in generale, dove ognuno può dire la sua. Oh, nonononono. Non è un discorso democratico, questo. Non sto parlando di quanto è bello che la comunità umana abbia la possibilità di arricchirsi ogni giorno con l'opinione e il sentire di chiunque.

Al contrario, mi riferisco al fatto che i mezzi online, Facebook in testa, ti fanno individuare, senza grandi indagini e approfondimenti, persone dal cervello bruciato che velocmente si auto-denunciano come tali. Sta a te poi a te decidere cosa farne (quello che decido io l'ho spiegato qui).

Quando non c'era la possibilità di esprimersi online, e non c'era gente che ticchettava quotidianamente sulla tastiera o sullo smartphone, individuare un imbecille poteva essere un processo molto più lungo di adesso. Magari chiacchieravi con una persona per giorni, magari ci uscivi insieme per anni, e poi a un certo punto ti deludeva. E la delusione era qualcosa di fastidioso e frustrante, perché pensavi a quanto tempo avevi speso con una persona senza accorgerti che era capace di dire o fare certe scempiaggini.
Perché prima tutto andava più lento. Ci si esprimeva meno, e ci si conosceva quindi più lentamente. Se avevi un presentimento che ti faceva dire "Quello non mi piace, secondo me ha qualche rotella fuori posto" poteva capitare che gli altri ti rispondessero, a volte a torto, a volte a ragione, che avevi dato un giudizio affrettato, perché dato senza un'approfondita conoscenza.

Il web oggi ha accelerato la conoscenza. Tutti si esprimono di più e più velocemente. Non dico che sia sempre possibile capire se un individuo è degno di considerazione o no guardando il suo diario o un suo blog: c'è chi non scrive mai, o si limita a condividere filmati e immagini umoristiche e di animali teneri e link esterni non complottari né bimbominchia-quantistici, quindi l'indagine è impossibile.

Ma sono molte le persone che scrivono post, commentano post altrui, linkano articoli o video in maniera significativa per dare di loro una valutazione. Valutazione parziale, certo, ma spesso sufficiente a dire "Non voglio avere a che fare con questo qui".

...E per dirlo, oggi, non devi conversarci o passarci del tempo insieme per settimane o mesi. Basta leggere il suo diario di Facebook, o il suo blog, o i suoi commenti.

Quindi, contrariamente a ciò che viene spesso detto, EVVIVA la possibilità per tutti di esprimersi.

Possibile obiezione: ma non è un male che uno spara-scempiaggini possa avere libertà di parola, col rischio di contagiare ogni giorno centinaia o migliaia di persone?
No, nessuno contagia gli altri con la sua stupidità. Caso mai istiga altre persone, che già sono stupide, a dire "Sì, hai ragione". Quindi non diffondono la stupidità. Istigando gli altri a parlare, diffondono l'utilissima spia che mette in evidenza la gente come loro.

18 gennaio 2017

Come caricare immagini su Google Foto senza l'uploader

Le istruzioni che Google fornisce nella sua guida per caricare immagini su Google Foto mi pare facciano riferimento all'uso di un software per l'upload che andrebbe scaricato e installato.

Ma c'è anche un altro modo, che non necessita di tale software. Eccolo:

- Loggati col tuo account Google


- In alto a destra clicca su "Carica", poi scegli il file dal tuo computer e clicca su "Apri"

- A caricamento ultimato, una finestra in basso a sinistra ti proporrà di inserire l'immagine in un album (già esistente o da creare con l'occasione), che può essere privato o condiviso. Clicca sulle relative scritte a seconda della tua scelta oppure clicca sulla "X" per chiudere la finestra e non aggiungere la foto ad alcun album.

Per inserire in un album un'immagine già caricata o da caricare:

- Clicca a sinistra su "album"

- Clicca sull'album da te scelto

- In alto a destra clicca sull'icona della foto col "+" ("aggiungi foto")

- Scegli la/le foto da includere nell'album cliccando su quelle già caricate; se vuoi includere immagini che devi ancora caricare, clicca in alto a destra su "seleziona dal computer", poi nella finestra che si apre seleziona una foto o più di una (in quest'ultimo caso devi tenere premuto il tasto CTRL) e clicca su "Apri".

15 gennaio 2017

Un semplice rimedio contro i finti nullatenenti

Come tutti si sa, se commetti un illecito penale puoi avere una condanna penale: tipicamente vai in galera. Questo pareggia il debito che hai con lo Stato (sì, se hai commesso un reato ai danni di un cittadino vieni condannato in quanto hai offeso lo Stato, non il cittadino; per aver offeso il cittadino c'è la giustizia civile; questa l'impostazione filosofica della giustizia). Salvo i casi in cui vieni giudicato troppo vecchio o malato o ti fai mettere incinta una volta all'anno, oppure hai fatto andare il reato in prescrizione, almeno in teoria il modo di ripagare il tuo "debito" c'è, e non si ferma alla teoria. La punizione viene inflitta. Se proprio l'hai fatta grossa c'è il massimo della pena, e cioè l'ergastolo.

Con la giustizia civile molto spesso la punizione rimane teorica: se figuro come nullatenente (senza necessariamente esserlo davvero), per grande che possa essere il mio debito nei tuoi confronti, se i soldi non ce li ho (oppure li ho accuratamente nascosti), nessuno può obbligarmi a darteli. Si dice "Beh, quello ti deve dei soldi, ma se non ce li ha mica li può stampare".

Questo vale in Italia come nella maggior parte delle nazioni, immagino.

Ma ecco che intervengo io e, siccome sono un genio, suggerisco la soluzione che ridurrà drasticamente il problema della giustizia civile inapplicata.

Riflettiamo: perché se commetto l'illecito penale di darti una sberla (che è umiliante, ma non ti cambia la vita) posso essere condannato alla reclusione e nessuno ci vede niente di esagerato (giustamente), mentre se un giudice stabilisce che ho commesso l'illecito (anche) civile di farti perdere 70mila euro (che ti cambia la vita in molto peggio) non posso essere condannato a lavorare 8 ore al giorno (es. a raccogliere i pomodori in una azienda agricola di proprietà dello Stato) finché non ti risarcisco, qualora io figuri come nullatenente?

Questo dovrebbe accadere.

In questo modo, fra l'altro, di sicuro tanti finti nullatenenti smetterebbero di nascondere i quattrini e li tirerebbero fuori. E in più certi illeciti proprio non verrebbero commessi.

14 gennaio 2017

Ah, allora auguri in ritardo... mentale

Immagina un dialogo del genere:

- Ti auguro di aver passato una buona vacanza, la settimana scorsa!
- Grazie!

Strambo, ti pare? Certo che è strambo. Perché un augurio è la manifestazione di un desiderio tipicamente riferito al futuro. Non è semanticamente sbagliato usarlo per parlare del passato, ma in questo caso di solito si indica affettuosamente sé stessi come beneficiario del desiderio, indicando che l'eventuale bene dell'interlocutore farebbe piacere a chi sta parlando:

"Mi auguro che tu abbia passato una buona vacanza, la settimana scorsa!"

La scelta di attribuire il beneficio a sé stessi indica come l'augurio comunque in un certo senso debba avere a che fare col futuro, perché chi parla non sa ancora com'è andata la settimana di vacanza, e augura a sé stesso di venire a sapere che la propria speranza corrisponda a realtà quando gli verrà raccontata.

Di qui l'ulteriore strambezza della risposta "Grazie!", dato che plausibilmente l'interlocutore voleva appunto una risposta più ampia, e cioè che gli venisse raccontato com'è andata.

Ho descritto in modo abbastanza articolato qualcosa che probabilmente già sapevi: di sicuro anche prima di leggere le spiegazioni che ti ho dato, se ti fossi sentito dare un augurio così come formulato nell'esempio iniziale, e cioè "ti auguro" in riferimento a un evento passato, ti sarebbe venuto da pensare "cosa me lo auguri a fare, dato che ormai è successo?".

Dunque, se sapevi già tutto, che ho chiacchierato a fare?

Per fare un parallelo con una situazione del tutto simile, che però non viene individuata altrettanto spesso come anomala: gli auguri di compleanno in ritardo.

Se ti auguro buon compleanno, ti manifesto il mio desiderio che passerai una buona giornata il giorno del tuo compleanno.
Se il tuo compleanno è già passato, posso dire "Mi auguro che tu abbia passato un buon compleanno" oppure, meno mielosamente, "Spero che tu abbia passato un buon compleanno". Ma frasi del genere non sono affatto frequenti, così come è verosimilmente poco frequente che le persone post-auguratrici un concetto del genere vogliano esprimere.

Certo è che con la singola parola "Auguri!" non si scappa proprio. Detta così è per forza riferita a un evento futuro.
Stessa cosa se c'è l'aggiunta di "in ritardo": "Auguri in ritardo!", oppure "Auguri, anche se in ritardo!".
...Tanto che, quando dici "auguri in ritardo", io lo so, ti aspetti strambamente uno strambo "grazie", e non un racconto su com'è andata. Tutto questo è assurdo. Cosa cerchi, di preciso?

Vedi, non si tratta di un ritardo che posticipa lo svolgimento di qualcosa, come quando ti presenti in ritardo a un ritrovo con degli amici, e così partite per il mare 15 minuti dopo il previsto. Si tratta di un ritardo che toglie senso a ciò che stai dicendo. Un po' come dire "Sono le 14.50, scusate il ritardo con cui lo dico". Se sei in ritardo, allora non sono più le 14.50. Perché hai aperto bocca, dunque? Quando lo fai, fallo con un perché. Dì un'altra cosa, se non sono più le 14.50 e comunque muori dalla voglia di chiacchierare. Guarda che ore sono adesso e dì che ore sono in questo momento. Aggiorna ciò che devi dire.

Rifletti su "Auguri in ritardo" adesso: stessa zuppa. Ammettere che stai dicendo qualcosa in ritardo e quindi inadeguatamente non fa diventare adeguato ciò che esprimi. Dammi retta. Dì altro.

In particolare, fa' che le tue parole abbiano una corrispondenza con quello che veramente vuoi esprimere. Non mettere il pilota automatico che fa il copia e incolla delle tante sciocchezze che hai sentito dire agli altri.
Vuoi augurare qualcosa? Puoi farlo solo in riferimento al futuro. Vuoi esprimere la tua speranza che un evento o una giornata siano andati bene? Dì proprio questa roba qui. Vuoi esprimere il tuo affetto per una persona? Dalle un abbraccio. O falle un regalo (un regalo di compleanno in ritardo va bene: è un semplice ritardo che non esprime concetti in conflitto fra loro). O augurale buona serata. O augurale buon non compleanno. Quello che vuoi. Ma non buon compleanno, se è passato. Buono o terribile, ha già avuto luogo. Non c'è più nulla da sperare, né da augurare. Dovevi pensarci prima, se proprio ci tenevi. Del resto non è la fine del mondo; se davvero augurare buon compleanno ti sta a cuore, rimedierai l'anno prossimo.